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2025 Ratti giganti salvano dalla tubercolosi - SOS di 1.900 scienziati americani - Trump ordina di disboscare - La prima foglia biologica artificiale - generare elettricità dalla rotazione della Terra - Riciclo 625mila batterie - Ridurre a zero la recidiva, grazie al lavoro dentro e fuori al carcere • Cosa sono le terre rare • Trump: attacco alla scienza o alla libertà • L'IA potrà aiutarci ad andare d'accordo? • Stiamo sterminando le farfalle • Campi Flegrei la situazione • Parte in Italia il primo treno a idrogeno • Acqua di Uliveto • Namo Drone Didi • biosentinelle a due passi dalla Torre pendente • Barca in plastica riciclata • DeepSeeK, sconvolge • Chernobyl, un drone contro la centrale nucleare • Incidente della petroliera Koala nel Mar Baltico • Settimana Nazionale delle discipline scientifiche • Strategie per migliorare la concentrazione • Non c’è due senza tre: Nuova fiammata del metano [] In cinque anni la IA si prenderà il vostro lavoro [] Le nuove professioni delmetaverso [] Le navi da crocera inquinano moltissimo [] Il naufragio della Costa Concordia [] Nuovo allarme climatico: superata la soglia di 1,5°C [] Virus all'assalto del cervello []
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L'anno scorso, i ratti giganti africani hanno aiutato a prevenire quasi 400.000 casi di tubercolosi - la principale causa di morte da malattia infettiva al mondo - grazie al loro olfatto.
DI Marti Trgovich
pubblicato 24-03-2025
Un ratto gigante africano cerca le mine in un campo di addestramento a Morogoro. L'associazione non-profit APOPO addestra questi roditori per una serie di usi, tra cui l'individuazione della tubercolosi, la bonifica delle mine, l'individuazione dei reati contro la fauna selvatica e l'assistenza alle missioni di ricerca e salvataggio. FOTOGRAFIA DI Tommy Trenchard/Panos Pictures/Redux
Al momento del suo pensionamento, lo scorso novembre, i colleghi hanno fatto la fila per applaudirla e festeggiare con una torta. Nei suoi sette anni di carriera, aveva individuato più di 3.000 casi di tubercolosi che le cliniche sanitarie non avevano scoperto e, di conseguenza, aveva probabilmente risparmiato l'infezione a più di 30.000 altre persone.
Ma Carolina non è esattamente la tipica impiegata. Questo ratto gigante africano (Cricetomys gambianus) può analizzare 100 campioni di espettorato per la tubercolosi in 20 minuti, molto più velocemente di un essere umano, che impiega quattro giorni per elaborare la stessa quantità di informazioni con un microscopio. Fa parte di un gruppo di 40 roditori appartenenti all'organizzazione non-profit APOPO che sta aiutando a combattere l'epidemia di tubercolosi in Tanzania e in Etiopia.
"La prima impressione di tutti è che i ratti siano i nostri nemici", dice Tefera Agizew, medico e responsabile di APOPO per la tubercolosi, a proposito della reputazione di questi animali in Africa e non solo. "Ma una volta visto come funzionano, se ne innamorano".
I ratti giganti africani non sono i tipici ratti che si vedono in città. Sono calmi, più facili da addestrare di alcuni cani e in grado di lavorare fino a sette o otto anni (in cattività vivono dagli otto ai dieci anni). Il loro corpo è generalmente lungo circa 30 cm e la loro coda altrettanto, se non di più. L'olfatto di un ratto gigante africano è così sviluppato che potrebbe rilevare mezza goccia di cloro in uno spazio grande come 20 piscine olimpioniche, spiega Cindy Fast, neuroscienziata comportamentale che addestra i roditori per APOPO. (continua)
Cronache della ricerca #380
Mentre lo tsunami dei dazi si abbatte sull’economia mondiale, rischia di passare in secondo piano un altro grido di allarme. In un vero e proprio SOS lanciato alla popolazione americana e ripreso su Scientific American, circa 1.900 scienziati statunitensi di massimo livello, tra cui premi Nobel, avvertono che le mosse dell'amministrazione Trump contro i ricercatori azzoppano la scienza al punto da mettere a rischio la salute, l'economia e la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. In una lettera aperta rivolta “to the American people” e pubblicata lunedì 31 marzo, i firmatari - tutti membri della National Academies of Sciences, Engineering, and Medicine degli Stati Uniti - “chiedono all'amministrazione di fermare l'assalto alla scienza degli Stati Uniti”. Gli scienziati, che con coraggio agiscono a titolo personale, lanciano l’allarme senza mezze parole: “Abbiamo convinzioni politiche diverse, ma siamo uniti, come ricercatori, nel voler proteggere la ricerca scientifica indipendente. Lanciamo questo SOS per lanciare un chiaro avvertimento: l'attività scientifica del Paese sta per essere decimata.” L’attacco non riguarda solo le università. Sono state travolte anche le agenzie governative per la salute e per l’ambiente. In più di trent'anni di lavoro nel giornalismo indipendente sulla salute e sui farmaci, non so contare le volte in cui ho consultato, citato, fatto riferimento a contenuti pubblicati dalle agenzie per la salute statunitensi come il National Institutes of Health (NIH), i Centers for Disease Control and Prevention (CDC), la Food and Drug Administration (FDA). Ora anche queste agenzie subiscono un violento attacco, con una strategia concentrica che unisce a licenziamenti, censure e tagli anche la nomina di personaggi controversi alla loro guida. A partire dal segretario alla salute Robert F. Kennedy. Nel lasciare in questi giorni la FDA, Peter Mark, direttore del Center for Biologics Evaluation and Research, scrive nella sua lettera di dimissioni “it has become clear that truth and transparency are not desired by the Secretary, but rather he wishes subservient confirmation of his misinformation and lies”. C’è bisogno della traduzione? Mi si stringe il cuore al pensiero delle decine di migliaia di lavoratori che si ritrovano improvvisamente per strada, all'umiliazione dei ricercatori, agli studi e ai lavori interrotti. Penso anche agli straordinari risultati della ricerca scientifica in campo medico negli ultimi anni, a come ha cambiato la vita di tante persone ammalate - i primi a venirmi in mente sono i risultati contro l'HIV, l'immunoterapia contro i tumori, il vaccino contro il COVID - e a come si rischia di tornare indietro. Come già si è tornati indietro, dovrei dire, se oggi negli Usa di nuovo ci sono morti di morbillo. L’articolo dell'epidemiologo Francesco Barone Adesi che abbiamo pubblicato questa settimana fa un punto molto chiaro su quanto sta avvenendo negli Stati Uniti. Dopo quello che è sembrato un iniziale stordimento, le reazioni a questo attacco inaudito contro la scienza negli USA sono in aumento e anche l’SOS dei 1.900 top scientist - da far circolare il più possibile - ne fa parte.
Trump e i suoi primi 60 giorni di assedio alla scienza
I primi due mesi della presidenza Trump sono stati caratterizzati da una lunga serie di decisioni politiche che hanno conseguenze dirette sulla comunità scientifica, sia statunitense sia internazionale. In particolare, alcuni di questi provvedimenti hanno coinvolto diverse agenzie federali, fondamentali per l’ecosistema della ricerca scientifica mondiale. Istituzioni come i National Institutes of Health (NIH), i Centers for Disease Control (CDC), la Food and Drug Administration (FDA) e la Environmental Protection Agency (EPA) - solo per citarne alcune - hanno un prestigio che va ben oltre i confini nazionali e influenzano profondamente la ricerca mondiale, finanziandola, emanando raccomandazioni che vengono adottate anche altrove, o producendo e custodendo dati e archivi di interesse globale. È possibile riconoscere almeno quattro strategie che sono state utilizzate dall’amministrazione Trump per impedire le normali attività di queste agenzie: blocco di tutte le comunicazioni con l’esterno; licenziamenti di massa a carico del personale; taglio dei finanziamenti delle agenzie federali alle università; nomina di personaggi controversi alla loro guida. Ne scrive Francesco Barone Adesi.
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Trump ordina di disboscare metà delle foreste nazionali (e il motivo ti sconvolgerà)
Negli Stati Uniti, un nuovo atto esecutivo consegna il 58% delle foreste nazionali degli Stati Uniti al disboscamento, riducendo di fatto tutte le protezioni ambientali,
Trump, non solo dazi. Continuano anche le sue politiche scellerate di smantellamento di qualsiasi norma ambientale. Nelle ultime ore ha infatti annunciato anche cambiamenti radicali per incoraggiare perfino un maggiore disboscamento nelle foreste nazionali del Paese.
Un nuovo decreto d’urgenza (lEmergency situation determination) che richiede di fatto la riduzione delle protezioni ambientali su quasi il 60% delle foreste nazionali, più di 112 milioni di acri di terra per lo più a ovest, eludendo le regole per proteggere le specie in via di estinzione e sollevando la prospettiva che le motoseghe radano al suolo alcuni degli alberi storicamente più importanti degli Stati Uniti.
Leggi anche: I dazi di Trump minacciano il futuro dei fondi climatici: ecco cosa sta succedendo (a rischio anche i soldi destinati ai più vulnerabili in Italia) (continua)
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Silk Leaf, la prima foglia biologica artificiale che replica la fotosintesi e produce ossigeno
Silk Leaf è una foglia artificiale biologica sviluppata dall'ingegnere italiano Julian Melchiorri, capace di effettuare la fotosintesi grazie a un biomateriale a base di proteine della seta. Può assorbire CO2 e produrre ossigeno, con applicazioni in vari settori, inclusi sistemi di ventilazione, design per interni e missioni spaziali.
Ecco la foglia artificiale di seta che produce ossigeno. Si chiama Silk Leaf ed è una foglia artificiale biologica, realizzata dall’ingegnere italiano Julian Melchiorri, il quale, attraverso sperimentazioni in laboratorio, ha è riuscito a riprodurre il processo di fotosintesi e ne ha studiato le possibili applicazioni.
La foglia biologica artificiale
Il risultato è stato il prototipo di questa foglia, che introduce le potenzialità dei materiali fotosintetici nella vita quotidiana. Realizzata con un biomateriale a base di proteine della seta e cloroplasti stabilizzati, Silk Leaf è in grado di effettuare la fotosintesi: assorbe anidride carbonica e rilascia ossigeno e composti organici. L’efficienza della generazione di ossigeno può essere ottimizzata variando la composizione del materiale e la concentrazione di cloroplasti attivi. Studi recenti dimostrano che interventi nanotecnologici sui cloroplasti possono incrementarne l’efficienza fotosintetica fino al 49%, aprendo la strada a futuri miglioramenti attraverso la modifica genetica.
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Incredibile! Questi fisici sono riusciti a generare elettricità dalla rotazione della Terra
Un esperimento dimostra che la rotazione terrestre può generare elettricità attraverso l'interazione con il campo magnetico del pianeta. Tre fisici statunitensi hanno ottenuto un risultato sorprendente: generare elettricità sfruttando l’energia rotazionale della Terra. Il team ha sviluppato un dispositivo innovativo in grado di interagire con il campo magnetico terrestre, producendo una tensione elettrica misurabile. Il gruppo di ricerca, composto da Christopher Chyba della Princeton University, Kevin Hand del Jet Propulsion Laboratory (CIT) e Thomas Chyba di Spectral Sensor Solutions, ha pubblicato i risultati sulla rivista Physical Review Research. L’idea che guida i loro studi è ambiziosa: trasformare l’energia cinetica della rotazione terrestre in una fonte di elettricità tramite l’interazione con il campo magnetico terrestre.
Non è la prima volta che il team esplora questa possibilità. Già nel 2016 aveva avanzato una teoria simile, che all’epoca fu accolta con scetticismo. Secondo le teorie convenzionali, infatti, qualsiasi tensione generata da un tale dispositivo verrebbe annullata dal naturale riassestamento degli elettroni, rendendo inefficace la produzione di energia.
Un Un cilindro in ferrite orientato a 57°
Per mettere alla prova la propria ipotesi, i ricercatori hanno costruito un dispositivo sperimentale molto specifico. Si tratta di un cilindro realizzato in ferrite di manganese-zinco, un materiale con deboli proprietà conduttive che funge anche da scudo magnetico. Il cilindro è stato orientato in direzione nord-sud con un’inclinazione di 57°, in modo da risultare perpendicolare sia al movimento rotatorio della Terra che al campo magnetico terrestre.
Agli estremi del cilindro sono stati applicati degli elettrodi per misurare la tensione generata. Per evitare interferenze dovute alla luce, l’esperimento è stato condotto al buio, riducendo così gli effetti fotoelettrici. I risultati sono stati sorprendenti: 18 microvolt di elettricità sono stati rilevati attraverso il cilindro, un dato che non è stato possibile attribuire ad alcuna altra fonte conosciuta. (continua)
A 15 anni questo ragazzo ha fondato un’organizzazione no-profit che ha già riciclato 625mila batterie
Pubblicato il 31/03/2025
Nel cuore del New Jersey, un giovane di nome Sri Nihal Tammana ha intrapreso un viaggio straordinario che lo ha portato a diventare un faro di speranza per l’ambiente. All’età di 10 anni, mentre festeggiava il suo compleanno, Nihal assistette a una notizia sconvolgente: un impianto di smaltimento rifiuti in California era stato devastato da un’esplosione causata da una batteria al litio smaltita impropriamente. Un evento che gli lasciò un’impronta.
Con il sostegno della sua famiglia, così, Nihal fondò nel 2019 “Recycle My Battery” (RMB), un’organizzazione no-profit dedicata a promuovere il corretto smaltimento e riciclaggio delle batterie. Iniziò posizionando contenitori per la raccolta gratuita nelle scuole, biblioteche e aziende locali, rendendo il riciclaggio accessibile a tutti. La sua missione non si fermava alla raccolta: desiderava ardentemente educare la comunità sui pericoli ambientali derivanti dallo smaltimento improprio delle batterie. Leggi anche: Questa start up ha raccolto 1,8 milioni di kg di rifiuti in 4 anni in uno dei fiumi più inquinati al mondo. A dieci anni ha fondato una no-profit per salvare il pianeta dalle batterie usate: la storia di Sri Nihal Tammana
La passione di Nihal ha attirato nel corso del tempo l’attenzione di centinaia di giovani volontari che si sono uniti alla sua causa. Insieme, hanno riciclato oltre 625.000 batterie, impedendo che sostanze tossiche contaminassero le discariche e le riserve idriche. Attraverso programmi scolastici, workshop aziendali e campagne mediatiche, hanno sensibilizzato oltre 40 milioni di persone sull’importanza del riciclaggio delle batterie. (continua)

Il sistema penitenziario ha, da sempre, l’obiettivo di riabilitare i detenuti e reinserirli nella società in modo che possano condurre una vita dignitosa, senza commettere reati. Tra le strategie più utili e funzionanti, per raggiungere questo scopo, c’è sicuramente il lavoro, in quanto in grado di offrire una nuova opportunità di vita a coloro che nella vita hanno commesso errori. In questo modo, dunque, si può ridurre, in modo significativo, la recidiva, fino a costruire un sistema penitenziario più equo e sostenibile.
Evitare la recidiva con il lavoro: un cambiamento per il sistema penitenziario
Il lavoro rappresenta uno strumento fondamentale per il reinserimento nella società, in quanto permette ai detenuti di acquisire competenze professionali, migliorare la propria autostima e sviluppare, al contempo, senso di responsabilità.
Attraverso programmi formativi e occupazionali, i detenuti possono apprendere mestieri qualificanti, aumentando – in questo modo – le possibilità di trovare un impiego una volta scontata la pena. (continua)

Il 2025 - come gli ultimi anni orrmi - è iniziato all’insegna della corsa alle terre rare da parte delle potenze mondiali. Queste preziose materie prime sono addirittura diventate protagoniste della potenziale fine della guerra tra Russia e Ucraina, con gli USA che hanno puntato le presunte riserve del territorio ucraino di questi elementi, trasformandole in “oggetto di scambio” per una possibile intesa.
Non c’è dubbio, quindi, che possedere questi metalli sia diventato irrinunciabile per cavalcare la rivoluzione industriale del momento, guidata dalla transizione energetica, e per conquistare potere nello scacchiere geopolitico dominato dalla rivalità USA-Cina e dalla rincorsa dell’UE alla modernizzazionee industriale. Cosa sono, quindi, queste terre rare? Sebbene il nome possa trarre in inganno, queste materie prime (in inglese REE, acronimo di Rare Earth Elements), sono un insieme di 17 elementi metallici. Questi includono i 15 lantanidi della tavola periodica più lo scandio e l’ittrio.
Vediamo nel dettaglio cosa si intende per terre rare, l’elenco completo, dove si trovano, a cosa servono e perché giocano un ruolo di spicco nella transizione energetica.
Guida completa alle terre rare
Cosa sono le terre rare?
Cosa si intende, quindi, quando si parla di terre rare? Nel dettaglio, questo è il nome collettivo con cui si indicano 17 elementi chimici presenti all’interno della famosa tavola periodica. (continua)

Cronache della ricerca #375
Come un pugile groggy per i troppi pugni presi, ma che si rifiuta di gettare la spugna, la comunità scientifica internazionale sta cominciando a prendere posizione contro le iniziative devastanti della nuova amministrazione Trump ai danni della ricerca, combinate con la politica dei tagli indiscriminati di Elon Musk. Tra le prime a reagire è stata l’inglese Lancet con un editoriale pubblicato all’inizio di febbraio e di cui Scienza in rete ha proposto la versione in italiano. «La salute deve essere un bene sociale, un beneficio per le società, un motore delle economie e un percorso verso lo sviluppo», sottolinea la rivista. Invitando la comunità scientifica a unirsi e a reagire. Altrettanto dura l’altra testata inglese, il British Medical Journal, che ha commentato: «Le voci più sane negli Stati Uniti sostengono che “America First” non dovrebbe significare “America Alone”, ma la sanità mentale non è all'ordine del giorno. Imbavagliare gli scienziati o punirli per aver svolto il loro lavoro ha sinistri echi storici». Ora, a poco più di un mese di distanza dall’insediamento di Donald Trump, si aggiungono anche le due grandi testate scientifiche Science e Nature. E da più parti giungono condanne e prese di posizione nonché gli inviti a organizzarsi e rispondere. Sarà sufficiente? Ne scrive Eva Benelli.
La COP16 di Roma si è chiusa con l'approvazione dei documenti su finanziamenti e monitoraggio, e la definizione della roadmap che arriva fino al 2030. Un risultato migliorabile, ma che non era affatto scontato, una conquista fragile su cui bisogna lavorare. La COP, dal 25 al 27 febbraio alla sede FAO, ha ripreso le negoziazioni interrotte bruscamente a Cali lo scorso novembre (ne abbiamo parlato qui) in particolare su due grandi temi: il fondo globale per la biodiversità e la definizione dei metodi di monitoraggio per valutare i progressi dei paesi firmatari nell'arrestare la perdita di biodiversità. Laura Scillitani ha seguito la COP16 e ci racconta come è andata. La crisi della biodiversità è strettamente connessa ai problemi di acqua, alimentazione, salute e cambiamenti climatici. Come dimostra un nuovo report di IPBES, l’unico modo per garantire tutela ambientale e benessere delle persone è avere un approccio integrato. Che oggi più che mai è urgente promuovere. Anche di questo scrive Laura Scillitani. (continua)

Sin dagli albori del loro avvento i chatbot hanno suscitato ripetutamente una critica: corretti, sì, ma estremamente standardizzati. Se da un lato questa neutralità del chatbot nell’elaborare le informazioni e nello stile pone delle criticità rispetto a temi come la creatività e l'innovazione (sul piano della scrittura, ma non solo), dall'altro potrebbe però anche diventare una risorsa nella gestione dei dibattiti e nella de-polarizzazione di opinioni estreme. Proprio questa caratteristica dei chatbot, insomma, potrebbe far sì che diventino un mezzo efficace di appianamento delle controversie. Chatbot come la Habermas Machine e Debunkbot mostrano risultati promettenti sia nella mediazione di controversie sia nel contrasto delle teorie complottistiche. Pur considerandone gli attuali limiti, il futuro di queste tecnologie potrebbe essere non nella sostituzione, ma nel supporto ai processi deliberativi umani. Ne scrive Lorenzo Perin.
Negli ultimi trent'anni, la medicina di genere ha compiuto un radicale percorso di trasformazione. Si è passati da un approccio androcentrico a un modello inclusivo, che studia le differenze di sesso e genere come determinanti della salute. Con l'adozione di linee guida internazionali, la ricerca medica sta ridefinendo i propri standard, promuovendo un'analisi più completa e intersezionale dei dati sanitari. Nonostante le resistenze e i tentativi di ostacolare questo progresso - ampiamente attestati dagli attacchi dell'amministrazione Trump alla ricerca scientifica - l'obiettivo rimane costruire un sistema sanitario capace di riconoscere le specificità individuali e combattere le disuguaglianze. Ne scrive Emilie Sartorelli.
Dopo l’approvazione all’unanimità in Senato della mozione di Elena Cattaneo sulla ricerca scientifica, la Senatrice ci ha scritto, per ringraziarci di avere sostenuto la mozione con un appello che ha raccolto migliaia di adesioni e per riassumere le vicende delle ultime settimane in merito alla politica della ricerca, con un invito a non considerare il lavoro concluso, ma a continuare a presidiare lo spazio pubblico e vigilare affinché gli impegni siano mantenuti. Anche firmando l’appello, per chi non l’avesse ancora fatto. Serve ancora, anzi serve più che mai.
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Un nuovo studio pubblicato su Science ha segnalato un allarmante declino del numero di farfalle negli USA: -22% dal 2000
Un battito d’ali in meno, un ecosistema più fragile. Le farfalle, icone di bellezza e leggerezza, stanno scomparendo dagli Stati Uniti a un ritmo preoccupante. Uno studio pubblicato il 6 marzo su Science rivela un calo del 22% dal 2000, con alcune specie in declino fino al 50%. Il fenomeno, attribuito a insetticidi, cambiamento climatico e perdita di habitat, potrebbe avere conseguenze disastrose non solo per la biodiversità, ma anche per l’equilibrio dell’intero Pianeta.
Un declino preoccupante
L’analisi, condotta dall’ecologo Collin B. Edwards e colleghi, è la più vasta mai realizzata sul territorio statunitense. I ricercatori hanno combinato dati provenienti da 35 programmi di citizen science, analizzando oltre 12,6 milioni di farfalle censite in 76.000 indagini. Il risultato è allarmante: tra il 2000 e il 2020, l’abbondanza totale di farfalle è diminuita del 22% su 554 specie analizzate.

Campi Flegrei: Livelli di allerta e stato di attività del vulcano
livelli di allerta per i Campi Flegrei descrivono lo stato di attività del vulcano e scandiscono il tempo che precede una possibile ripresa dell’attività eruttiva. Il passaggio da un livello di allerta al successivo è stabilito sulla base delle variazioni dei parametri monitorati e di eventuali fenomeni in corso. I livelli di allerta sono quattro: livello verde, livello giallo, livello arancione,livello rosso
In considerazione delle fenomenologie e delle valutazioni di pericolosità rese disponibili dai Centri di Competenza, il Dipartimento della protezione civile dichiara i livelli di allerta in stretto raccordo con la struttura di protezione civile della Regione Campania, sentito il parere della Commissione Grandi Rischi - Settore Rischio Vulcanico.
Le conseguenti azioni che devono essere intraprese dal Servizio Nazionale della Protezione Civile sono definite nelle fasi operative (attenzione, preallarme e allarme) previste nelle pianificazioni di protezione civile. Le fasi di preallarme e allarme sono dichiarate dal Presidente del Consiglio dei Ministri.
Attualmente il livello di allerta per i Campi Flegrei è giallo e la fase operativa adottata è di “attenzione”.

Pronto a partire in Italia il primo treno a idrogeno: prodotto da Alstom, correrà lungo la linea non elettrificata Brescia-Iseo-Edolo in Valcamonica

È pronto a partire già entro la fine di quest’anno il primo treno a idrogeno in Italia. Il convoglio diventerà protagonista della prima Hydrogen Valley italiana in Valcamonica, lungo la linea non elettrificata Brescia-Iseo-Edolo, e andrà a sostituire gli attuali treni a diesel. Il progetto è parte del “Green hydrogen for the decarbonisation of Valcamonica”, programma che punta proprio a realizzare la prima valle dell’idrogeno verde nel nostro Paese. Vediamo nel dettaglio in cosa consiste. (continua)
Francesca Biagioli Pubblicato il 27/02/2025
Il Fatto Alimentare ha presentato un esposto contro la pubblicità dell’acqua minerale Uliveto, accusata di fare affermazioni ingannevoli sui presunti benefici per le ossa e la giovinezza che garantirebbe il prodotto. Si chiede la censura dello spot.
Il Fatto Alimentare ha presentato un esposto al Comitato di Controllo dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria (IAP) e all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) contro lo spot dell’acqua minerale Uliveto, che vede come testimonial Alessandro Del Piero, che si lancia da un aereo con il paracadute, e Maria Grazia Cucinotta, alle prese con l’arrampicata sportiva. In entrambe le situazioni, i due protagonisti hanno in mano una bottiglia di acqua Uliveto.
Secondo la testata, la pubblicità risulta fuorviante per il pubblico, in particolare per alcune affermazioni riguardanti i benefici dell’acqua. (continua)

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“Namo Drone Didi”: la storia delle donne indiane che conquistano i cieli (e l’indipendenza) grazie ai droni agricoli
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Riccardo Liguori
Un'iniziativa governativa rivoluzionaria vede le donne trasformare non solo l'agricoltura ma anche il loro ruolo nella società. Il programma voluto dal governo indiano mira a modernizzare l'agricoltura e promuovere l'emancipazione femminile, fornendo droni e formazione per l'irrorazione delle colture.
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Qualcosa sta cambiando nei cieli dell’India rurale settentrionale. Donne, un tempo relegate ai lavori domestici, ora pilotano droni agricoli, trasformando non solo il panorama agricolo, ma anche il loro ruolo nella società.
Dal 2024, questa rivoluzione è voluta e guidata dal programma governativo “Namo Drone Didi“, un’iniziativa ambiziosa che punta a distribuire 15.000 droni a gruppi di auto-aiuto femminili, modernizzando l’agricoltura e promuovendo l’emancipazione delle donne.
Da casalinghe a pilote di droni
Fino a pochi anni fa, l’idea che le donne potessero permettersi di lavorare al di fuori delle mura domestiche, soprattutto in ambito tecnologico, era inconcepibile in molte zone rurali dell’India. (Continua)

Nuova fiammata del gas (Altreconomia), prospettive e i rimedi.
Puntata di "Derrick" di martedì 7 gennaio 2025 che in questa puntata ha ospitato Michele Governatori (economista).
La registrazione audio di questa puntata ha la durata di 4 minuti.
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EF: In cinque anni la IA si prenderà il vostro lavoro
Secondo un rapporto del World Economic Forum, entro il 2030 molti lavori intellettuali saranno assegnati esclusivamente alle intelligenze artificiali.
I prossimi anni saranno probabilmente segnati da una rinascita del luddismo, se le previsioni appena pubblicate dal World Economic Forum diventeranno realtà.
Le azienda interpellate per il Future of Jobs Report sembrano infatti del tutto intenzionate a eliminare il più possibile i propri dipendenti umani per sostituirli con la IA.
Il 41% delle aziende ha affermato che questa è la strada che intende seguire da qui al 2030, e il 77% sta programmando di riaddestrare i propri dipendenti (o almeno quelli rimasti) affinché possano lavorare meglio in collaborazione con le intelligenze artificiali.
«I progressi dell'intelligenza artificiale e delle energie rinnovabili stanno rimodellando il mercato del lavoro, determinando un aumento della domanda per molti ruoli tecnologici o specialistici e un calo per altri, come i designer grafici» ha fatto sapere il WEF in un comunicato.
Leggi l'articolo originale su ZEUS News - (continua)https://www.zeusnews.it/n.php?c=30694

Le nuove professioni del metaverso, tra nuove sfide e rischi
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Le navi da crociera inquinano più di tutte le auto europee messe insieme
Uno studio ha analizzato 203 navi da crociera che hanno navigato nei paesi europei nel 2017 ce ha valutato l'inquinamento prodotto da queste navi di lusso.
Le navi da crociera che navigano in Europa immettono nell’ambiente composti inquinanti fino a 40 volte più di tutte le auto europee: Costa Crociere e MSC tra le compagnie con il maggior impatto ambientale.
Le elevate emissioni sono dovute soprattutto alla scarsa qualità dei carburanti e all’insufficiente rigore nel porre limiti alle emissioni da parte dei governi.
Navi da crociera inquinano più di tutte le auto europee
Secondo un rapporto della ONG Transport & Environment pubblicato pochi giorni fa, le navi da crociera inquinano più di tutte le auto europee.
Lo studio ha analizzato 203 navi da crociera di 30 compagnie diverse che hanno navigato nei paesi europei durante il 2017 con l’obiettivo di valutare l’inquinamento prodotto da queste navi di lusso.
Lo studio ha permesso di stilare una classifica in base alla quantità di ossido di zolfo, ossido di azoto e polveri sottili immessi nell’ambiente.
Importanti compagnie come Costa Crociere e MSC sono risultate in cima alla lista, con immissioni di ossido di zolfo e ossido di azoto rispettivamente 10 e 15 volte superiori rispetto ai gas emessi dalle auto circolanti in tutta Europa.
Tra i Paesi più colpiti figurano Italia, Spagna e Grecia, seguiti da Francia e Norvegia: Barcellona, Palma di Maiorca e Venezia sono le città più esposte ai composto tossici rilasciati da queste barche. (continua)

ll naufragio della Costa Concordia, a 13 anni dalla tragedia (evitabile), rimane una ferita ancora aperta
A distanza di 13 anni ricordiamo il drammatico incidente della Costa Concordia, la più grande nave italiana mai naufragata. Le angoscianti immagini del relitto resteranno impresse per sempre nella nostra memoria.
Sono trascorsi 13 anni dal naufragio della Costa Concordia, ma la ferita legata a quel dramma non si è mai risanata. Erano quasi le 22 del 13 gennaio 2012 quando la nave da crociera urtò contro Le Scole, un gruppo di scogli al largo dell’Isola del Giglio, nell’Arcipelago Toscano. Tutto ciò avvenne a seguito del cosiddetto “inchino”, una deviazione effettuata dal comandante Francesco Schettino per salutare chi si trova sulla terraferma, avvicinandosi il più possibile alla costa. Il violento impatto provocò un grosso squarcio nello scafo della Concordia, salpata dal porto di Civitavecchia in direzione Savona, e il parziale affondamento della nave. In pochi minuti quella che avrebbe dovuto essere una vacanza si trasformò in un incubo per oltre 4mila passeggeri. Quel terribile errore umano e i ritardi nei soccorsi costarono la vita a ben 32 persone, mentre 157 passeggeri rimasero feriti.
Un dramma evitabile
Com’è tristemente noto, per circa un’ora i turisti rimasero a bordo mentre la nave imbarcava acqua senza ricevere indicazioni chiare. Alcuni, ignari di ciò che stava davvero accadendo, fecero rientro nelle loro cabine.
L’ordine di indossare i giubbotti di salvataggio venne dato soltanto tre quarti d’ora dopo l’incidente, quando Schettino comunicò alla Capitaneria della falla, chiedendo un rimorchiatore mentre la nave si inclinava sulla dritta. Dopo questo segnale d’emergenza, però, non venne dato subito l’ordine di abbandonare l’imbarcazione, rendendo la situazione ancora più complessa e esponendo al pericolo migliaia di passeggeri.
Ma a destare maggiore scalpore in tutta la vicenda fu il gesto compiuto dal comandante Schettino, che violò il codice di navigazione, mettendo piede a terra quando ancora la maggior parte delle persone si trovava ancora a bordo. Schettino non ne volle sapere di risalire sulla nave nemmeno quando il comandante della Capitaneria di Porto di Livorno gli intimò al telefono, per l’ennesima volta, di fare il suo dovere. Quell’assurda telefonata continua a rimbombare ancora nelle nostre menti, in particolare in quelle dei sopravvissuti alla tragedia.
Per quanto accaduto, Francesco Schettino è stato condannato a 16 anni di reclusione per omicidio colposo plurimo e l’abbandono di nave con passeggeri a bordo. (continua)

Ambiente - Clima
Il 2025 si apre tra fiamme e un nuovo allarme climatico: superata per la prima volta la soglia critica di 1.5°C
Il 2025 si apre con un nuovo allarme climatico: la temperatura globale ha superato per la prima volta la soglia critica di 1.5°C. Incendi devastanti, alluvioni ed eventi estremi segnano l'inizio di un anno che impone azioni radicali. Il giornalismo ambientale è più necessario che mai: noi continueremo a raccontare la verità.

Virus all'assalto del cervello
A cura di Maria Cristina Valsecchi 14 gennaio 2025
- Uno studio pubblicato all’inizio del 2025 su Cell Reports suggerisce che il virus dell’herpes simplex, quello che provoca fastidiosi sfoghi sulle labbra, possa indurre nel cervello l’accumulo delle proteine alterate che sono responsabili della malattia di Alzheimer. Una seconda ricerca apparsa pochi giorni dopo su Science Signaling indica anch’essa la presenza del virus nel cervello come uno dei fattori coinvolti nell’insorgenza dell’Alzheimer.
- Nel 2022, uno studio condotto su 100 milioni di soggetti ha stabilito con forte evidenza che esiste una correlazione tra il virus Epstein-Barr, responsabile della mononucleosi, e la sclerosi multipla, una forma di degenerazione progressiva dei neuroni: l’infezione virale sarebbe una condizione necessaria, anche se non sufficiente, per l’insorgenza della sclerosi.
- Più in generale, negli ultimi anni diverse ricerche hanno evidenziato il fatto che le infezioni virali, tra cui l’influenza, nel lungo periodo sono fattori di rischio per lo sviluppo di malattie neurodegenerative.
- Il fenomeno del long Covid, in particolare, ha dato nuovo slancio alle ricerche sull’impatto a lungo termine delle infezioni virali sulla salute generale ed è di stimolo per raccomandare alla popolazione di adottare tutti gli strumenti disponibili per proteggersi dalle infezioni, primi tra tutti i vaccini.
Giulia Marchetti, infettivologa, Professore Ordinario di Malattie Infettive, Direttore della Clinica delle Malattie Infettive e Tropicali dell’Università di Milano
Ci sono alcuni virus che hanno una particolare affinità con il sistema nervoso umano, cioè hanno la tendenza ad attaccarlo, provocando ad esempio encefaliti e meningiti. Per esempio, hanno questa caratteristica tutti quelli della famiglia degli herpes virus, a cui appartiene anche il virus varicella-zoster responsabile sia della varicella che del Fuoco di Sant’Antonio. Da sempre studiamo la possibile associazione tra questi virus e malattie neurodegenerative come l’Alzheimer o il Parkinson.
Fino ad ora abbiamo ottenuto dati epidemiologici che suggeriscono un ruolo di queste infezioni nell’insorgenza delle demenze, ma ci manca ancora l’evidenza del meccanismo responsabile. Abbiamo qualche indizio da studi su modelli animali, oppure su colture cellulari, ma nulla di definitivo.
Poi ci sono virus che non presentano una particolare affinità con il sistema nervoso, ma possono danneggiarlo ed esistono indizi del loro coinvolgimento nelle malattie neurodegenerative. Per esempio, alcuni studi hanno evidenziato un aumento dei casi di Parkinson dopo la pandemia di influenza Spagnola del secolo scorso. C’è sempre stato, da parte della ricerca, interesse per gli effetti anche a lungo termine delle infezioni. La pandemia di Covid e l’emergere del long Covid hanno accresciuto questo interesse. Sono in corso indagini sugli effetti del Covid sul sistema nervoso e sulla sua possibile associazione con un maggior rischio di demenza.
Nel 2023, uno studio epidemiologico molto ampio condotto su dati britannici e finlandesi ha dimostrato che l’aver sofferto di encefaliti virali, indipendentemente dallo specifico virus, aumenta in modo significativo il rischio per alcune malattie neurodegenerative. Possiamo ipotizzare quindi che ripetute infezioni virali contratte nel corso del tempo producono degli insulti al sistema nervoso che, sommati alla predisposizione genetica e ad altri fattori di rischio ambientale, favoriscono l’insorgenza delle malattie neurodegenerative, con un peso diverso da persona a persona.
C’è ancora molto lavoro da fare: dobbiamo proseguire nello studio di queste correlazioni e capire anche in che modo una maggiore conoscenza del ruolo delle infezioni può aiutarci a prevenire e a trattare le malattie neurodegenerative. Al tempo stesso, la consapevolezza del rischio che le infezioni possano determinare gravi conseguenze non solo nel breve, ma anche nel lungo periodo, sottolinea l’importanza di adottare le più efficaci misure di prevenzione, come principalmente i vaccini. (continua)

Le biosentinelle a due passi dalla Torre pendente
A poca distanza dal celebre monumento della città toscana, nell'Orto Botanico dell'Università sono stati trovati 57 licheni
licheni sono organismi simbiotici composti da almeno due partner diversi, in questo caso un fungo e un’alga, che traggono vantaggio l’uno dall’altro. Sono delle vere e proprie biosentinelle che monitorano la qualità dell’aria, purificandola dai metalli pesanti.
L’Orto Botanico dell’Università di Pisa, a due passi dalla Torre pendente, rivela una insolita concentrazione, su una superficie ridotta, di questi organismi fra cui specie rare e a rischio estinzione. Un gruppo di ricerca dell’Università di Pisa, infatti, ha trovato una concentrazione inusuale di questi organismi, ben 57 licheni “epifiti”, che crescono cioè sulla corteccia degli alberi, più un fungo non-lichenizzato. Fra essi, ci sono anche specie rare e a rischio estinzione, alcune delle quali rinvenute per la prima volta in Toscana, mentre la presenza diffusa di licheni tolleranti all’azoto è probabilmente associata alle condizioni ambientali urbane.
Isole verdi nei centri urbani
»È stato calcolato che nelle aree protette italiane ci si possono attendere circa 59 specie di licheni epifiti per km², mentre nel nostro caso, in contesto urbano e su una superficie di soli 0,02 km², ne sono state censite ben 57» racconta Peruzzi.
I giardini botanici nei centri urbani sono isole verdi che offrono rifugio a diversi organismi animali e vegetali, compresi i licheni, che compaiono spontaneamente grazie alla diversità di micro habitat presenti e alla ricchezza di specie arboree.
«I licheni sono fra i primi colonizzatori degli habitat anche se spesso passano inosservati e tuttavia il ruolo che rivestono è molto importante: si tratta di organismi che possono fra l’altro essere utilizzati come biomonitor, una soluzione economica che può integrare le tradizionali centraline di rilevamento per valutare la qualità dell’aria e degli ecosistemi in generale» aggiunge Paoli.(continua)

Una barca di plastica riciclata solca i mari: l’incredibile impresa di Flipflopi contro l’inquinamento
Rebecca Manzi Pubblicato il 12/02/2025
Il progetto Flipflopi usa materiali riciclati per costruire oggetti utili tra cui la prima barca tradizionale realizzata in plastica e un trono swahili donato a re Carlo
Il progetto Flipflopi, nato in Kenya, rappresenta un esempio innovativo di lotta all’inquinamento da plastica. Fondato nel 2016, il progetto utilizza materiali riciclati per costruire oggetti utili, tra cui la prima barca tradizionale africana (dhow) interamente realizzata in plastica riciclata. Questo simbolo di economia circolare e consapevolezza ambientale mira a ridurre i rifiuti oceanici e a promuovere soluzioni sostenibili per le comunità costiere.
Negli ultimi anni, Flipflopi ha trasformato oltre 149 tonnellate di plastica scartata in nuovi prodotti, come mobili e oggetti di uso quotidiano. Tra le iniziative di maggiore risonanza c’è la creazione di un trono swahili, donato a re Carlo III, un gesto emblematico per sottolineare l’importanza della sostenibilità globale.
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Media & dintorni “2/20/2025
La notizia della settimana L’AI cinese DeepSeeK, sconvolge il panorama mondiale della AI, ma non è certo una sorpresa.
Audio durata31 min; 57 sec
https://www.radioradicale.it/scheda/750426/media-e-dintorni
Chernobyl, un drone avrebbe colpito il sarcofago della cerntrale nucleare
Germana Carillo Pubblicato il 14/02/2025
Un drone d'attacco russo con una "testata altamente esplosiva" avrebbe colpito nella notte il sarcofago della centrale nucleare di Chernobyl, quella che è la struttura in acciaio e cemento che copre il reattore n. 4 del sito
Un attacco di droni russi ha colpito il rifugio antiradiazioni che protegge il reattore nucleare danneggiato di Chernobyl, almeno stando alle parole del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. L’attacco notturno alla centrale nucleare,
già luogo del peggior incidente nucleare mai avvenuto nel mondo, ha causato un incendio, ma, almeno per il momento, i livelli di radiazioni all’interno e all’esterno di Chernobyl rimangono normali e stabili, secondo l’organismo di controllo nucleare delle Nazioni Unite (AIEA).
Secondo il comunicato ufficiale dell'Aiea, informazioni supplementari ricevute questa mattina dall'ente regolatore ucraino hanno confermato che il rivestimento esterno dell'arco del Nsc ha subito danni, mentre sono in corso indagini per determinare lo stato del rivestimento interno. I livelli di radiazione all'interno e all'esterno dell'edificio Nsc rimangono normali e stabili, secondo quanto riferito al team Aiea. Non sono stati segnalati feriti. Il direttore generale Rafael Grossi ha sottolineato come l'incidente dimostri che la sicurezza nucleare rimane sotto costante minaccia finché continua il conflitto, "Non c'è spazio per l'autocompiacimento, e l'Aiea rimane in massima allerta", ha dichiarato, rinnovando l'appello alla "massima moderazione militare intorno ai siti nucleari ucraini".
Il contesto diplomatico e le implicazioni
Il presunto attacco si inserisce in un momento di particolare tensione diplomatica, segnato dall'annuncio di possibili colloqui di pace tra Stati Uniti e Russia. Zelensky, in risposta alla notizia dei colloqui, ha dichiarato che "Putin non si sta sicuramente preparando ai negoziati", utilizzando l'attacco a Chernobyl come prova delle reali intenzioni del Cremlino. In un messaggio su Telegram, ha evidenziato come "l'unico Stato al mondo che può attaccare tali strutture, occupare il territorio delle centrali nucleari e condurre ostilità senza alcun riguardo per le conseguenze è la Russia di oggi".
Leggi anche: A Chernobyl installato il grande sarcofago scorrevole per contenere le scorie nucleari (VIDEO)
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L’incidente della petroliera Koala nel Mar Baltico riaccende l’allarme sulla flotta fantasma russa

Riccardo Liguori
Pubblicato il 12/02/2025
L’esplosione della petroliera Koala nel porto di Ust-Luga, ufficialmente un errore umano, evidenzia i rischi della di una flotta costituta da navi che, obsolete e senza assicurazione, minacciano l’ecosistema del bacino idrico.
Tuttavia, l’incidente ha riacceso i riflettori sulla flotta fantasma russa, un insieme di petroliere obsolete, spesso in cattive condizioni e con equipaggi non sempre esperti delle difficili condizioni di navigazione del Baltico. Navi che la Russia utilizza per trasportare petrolio, aggirando le sanzioni imposte dall’Occidente in seguito all’invasione dell’Ucraina. L’agenzia di stampa indipendente Agentstvo ha fatto notare che la Koala compare proprio nella lista di navi appartenenti alla flotta ombra russa, stilata da Greenpeace nell’ottobre 2024.
Ogni settimana 70-80 petroliere cariche di greggio lasciano i porti russi di Primorsk, Ust-Luga, Vyssotsk e San Pietroburgo, dirette verso i mercati internazionali. Di queste, circa 30-40 appartengono alla flotta fantasma, un numero che è esploso dal 2022, dopo l’imposizione delle sanzioni. Un rapporto della Kiev School of Economics ha identificato circa 430 di queste navi in tutto il mondo.
Queste petroliere, navigano spesso al limite della legalità, se non oltre. Sempre più spesso, infatti, disattivano il sistema di localizzazione AIS (Automatic Identification System) per nascondere i loro movimenti e le loro visite ai porti russi, rendendo difficile il monitoraggio e aumentando il rischio di collisioni. (continua)

Il Museo partecipa alla Seconda Settimana Nazionale delle discipline scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche, promossa dal Ministero dell’università e della ricerca dal 4 all’11 febbraio 2025, nell’ambito della sua offerta educativa e culturale.
Propone diverse attività per l’orientamento, la formazione e lo sviluppo di competenze sulle materie STEM.
Scopri Playlab: la nuova area dedicata a bambine e bambini da 3 a 6 anni per giocare, immaginare e raccontare tra installazioni digitali, attività e oggetti storici sorprendenti.
Durante il fine settimana partecipa a una visita guidata per ripercorrere l'evoluzione del trasporto su rotaia e conoscere alcuni tra i più suggestivi oggetti storici del Museo oppure indossa il visore di realtà virtuale per salire su un velivolo ultraleggero e sorvolare un’isoletta tropicale in una divertente atmosfera da cartoon. Nella Tinkering Zone mettiti alla prova con flipper fai da te costruendo un percorso per una biglia usando gravità, elasticità e geometria.
Ogni giorno puoi immergerti nell’installazione Infinity del collettivo inglese Universal Everything, tra i pionieri dell’arte generativa. Un’opera video multidimensionale in cui personaggi unici nati dal codice sfilano in una parata senza fine mostrando forme grandi, pelose, rocciose o minerali, liquide o gassose, vegetali o architettoniche che mutano, si trasformano e raccontano la magia di una tecnologia che integra dimensione digitale e analogica.
Per il mondo della scuola è previsto un programma di formazione gratuito, realizzato nell’ambito del progetto Esero Italy, che include un corso di sviluppo professionale per insegnanti dell’infanzia e della primaria e, a seguire, una visita animata per le classi nell’esposizione Astronomia e Spazio del Museo. Sabato 8 febbraio 20 docenti potranno sperimentare la tecnica di stop motion come strumento per raccontare lo Spazio visto dal pubblico più giovane.

Strategie per migliorare la concentrazione: pianificazione, respirazione e meditazione
- D.C.
- - 4 Gennaio 2025 7:42
Esistono diverse strategie da attuare, al fine di incrementare la concentrazione. Tra queste, pianificazione, respirazione e meditazione. La concentrazione è una abilità molto importante, utile per affrontare i problemi di ogni giorno, sia sul piano persone che professionale. Mantenere alta i livelli di concentrazione, nel mondo frenetico in cui viviamo, ad ogni modo, può essere difficile. Esistono, però, delle strategie per migliorarla. Concentrazione, migliorarla con le giuste strategie Tra le strategie più efficaci per migliorare la capacità di concentrazione ci sono, sicuramente, una pianificazione adeguata, la respirazione consapevole e la comprensione delle onde cerebrali. La pianificazione – in sostanza – rappresenta il punto di partenza, in quanto organizzare le attività, in modo strategico, riduce la sensazione di sopraffazione e aiuta la mente a focalizzarsi su un compito alla volta.
Stabilire priorità, suddividere gli obiettivi in ??piccoli passaggi e utilizzare agende o app digitali permette di canalizzare l’attenzione su ciò che è davvero importante. Creare un ambiente privo di distrazioni, definendo tempi e spazi specifici per lavorare, permette, dunque, di amplificare ulteriormente l’efficacia di tale pratica. Una mente ben organizzata ha, infatti, meno probabilità di vagare, riuscendo a mantenere uno stato di concentrazione costante nel tempo.
Respirazione e onde cerebrali
La respirazione – d’altro canto – favorisce la concentrazione mentale. Tra le tecniche più utilizzate, in tal senso, ci sono la respirazione diaframmatica o la pratica del respiro quadrato (inspirazione, pausa, espirazione e pausa, ciascuna della stessa durata) aiutano a ridurre lo stress e ad aumentare la lucidità.
(continua)

Non c’è due senza tre: perché la Terza Missione per le università è importante, e migliora la didattica e la ricerca
Secondo Marilisa D’Amico, costituzionalista e prorettrice alla Terza Missione dell’Università Statale di Milano, e Roberto Tiezzi, direttore dell’Area Innovazione dello stesso ateneo, le attività di Terza Missione, basate sull’interazione dell’università con la società nel suo insieme, sono fondamentali e non vanno abbandonate, ma al contrario rafforzate. Perché non mettono a rischio, ma anzi arricchiscono anche la didattica e la ricerca.
Immagine realizzata da ChatGPTSi è messa in discussione recentemente, attraverso un dibattito ripreso sui media, l’opportunità per le università italiane di coltivare progetti di Terza Missione – oggi definita in realtà “valorizzazione delle conoscenze” – termine con cui si indicano tutte le attività attraverso cui l’università interagisce con il mondo imprenditoriale, le istituzioni pubbliche e private, i diversi settori del volontariato, più in generale con la società nel suo insieme. Si tratta di un panorama di iniziative estremamente ricco e variegato, e soprattutto di un percorso a due sensi, attraverso cui l’università si arricchisce. Secondo Marilisa D’Amico, costituzionalista e prorettrice alla Terza Missione dell’Università Statale di Milano, e Roberto Tiezzi, direttore dell’Area Innovazione dello stesso ateneo, intervistati da Natalia Milazzo, le attività di Terza Missione sono fondamentali e non vanno abbandonate, ma al contrario rafforzate. Perché non mettono a rischio, ma anzi arricchiscono anche la didattica e la ricerca.
Dal dibattito, purtroppo, sembra essere emersa un’immagine della Terza Missione piuttosto riduttiva: come se fosse in sostanza, perlomeno per le materie umanistiche, un’attività di conferenze. Si tratta in realtà di un panorama di iniziative estremamente ricco, articolato e variegato, di cui è difficile dare un’idea se non attraverso alcuni esempi. Fanno parte dei progetti di Terza Missione recentemente valorizzati con alcune pubblicazioni dall’Università di Milano, per esempio, la creazione di un poliambulatorio destinato alla popolazione infantile delle baraccopoli di Nairobi; la “clinica legale”, ovvero l’assistenza giuridica sul campo, prestata dagli studenti ai migranti all’interno del corso di laurea in Legge; la realizzazione del primo museo etrusco virtuale; il gioco da tavolo basato sull’Inferno di Dante, ricchissimo di informazioni e approfondimenti, che si può scaricare e stampare gratuitamente; l’orchestra sinfonica UNIMI; le attività con studenti e cittadini svolte nel contesto di scavi archeologici; i laboratori teatrali su Shakespeare tenuti nel carcere minorile Beccaria… e si potrebbe continuare a lungo. (continua)