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Nuove Indicazioni nazionali nella scuola: il parere reazione esperti

 

ministro Valditara 

Nuove Indicazioni nazionali e Linee guida? Il parere degli esperti

 

Il Ministro Valditara ha costituito una commissione con lo scopo di modificare le Indicazioni nazionali, tanto del primo quanto del secondo ciclo. La decisione ha sorpreso, anche perché accompagnata da una serie di rilievi critici che sono stati rivolti, soprattutto, alle Indicazioni del 2012, un testo largamente apprezzato dai docenti. Alcune interviste del Ministro hanno puntato il dito sulla "troppa roba" che appesantirebbe il testo, così come sulla “assurdità” di certi contenuti. A che serve, si è chiesto Valditara, proporre nell’insegnamento della storia lo studio dei dinosauri?

 


 

RITORNO AL PASSATO Italo Fiorin (intervista) Ω Davanti a un bivio. Nuove indicazioni o vecchi programmi? Ω Il dito e la luna di Italo Fiorin Ω Dove sono i dinosauri? di Paolo Mazzoli Ω La fragilità del nostro sistema è evidente  Ω ANISN - Associazione Nazionale di Scienze Naturali - 

SCUOLA: SI CAMBIA? - LA MUSICA NELLE NUOVE INDICAZIONI NAZIONALI - Non lasciamo che Valditara scippi l’autonomia scolastica - Articolo33 

 


Spazio aperto per commenti



 

Italo Fiorin

Orizzonti scuola Assunzione docenti, Italo Fiorin: La fragilità del nostro sistema è evidente, ogni ministro promette di risolvere il precariato ma non è così. 

 

Le dichiarazioni di Italo Fiorin durante il programma “Tutti in classe” su Rai Radio 1 offrono uno spaccato significativo della situazione attuale della scuola. Fiorin ha messo in evidenza l’incremento esponenziale del numero di docenti precari negli ultimi sette anni, sottolineando le fragilità del sistema educativo e le difficoltà nel trovare soluzioni efficaci. 

Fiorin ha evidenziato come, dal 2015 al 2022, il numero di docenti precari sia aumentato da circa 100.000 a quasi 235.000, con un incremento del 134%. Il dato, già di per sé impressionante, riflette una realtà complessa: ogni nuovo ministro dell’Istruzione ha promesso di ridurre il numero di precari, ma i risultati sono stati deludenti. La presenza di sette ministri in un arco di tempo così breve evidenzia la mancanza di continuità e di una visione strategica nel settore educativo.

“La fragilità del nostro sistema è evidente,” ha affermato Fiorin, sottolineando come ogni ministro abbia cercato di applicare la propria “ricetta magica” senza ottenere risultati concreti.

Un aspetto cruciale sollevato da Fiorin è la marginalità della scuola nel contesto delle politiche pubbliche. L’investimento economico necessario per stabilizzare i docenti precari è significativo, ma lo Stato continua a risparmiare, optando per contratti a tempo determinato che costano meno. L’approccio ha portato a una situazione di precarietà non solo per i docenti, ma anche per il personale ATA, che svolge ruoli fondamentali all’interno delle istituzioni scolastiche. Fiorin ha citato tre “cartellini rossi” dati al governo attuale: il primo per la condizione dei docenti precari, il secondo per il personale ATA e il terzo per la mancanza di riconoscimento degli scatti di anzianità. Tali segnali di allerta evidenziano una crisi profonda che richiede interventi urgenti e mirati.

Un tema particolarmente delicato è quello degli insegnanti di sostegno. Fiorin ha sottolineato che circa 103.000 dei 235.000 docenti precari sono specializzati nel sostegno, un settore che richiede particolare attenzione e competenza. La rotazione degli insegnanti di sostegno è un fenomeno preoccupante: il 60% degli studenti con disabilità cambia insegnante ogni anno, creando una situazione di instabilità che compromette il diritto all’istruzione di questi ragazzi.

“La situazione è insostenibile,” ha affermato Fiorin, evidenziando la necessità di un approccio più lungimirante nella pianificazione degli organici scolastici.

Fiorin ha suggerito che per affrontare le problematiche attuali, è fondamentale rivedere il meccanismo di determinazione dell’organico di diritto. Le scuole devono essere in grado di prevedere realisticamente il numero di insegnanti necessari, tenendo conto delle diverse situazioni e delle certificazioni degli studenti. L’approccio potrebbe contribuire a ridurre la precarietà e a garantire un’istruzione di qualità.

Inoltre, la questione dei concorsi per l’assunzione dei docenti è cruciale. Fiorin, nel corso del suo intervento, ha sottolineato l’importanza di una sistematicità nei concorsi, che devono essere espletati in modo efficace e tempestivo. Tuttavia, i dati mostrano una disparità allarmante tra il numero di posti disponibili e il numero di candidati, soprattutto nel Mezzogiorno.

 

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Il dito e la luna

in www.scuola7.it   Per gentile concessione dell'Autore

Il Ministro Valditara ha costituito una commissione con lo scopo di modificare le Indicazioni nazionali, tanto del primo quanto del secondo ciclo. La decisione ha sorpreso, anche perché accompagnata da una serie di rilievi critici che sono stati rivolti, soprattutto, alle Indicazioni del 2012, un testo largamente apprezzato dai docenti. Alcune interviste del Ministro hanno puntato il dito sulla ‘troppa roba’ che appesantirebbe il testo, così come sulla “assurdità” di certi contenuti. A che serve, si è chiesto Valditara, proporre nell’insegnamento della storia lo studio dei dinosauri?

 

Un bersaglio sbagliato

Sarebbe facile rispondere che l’autorevole dito accusatore è puntato su un bersaglio sbagliato. Le attuali Indicazioni non prevedono i pur simpatici dinosauri né in classe terza né mai, anche perché lo studio dei dinosauri non riguarda l’insegnamento della storia, che si occupa non delle specie animali ma delle vicende umane. Sbaglia, quindi, disciplina e quanto alla “troppa roba”, il Ministro sbaglia anche Indicazioni. Forse ha confuso le attuali con quelle varate nel 2004 dal Ministro Moratti, con centinaia e centinaia di obiettivi meticolosamente snocciolati, classe per classe, quasi fossero una guida didattica.

Ma non conviene dedicare molta attenzione a queste battute, che distolgono da quello che veramente è in gioco. Quello che disturba, forse, nelle attuali Indicazioni non è il carico nozionistico, ma la cornice culturale.

A coordinare la commissione è stata chiamata la coautrice di un volumetto titolato ‘Insegnare l’Italia’. Si tratta di un testo particolarmente critico nei confronti delle Indicazioni, viste come espressione di una cultura pedagogica progressista considerata fonte di tutti i mali della scuola.

 

“Papà a che serve la storia?”

Quale Italia si dovrà insegnare, che le Indicazioni tradiscono? Il loro peccato originale sarebbe di essere poco o forse per nulla preoccupate di impartire una educazione che renda consapevoli dell’identità nazionale e di essere, invece, troppo sensibili ad una visione mondiale dei problemi.

Per queste ragioni sul banco d’accusa viene messo soprattutto l’insegnamento della storia. “Papà, a che serve la storia?” chiedeva il piccolo figlio di Marc Bloch, come riporta il grande storico in Apologia della storia. Vale la pena ritornare a questa domanda.

Per le Indicazioni del 2012, “lo studio della storia, insieme alla memoria delle generazioni viventi, alla percezione del presente e alla visione del futuro, contribuisce a formare la coscienza storica dei cittadini e li motiva al senso di responsabilità”[1] promuovendo pensiero critico, conoscenze fondate su fonti attendibili, apertura alla considerazione dei punti di vista con i quali si leggono i fatti, che vanno vagliati con rigore.

 

Dal libro Cuore a Pinocchio

Per gli autori del volumetto ‘Insegnare l’Italia’, l’insegnamento della storia nella scuola del primo ciclo dovrebbe servire, forse, a suscitare amor patrio, a promuovere un’idea di italianità che scaturisce dalle magnifiche gesta di un passato finalizzato ad esaltarla. A questo scopo gli autori che vogliono ‘insegnare l’Italia’ reclutano non solo il libro Cuore, capace di suscitare autentici sentimenti di amor patrio, ma perfino Pinocchio, un burattino che finora è riuscito sempre a salvarsi da tutti gli intenti moraleggianti, facendosene beffe.

La storia qui interessa non in quanto disciplina scientifica, ma in quanto insegnamento utilizzabile a fini pedagogici: rafforzare l’identità italiana, esaltandone il processo storico che ha contribuito a renderci nazione. Le Indicazioni 2012 sono considerate poco patriottiche, eccessivamente aperte ad una visione globale delle vicende umane, troppo interessate a favorire la formazione di cittadini del mondo. Non è un caso che, insieme alle critiche rivolte all’insegnamento della storia, vi sono quelle rivolte all’idea di cittadinanza, che nelle Indicazioni 2012 è centrale.

Se le cose stanno così, allora non siamo di fronte ad una azione di aggiornamento del testo, come è stato fatto nel 2018 con il documento Indicazioni nazionali e nuovi scenari, ma a una radicale riscrittura, a partire dal capitolo iniziale, quello che propone l’idea di scuola che ispira l’intero documento.

 

La formazione dell’uomo e del cittadino

La formazione dell’uomo e del cittadino è il compito perenne della scuola, ma richiede di essere sempre interpretato all’interno del contesto culturale nel quale si è chiamati a realizzarlo. Oggi non viviamo nell’Italia del libro Cuore, ma in un mondo globalizzato, in una società in continua e rapidissima trasformazione.

Scrivono le Indicazioni che, se “fino a tempi assai recenti la scuola ha avuto il compito di formare cittadini nazionali attraverso una cultura omogenea”[2], la situazione è radicalmente cambiata. Una cultura omogenea non esiste più, diventare cittadini significa attraversare un percorso formativo molto più complesso, nel quale riscoprire e valorizzare le molteplici appartenenze alle quali ciascuna persona partecipa, e da questa composita articolazione di identità può generarsi, attraverso l’educazione, una comunità più ricca e coesa.

 

Locale e globale

Oggi abitiamo una realtà nella quale locale e globale hanno assunto contorni nuovi, la nostra è una società multiculturale, l’interdipendenza tra ciò che è vicino e ciò che è lontano è continua. La cura dell’ambiente, la sicurezza dalle malattie, la prosperità economica, le conoscenze tecnologiche e il loro impatto…, tutto questo disegna un paesaggio culturale profondamente diverso dal passato, nel quale emerge con una consapevolezza più acuta che la nostra prima e fondamentale cittadinanza è quella umana. Apparteniamo al genere umano, condividiamo la casa comune che è questo nostro pianeta, siamo strettamente legati gli uni agli altri in una comunità di destino. Siamo, cioè, cittadini del mondo, o meglio, siamo chiamati a diventarlo.

 

Una cittadinanza a più dimensioni

Una considerazione della cittadinanza così allargata incontra ostacoli nelle tante spinte nazionalistiche e localistiche che, purtroppo, si sono largamente diffuse e minacciano la vita democratica. “Se il nazionalismo è la nuova forza organizzativa che sfida il globalismo, la nozione di appartenenza o non appartenenza a un gruppo sarà definita dalla cittadinanza ufficialmente riconosciuta, non dall’essere parte dell’umanità”[3].

Le Indicazioni 2012 richiedono di passare da un pensiero e da un sentire sbriciolato ad un pensiero e ad un sentire capaci di affrontare la complessità e chiariscono bene come l’educazione civica non possa essere interpretata in ristretti termini nazionalistici. Il tradizionale (e necessario) compito assegnato alla scuola di formare cittadini viene ripensato all’interno di un concetto di cittadinanza articolato a più dimensioni, che vanno tutte sinergicamente considerate. Si è cittadini della propria comunità locale, cittadini del proprio Paese, l’Italia, ma anche cittadini d’Europa e cittadini del mondo: “La nostra scuola, inoltre, deve formare cittadini italiani che siano nello stesso tempo cittadini dell’Europa e del mondo”[4].

 

La multiculturalità come dato strutturale

La dimensione multiculturale interpella l’essere cittadini, ne diventa una componente, non solo una condizione esterna. In una realtà nella quale la presenza di persone con radici culturali diverse è ormai consolidata, la multiculturalità non è né un’eccezione né un’emergenza, ma un dato strutturale. La scuola a questo proposito ha un ruolo fondamentale, perché non solo ci sia una situazione di tolleranza o di pacifica convivenza, ma, “attraverso la conoscenza della nostra e delle altre culture, in un confronto che non eluda questioni quali le convinzioni religiose, i ruoli familiari, le differenze di genere”[5] si generi un autentico incontro, un reciproco arricchimento, una vera integrazione.

Senza il nuovo sguardo interculturale non sarebbe possibile comprendere i grandi problemi della condizione umana (degrado ambientale, caos climatico, crisi energetiche, distribuzione delle risorse naturali, situazione sanitaria, povertà e ricchezza, condizione femminile, condizione infantile, dialogo interreligioso, guerre e conflitti, informazioni e disinformazione…).

 

Le emergenze che interrogano la scuola

A livello globale, l’Agenda 2030 dell’ONU ha messo al centro dell’attenzione degli Stati e delle agenzie educative il tema della sostenibilità. Le migrazioni, l’avvento dei populismi, gli scontri tra culture diverse, hanno sollecitato Organismi come il Consiglio d’Europa a emanare importanti documenti sulla convivenza civile e democratica. Le vecchie e nuove emergenze ecologiche ed economiche planetarie (povertà, guerre locali, desertificazione, disastri ambientali…) interrogano la scuola sui temi della convivenza civile e democratica, del confronto interculturale e delle politiche di inclusione.

Scrivono le Indicazioni nazionali 2012: “L’elaborazione necessaria per comprendere l’attuale condizione dell’uomo planetario, definita dalle molteplici interdipendenze fra locale e globale, è dunque la premessa indispensabile per l’esercizio consapevole di una cittadinanza nazionale, europea e planetaria”[6]. Tra gli effetti della globalizzazione vi è, nella sua problematicità, una interazione stretta e continua tra persone e popoli di diverse radici, storie, culture. Un punto di vista solo nazionale o eurocentrico non è adeguato a leggere la complessità della società planetaria del XXI secolo, come ben ricordano le Linee Guida per l’Educazione globale del Consiglio d’Europa (2008).

 

La cittadinanza come sfondo integratore

Nel documento Indicazioni nazionali e nuovi scenari, la cittadinanza è vista come: “vero sfondo integratore e punto di riferimento di tutte le discipline che concorrono a definire il curricolo. La cittadinanza riguarda tutte le grandi aree del sapere, sia per il contributo offerto dai singoli ambiti disciplinari sia, e ancora di più, per le molteplici connessioni che le discipline hanno tra di loro”[7].

Come la prospettiva interdisciplinare aiuta a cogliere la complessità della realtà, grazie alla collaborazione di punti di vista settoriali e specialistici, messi in dialogo tra loro, così la prospettiva interculturale aiuta a vedere i problemi dal punto di vista delle diverse culture e a cogliere l’interdipendenza stretta che ci lega come un’unica famiglia umana, come un’unica comunità di destino. Scoprirsi parte di questa grande comunità è la premessa per una consapevolezza più ricca del significato di cittadinanza.

Educazione civica ed educazione interculturale

Possiamo dire che in questa prospettiva l’educazione interculturale è una faccia essenziale dell’educazione civica, o, detto altrimenti, che non si può fare educazione civica che non sia anche educazione interculturale. L’educazione civica ha assunto progressivamente un significato molto ampio, ben diverso da quello espresso dalla celebre frase attribuita a Massimo D’Azeglio, comprensibile nel contesto storico risorgimentale: “Abbiamo fatto l’Italia. Dobbiamo fare gli italiani”, convinzione che ha ispirato per decenni il modo di intendere questo insegnamento, ancorandolo ad un luogo (l’Italia), ad una identità tutta da costruire (nazionale), sulla base di una lingua comune, di una storia comune, di una religione comune. Scrivono le Indicazioni 2012: “Oggi, invece, può porsi il compito più ampio di educare alla convivenza proprio attraverso la valorizzazione delle diverse identità e radici culturali di ogni studente. La finalità è una cittadinanza che certo permane coesa e vincolata ai valori fondanti della tradizione nazionale, ma che può essere alimentata da una varietà di espressionied esperienze personali molto più ricca che in passato”[8].

 

Non è una questione di dinosauri

Il cambiamento non poteva essere più profondo: dal perseguire l’omogeneità al valorizzare le diversità, per una identità nazionale non uniforme, ma pluriforme.

La domanda è: questa idea di cittadinanza ha ancora legittimità? L’annunciata revisione delle Indicazioni sarà all’insegna della manutenzione e dell’aggiornamento del testo (come è stato nel 2012 rispetto alle Indicazioni del 2007 e nel 2018 rispetto alla versione del 2012), senza modificarne l’impianto culturale e pedagogico, o in discussione vengono messi valori fondanti?

Temiamo che i dinosauri, il libro Cuore, Pinocchio… siano il dito che nasconde la luna, il falso bersaglio. Temiamo che il viaggio nella direzione della scuola del futuro sia iniziato sbagliando verso, e ci riporti indietro, molto indietro nel tempo.

 


[1] MIUR, Indicazioni nazionali per la scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, in Annali della P.I., Numero speciale, Le Monnier, Firenze, 2012, p. 51.

[2] Ivi, p.10.

[3] F. M. Reimers, G. Barzanò, L. Fisichella, M. Lissoni, Cittadinanza globale e sviluppo sostenibile, Pearson, Milano-Torino, 2007, p. 21.

[4] MIUR, Indicazioni nazionali, cit. p. 11.

[5] Ivi, p. 10.

[6] Ivi, p. 12.

[7] MIUR, Indicazioni nazionali e nuovi scenari, 2018. Tale documento è stato redatto dal Comitato scientifico nazionale incaricato di rivedere e aggiornare periodicamente le Indicazioni 2012.

[8] Ivi, p. 10.

 

Dove sono i dinosauri?

Suggerimenti (non richiesti) per le nuove Indicazioni nazionali

La sola notizia del proposito di revisione delle Indicazioni nazionali ha scatenato molteplici discussioni, prima ancora che alcun atto formale sia stato ufficializzato e in assenza di informazioni praticamente su tutto.

Non sappiamo se la commissione che avrebbe nominato il Ministro sia effettivamente composta dai nove pedagogisti indicati nelle indiscrezioni della stampa e solo da loro. Non sappiamo quale mandato abbiano avuto, a parte il fatto che dovrà occuparsi delle Indicazioni del primo e del secondo ciclo, comprese le Linee guida per i tecnici e i professionali, un’impresa ciclopica. Non sappiamo se vi saranno sotto-commissioni e da chi sarebbero costituite. Soprattutto, non si ha idea di quali parti dei testi attualmente in vigore verrebbero revisionati o riscritti né se è prevista la collaborazione delle società scientifiche e delle associazioni professionali. Nulla.

 

Discutere sul nulla

Non c’è cosa più inutile, e avvilente, che discutere sul nulla. Purtroppo, i commenti e le prese di posizione sul proposito di revisione delle Indicazioni nazionali da parte del Ministro Valditara, così come le stesse repliche del Ministro, ne sono un esempio.

Eppure, su questa totale mancanza di informazioni attendibili, si è costruito un botta e risposta sui principi e i valori che dovranno caratterizzare le nuove Indicazioni: ci vuole più o meno identità nazionale; più o meno contenuti disciplinari; più o meno inclusione scolastica, ecc.

Il Ministro ha detto che occorre rafforzare l’insegnamento di arte e musica e che è assurdo che gli alunni di terza primaria studino i dinosauri (dove sono i dinosauri nelle attuali Indicazioni nazionali?). La Sottosegretaria Paola Frassinetti ha detto che non verranno toccate le materie scientifiche (perché?).

Alcuni storici reclamano la presenza di esperti di storia. E perché solo gli storici? Ecco allora che l’associazione di ricerca in didattica della matematica ha fatto la stessa richiesta e, poco dopo, si sono mossi gli esperti di didattica della lingua.

E, per completare la panoramica, i sindacati e il Ministro si sono accusati reciprocamente di avere una “visione proprietaria” della scuola.

 

Qualche considerazione di carattere generale

Accanto a queste prese di posizione sono uscite alcune considerazioni più distese e generali. Ne cito due: il lungo post di Franco Lorenzoni “Giù le mani dalla Indicazioni nazionali” e l’intervista di Reginaldo Palermo a Italo Fiorin per la Tecnica della Scuola intitolata: “Indicazioni nazionali: Valditara vuole cambiarle, forse in nome della identità italiana”.

Sia Lorenzoni che Fiorin si concentrano sul rischio di intaccare, se non stravolgere, l’impianto ideale e valoriale delle Indicazioni nazionali basato su principi della nostra Costituzione e su idee ritenute fondanti quali: intercultura, inclusione, persona, cittadinanza, comunità, mondialità.

È evidente che queste osservazioni sono molto rilevanti anche perché fanno capire quanto le Indicazioni nazionali, così come i vecchi programmi scolastici, siano documenti “calati nella storia”, espressione della cultura e dei valori prevalenti del periodo nel quale vengono emanate.

Da questo punto di vista è utile ricordare come, ad esempio, i programmi della scuola elementare del 1955 erano imperniati su un’idea del bambino “tutto intuizione, fantasia, sentimento” e sul principio che a “fondamento e coronamento” dei programmi doveva esserci “l’insegnamento della dottrina cristiana secondo la forma ricevuta dalla tradizione cattolica”[1]. Dopo trent’anni queste due concezioni, del bambino e del ruolo della scuola, subiscono una trasformazione radicale con i programmi del 1985, pur emanati da una ministra democristiana, fondati sull’idea del “bambino della ragione” e sul pluralismo culturale. Fa quasi impressione oggi, nella sua radicale laicità, rileggere come veniva risolto in quel documento il rapporto tra scuola e religione “la scuola statale non ha un proprio credo da proporre né un agnosticismo da privilegiare”[2].

 

Un delicatissimo dispositivo culturale e normativo

Ma le Indicazioni nazionali non solo soltanto un documento di orientamento ideale e valoriale. Esse costituiscono infatti un delicatissimo e dettagliato insieme di criteri pedagogici, finalità e obiettivi per garantire l’uniformità del servizio scolastico nel nuovo (si fa per dire) contesto dell’autonomia scolastica.

Non dimentichiamo che il compito assegnato dalla legge alle Indicazioni nazionali è proprio quello di definire gli “obiettivi generali del processo formativo e gli obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni”[3].

Si potrebbe essere tentati di distinguere il contenuto delle indicazioni nazionali in due dimensioni separate: la dimensione culturale generale, sviluppata principalmente nella premessa (intitolata “Cultura, scuola, persona”) e quella tecnico-operativa, articolata nella sezione con i campi di esperienza della scuola dell’infanzia e in quella con i traguardi per lo sviluppo delle competenze e gli obiettivi di apprendimento per ciascuna disciplina della scuola primaria e secondaria di primo grado.

Credo però che questa distinzione sarebbe molto fuorviante, se non altro perché anche la descrizione dei traguardi e degli obiettivi è intrisa di scelte culturali precise.

 

La necessità di guardare oltre i contenuti

Quando ad esempio leggiamo, nella sezione dedicata all’insegnamento dell’italiano, che “lo sviluppo di competenze linguistiche ampie e sicure è una condizione indispensabile per la crescita della persona e per l’esercizio pieno della cittadinanza” oppure, nella sezione sulle scienze, che “la ricerca sperimentale, individuale e di gruppo, rafforza nei ragazzi la fiducia nelle proprie capacità di pensiero, la disponibilità a dare e ricevere aiuto, l’imparare dagli errori propri e altrui, l’apertura ad opinioni diverse e la capacità di argomentare le proprie” è evidente che siamo di fronte a qualcosa di ben più ampio di una declinazione operativa dei contenuti da trattare a scuola.

Lo stesso ragionamento vale anche per i traguardi indicati per ogni disciplina, non tanto perché vi si possano scorgere esplicitamente aspetti etico-valoriali, quanto perché costituiscono nel loro insieme la declinazione operativa del “profilo delle competenze al termine del primo ciclo di istruzione”. E quest’ultimo, a sua volta, tratteggia i connotati del cittadino attivo e partecipe con una finalità chiara e coerente: realizzare il dettato costituzionale che impegna lo Stato a “rimuovere gli ostacoli” che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e la partecipazione di tutti alla vita pubblica.

Dunque, al di là dell’inquadramento generale espresso nella premessa, anche le sezioni del testo destinate alle Finalità, al Profilo dello studente, ai Traguardi e agli Obiettivi delle discipline costituiscono un “oggetto normativo e culturale” tutt’altro che neutro.

 

Le Indicazioni nazionali non sono un testo “neutro”

Non sono neutre le scelte pedagogiche (basate sull’idea di ambiente di apprendimento) e articolate nei sei principi metodologici descritti nell’introduzione alla scuola primaria:

1) Valorizzare l’esperienza e le conoscenze degli alunni;

2) Attuare interventi adeguati nei riguardi delle diversità;

3) Favorire l’esplorazione e la scoperta;

4) Incoraggiare l’apprendimento collaborativo;

5) Promuovere la consapevolezza del proprio modo di apprendere;

6) Realizzare attività didattiche in forma di laboratorio.

Non sono neutre le brevi introduzioni alle discipline che definiscono la loro funzione formativa.

Non sono neutri neanche gli obiettivi formativi dal momento che sottendono un modello di apprendimento nel quale alcune conoscenze e alcune abilità sono più importanti di altre.

Ad esempio in matematica diversi obiettivi di apprendimento riguardano la descrizione della realtà attraverso i numeri e la misura, mentre per il calcolo (che un tempo era la colonna portante della matematica scolastica) si sottolinea come sia più rilevante imparare a decidere quando convenga effettuare un calcolo a mente, o per scritto o, ancora, avvalendosi di una calcolatrice o di un foglio di calcolo, piuttosto che imparare a eseguire calcoli manualmente e senza errori a prescindere dallo scopo del calcolo stesso.

E, se proprio vogliamo parlare della storia, non è neutro indicare come competenza storica privilegiata l’uso delle fonti e delle rappresentazioni temporali e geografiche in contrapposizione alla tradizione del racconto storico fondato su personaggi e fatti storici atomizzati (Muzio Scevola, la Caduta dell’impero romano, ecc.).

Arriverei a dire, ma so che molti la pensano in modo diverso, che se la premessa fosse oggetto di un documento separato, il testo delle Indicazioni manterrebbe la sua consistenza culturale e valoriale. Basti pensare al forte ancoraggio con la Costituzione italiana e la Raccomandazione europea sulle competenze-chiave per l’apprendimento permanente presente nel capitolo sulle finalità generali e alle introduzioni alla scuola dell’infanzia e alla scuola del primo ciclo.

 

Cosa abbiamo imparato finora?

Bene, potremmo chiuderla qui e rimandare ogni considerazione a quando si saprà qualcosa di preciso.

Credo tuttavia che queste prime polemiche che si sono sviluppate intorno all’ipotesi di revisione delle Indicazioni nazionali rendano necessaria una riflessione più approfondita sulla natura di una norma molto particolare, che ancora molti chiamano “programmi scolastici”. E cioè tentare di rispondere alla domanda: cosa abbiamo imparato finora dalle Indicazioni nazionali?

Proverò allora a fare quello che i bravi giornalisti del Post chiamano un “ripassino”, una sintesi per aiutare a inquadrare il contesto in cui si muove una tematica d’attualità. Per motivi di spazio mi limiterò a quello che è successo con le ultime Indicazioni nazionali destinate alla scuola dell’infanzia, alla scuola primaria e alla secondaria di primo grado.

 

Analizziamo l’iter che ha portato alle attuali Indicazioni del primo ciclo

Partiamo dal dato storico, e giuridico, più rilevante: le attuali Indicazioni nazionali per la scuola dell’infanzia e il primo ciclo di istruzione sono il risultato di un processo durato cinque anni: dal 2007 al 2012.

Il documento attualmente in vigore[4] ha infatti passato il vaglio di due commissioni di esperti, nominate dal Ministro Fioroni e dal Ministro Profumo. Il primo aveva elaborato un documento avente carattere sperimentale, le Indicazioni per il curricolo del 2007[5], il secondo, dopo un lungo periodo di “collaudo” del “decreto Fioroni” nelle scuole, emanò il documento definitivo “Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione” nel novembre del 2012 assumendo il documento precedente come documento di base. La supervisione di questo secondo testo fu affidata dal Ministro Profumo al Sottosegretario di Stato Marco Rossi-Doria.

Nel quinquennio 2007-2012 ha avuto un ruolo importante anche il Ministro Gelmini, che nel 2009 emanò il nuovo assetto ordinamentale della scuola dell’infanzia e del primo ciclo prevedendo “l’eventuale revisione delle Indicazioni nazionali”[6] e, nell’autunno del 2011, dispose la realizzazione di un monitoraggio nazionale sulle Indicazioni sperimentali del 2007 al quale parteciparono quasi diecimila scuole statali e paritarie[7].

 

La necessità di tempi distesi e di confronto

Si è dunque trattato di un vero e proprio processo evolutivo, analogo ai processi evolutivi naturali, nel quale un sistema si perfeziona nel tempo abbandonando tutto ciò che non serve e rafforzando le parti che hanno funzionato meglio.

In questo modo il testo attuale è stato condiviso con decine di società scientifiche e associazioni professionali ed è stato sottoposto a una consultazione nazionale che si è svolta nei mesi di giugno e luglio del 2012 cui hanno partecipato circa cinquemila istituzioni scolastiche[8]. La consultazione poneva venticinque domande precise, riferite ai punti più controversi del testo e produsse alcune importanti modifiche nel documento finale.

Successivamente all’emanazione delle Indicazioni nazionali del 2012 si sono svolti innumerevoli seminari formativi in quasi tutte le scuole pubbliche italiane anche grazie al coordinamento di un Comitato scientifico nazionale istituito allo scopo di “indirizzare, sostenere e valorizzare le iniziative di formazione e ricerca per aumentare l’efficacia dell’insegnamento in coerenza con le finalità e i traguardi previsti nelle Indicazioni nazionali 2012”.

Il Comitato, presieduto dal prof. Italo Fiorin, ha operato per sei anni concludendo il suo mandato con un documento intitolato “Indicazioni nazionali e nuovi scenari”[9] pubblicato dal Ministero nel febbraio del 2018.

 

I punti di forza delle Indicazioni nazionali 2012

Questa sintesi storica è utile per mettere a fuoco tre aspetti delle Indicazioni nazionali attualmente in vigore:

  • la forte continuità del percorso che ha portato all’attuale formulazione
  • la larghissima partecipazione di soggetti istituzionali e non
  • la meticolosità con la quale si sono calibrate le prescrizioni normative contenute nel documento.

Tutti e tre questi aspetti hanno contribuito a far emergere nel tempo alcuni importanti punti di forza che, in modo bipartisan, molti hanno riconosciuto. Cito solo i quattro più significativi:

  1. il richiamo, esplicito e fondante, alle competenze-chiave per l’apprendimento permanente stabilite dal Parlamento e dal Consiglio europeo;
  2. la formulazione sintetica del profilo delle competenze assunta come obiettivo generale dell’intero sistema scolastico pubblico;
  3. la definizione di traguardi prescrittivi come riferimento ineludibile per la costruzione di prove nazionali standardizzate (prove Invalsi);
  4. l’esplicitazione di nuclei tematici e obiettivi di apprendimento non prescrittivi ma ampiamente validati dalla comunità accademica e scolastica.

A questi punti di forza vorrei aggiungerne uno che solo apparentemente può sembrare secondario: la brevità complessiva e la cura linguistica del testo.

 

La sintesi a garanzia dell’autonomia scolastica

Il testo delle Indicazioni nazionali del 2012, pur inglobando in un unico documento tre segmenti del sistema scolastico (scuola dell’infanzia, scuola primaria, scuola secondaria di primo grado) è contenuto in 75 pagine a stampa. Se si stampassero insieme i programmi scolastici pre-autonomia della scuola materna, della scuola elementare e della scuola media con la stessa formattazione delle Indicazioni nazionali si otterrebbe un documento di 125 pagine.

La brevità del testo non è un elemento accessorio ma è invece un requisito indispensabile se vogliamo che le Indicazioni nazionali siano effettivamente tali, cioè un documento di indirizzo che stabilisce finalità e obiettivi delle scuole autonome e non un repertorio degli argomenti da trattare a scuola. Per ottenere questo risultato è stato necessario un controllo rigorosissimo della lunghezza delle diverse parti del documento. Nell’ultima stesura il nucleo redazionale dovette lavorare quasi esclusivamente per riequilibrare il testo tagliando drasticamente tutto ciò che poteva sbilanciarlo. Ma già durante la stesura delle Indicazioni del 2007 la brevità del testo fu assunta come vincolo invalicabile. A questo proposito si ricordano ancora le energiche esternazioni del Ministro Fioroni che si scagliava contro le bozze troppo lunghe e le continue richieste di integrazioni. In uno degli incontri tecnici pare che abbia detto: “ora il testo è perfetto, basterà ridurlo del 50 percento”.

 

Meglio un adeguamento continuo

Da quanto detto fin qui si potrebbe pensare che io consideri perfette, e quindi non migliorabili, le attuali Indicazioni nazionali. Non lo penso affatto, anche perché il testo in vigore è nato come “seconda versione” di un testo precedente e implicava esplicitamente il suo “adeguamento continuo”[10].

C’è sicuramente da lavorare, ad esempio, sulla definizione di standard d’apprendimento per ciascuna disciplina, fatta eccezione per l’inglese che li ha già (livelli A1 e A2 del Quadro di riferimento europeo) e su alcune regolazioni che si sono rese necessarie negli ultimi anni in larga misura già chiaramente indicate nel documento di fine mandato del Comitato scientifico nazionale.

Ma se invece si riparte daccapo, se ci si lascia prendere dalla voglia di rifondare, ribaltare, riscrivere… magari spinti dal fastidio per specifici aspetti (siano essi l’identità nazionale o alcune aree disciplinari) si rischia di ottenere un oggetto certamente nuovo ma squilibrato e ingestibile. Destinato a sua volta a essere azzerato dal prossimo Ministro.


[1] DPR n. 503 del 14 giugno 1955. Premessa.

[2] DPR n. 104 del 12 febbraio 1985. Premessa.

[3] DPR n. 175 dell’8 marzo 1999. Articolo 8.

[4] DM n. 254 del 16 novembre 2012.

[5] DM del 31 luglio 2007.

[6] DPR n. 89 del 20 marzo 2009. Articolo 1, comma 4.

[7] Nota del 4 novembre 2011, pochi giorni prima della caduta del Governo Berlusconi IV.

[8] CM n. 49 del 31 maggio 2012.

[9] Indicazioni nazionali e nuovi scenari, 2018

[10] Si veda in proposito la lettera di accompagnamento del Ministro Profumo alle Indicazioni nazionali del 2012.



 

 

 

Roma, 8 maggio 2024

Caro Ministro, ha ragione.

Sulla scuola non può pesare nessuna visione ideologica e proprietaria.

La scuola è del Paese, del suo futuro e di quello delle generazioni che la attraversano.

Proprio perché condividiamo questa visione le chiediamo che quanto da Lei dichiarato si traduca in azione, evitando che scelte così importanti come la revisione delle Indicazioni Nazionali tengano fuori il mondo della scuola nella sua pluralità.

La commissione da lei nominata “composta da esperti di comprovata qualificazione scientifica e professionale con il compito di elaborare e formulare proposte volte alla revisione delle Indicazioni” è composta da soli docenti universitari di pedagogia. Per altro, senza rappresentare il pluralismo delle aree culturali della ricerca educativa. Non sono presenti esperti disciplinari. E soprattutto manca il mondo della scuola.

Non ci rassicura che lei abbia dichiarato che saranno coinvolti insegnanti, dirigenti, associazioni professionali in una fase successiva, una volta che la commissione da lei nominata ha già definito le prospettive di cambiamento delle I.N. e tracciato i percorsi.

Le Indicazioni Nazionali come lei saprà sono nate da un’altra storia.

Sono state elaborate da uomini e donne di scuola e dell’università, dopo un lungo percorso di riflessione, confronto. Ed è in forza di questo, Signor Ministro, che le I.N. continuano a restare un riferimento fondante capace di orientare il fare scuola, tracciandone obiettivi e traguardi di competenza nel quadro di finalità educative e scenari socioculturali fortemente attuali.

Le Indicazioni nazionali si cambiano quando risultano superate dalla storia. Perché rivederle ora?

Quali sarebbero i loro aspetti invecchiati?

E Perché non condividere con il mondo della scuola questa esigenza di cambiamento?

Non le nascondiamo signor Ministro che questo suo grande attivismo riformistico sulla scuola ci preoccupa.

Si stanno modificando le norme sulla valutazione del voto in condotta, sulla valutazione degli apprendimenti alla primaria, sono stati riformati gli istituti tecnici e professionali…

In un’organizzazione complessa come la scuola italiana le chiediamo quanto tutto questo potrà rispondere ai bisogni reali e alle priorità di qualificazione del sistema senza superare i limiti di sostenibilità del sistema stesso?

 

È questo, Signor Ministro, un aspetto per niente trascurabile per evitare quello che lei afferma: gli interventi sulla scuola non devono rispondere a logiche ideologiche e proprietarie.

 


 

INDICAZIONI NAZIONALI 2025. ITALO FIORIN: "RITORNO AL PASSATO"

 

7 apr 2025 Intervista 25'
 

Il pedagogista Italo Fiorin, che nel 2007 aveva coordinato la Commissione per la stesura delle Indicazioni Nazionali di quell'anno, non ha molti dubbi: il documento della Commissione Perla è un vero e proprio ritorno al passato. Fiorin non salva neppure il riferimento al concetto di persona e afferma: "Parlare di persona va benissimo, ma bisogna fare attenzione al contesto; in questo documento si dimentica che la persona è soprattutto relazione con l'altro e quindi richiama la solidarietà. Qui invece si parla di persona in senso puramente individualistico".

 


"Davanti a un bivio. Nuove indicazioni o vecchi programmi?". Iniziativa dell'associazione IRSEF IRFED in diretta streaming il 9 aprile dalle 16 alle 18

08.04.2025 15:54
Categoria: Comunicati Stampa, Formazione e Aggiornamento, Iniziative e manifestazioni, Riforma Sistema Scolastico

Si tiene mercoledì 9 apriledalle 16 alle 18, un incontro organizzato dall'associazione IRSEF IRFED, soggetto qualificato per l'aggiornamento e la formazione del personale della scuola, dedicato al tema delle Indicazioni Nazionali per la scuola dell'infanzia e del primo ciclo, su cui la commissione incaricata di procedere alla loro revisione ha svolto nei giorni scorsi un'audizione delle associazioni professionali e dei sindacati.

"Davanti a un bivio. Nuove indicazioni o vecchi programmi?" è il tema dell'incontro, che si svolge nella sede dell'associazione e sarà trasmesso in diretta streaming, al quale partecipano Silvana Loiero, già dirigente scolastica e direttrice della rivista La Vita  Scolastica, e Italo Fiorin, presidente della Scuola di Alta Formazione dell’Università LUMSA. Coordina Sabrina Boarelli, già dirigente tecnico e dirigente dell'USR Umbria.

In allegato è disponibile il testo delle osservazioni che IRSEF IRFED ha consegnato alla commissione dopo l'incontro di audizione con le associazioni professionali, svoltosi il 21 marzo scorso.

È possibile seguire i lavori direttamente su questa pagina o sul canale YouTube della CISL Scuola.

 


 

ANISN - Associazione Nazionale di Scienze Naturali ha  elaborato una serie di documenti che sono stati inviati al Ministero competente con una serie di osservazioni c he, se prese in considerazione, potrebbero migliorare i cambiamenti che il Ministero stesso ha elaborato.

 

Contributo ANISN alla revisione delle Indicazioni Nazionali

 Documenti ANISNLa nuova scuola Commenti disabilitati su Contributo ANISN alla revisione delle Indicazioni Nazionali

Apr242025

 

Con il DM 47/2024, il MIM ha nominato una Commissione incaricata di elaborare e formulare proposte per l’eventuale revisione delle […]

 Posted by Raffaele Sarnataro at 10:43

Dinosauri ed educazione scientifica

 Didattica & ProgettiDocumenti ANISN Commenti disabilitati su Dinosauri ed educazione scientifica

Mag202024

 

Il Ministro, intervistato nel corso della 22esima edizione della rassegna Direzione Nord, nella sede di Assolombarda a Milano, ha dichiarato […]

 Posted by Raffaele Sarnataro at 22:16

ANISN su DPR classi di concorso

 Documenti ANISNLa nuova scuola Commenti disabilitati su ANISN su DPR classi di concorso

Apr062016


 

 

SCUOLA: SI CAMBIA?

 

Considerazioni per avviare un dibattito aperto sul futuro dell'Educazione e sul ruolo delle Arti e della Musica

 

Mario Piatti

 

Docenti e pedagogisti a vari livelli — dalla Scuola Primaria ai Conservatori e alle Università insieme alle Associazioni del settore didattico-musicale — esprimono preoccupazione in merito alle recenti dichiarazioni del Ministro Valditara relative ad alcuni provvedimenti che dovrebbero riguardare le istituzioni scolastiche nel prossimo futuro. Il bisogno e l'urgenza di attivare uno scambio costruttivo e un confronto con coloro i quali condividono tale preoccupazione, ha fatto nascere il desiderio di proporre una discussione seria, concreta e trasversale di crescita culturale nel mondo dell'educazione e dell’istruzione, con un'apertura al territorio e al Terzo Settore. Questo documento rappresenta un primo passo in questa direzione: un invito a costruire connessioni, a raccogliere adesioni e a favorire una riflessione condivisa.

 

Un modello di scuola che non ci rappresenta

Le recenti dichiarazioni del Ministro hanno accentuato i nostri timori. L’impostazione generale data in questi anni (a partire dal nome e dai presunti “meriti”), i primi provvedimenti attuati (su tutti quello inerente la valutazione alla primaria e il ripristino del voto in condotta) e quanto recentemente anticipato sul prossimo futuro, preannunciano la volontà di promuovere una scuola trasmissiva, addestrativa e di stampo classista , lontana dai principi della nostra Costituzione e dai nostri riferimenti pedagogici: un luogo che deve essere democratico, pubblico e laico, accogliente, libero, egualitario, aperto a tutti e tutte, e colmo di bellezza. Ci preoccupa un Ministro che confonde autorità e autorevolezza e non considera e valorizza i principi pedagogici base della motivazione e della co-costruzione di responsabilità. Ci preoccupa un Ministro che invece che ragionare sui temi della complessità, propone singoli contenuti e strategie metodologiche, di per sé non negativi, quali la Bibbia, il latino o le ripetizioni mnemoniche, evidenziandone però le componenti di ritorno al passato. Ci preoccupa un Ministro che si interessa più del “cosa” che del “come” , ignorando l’art.33 della nostra Costituzione e la libertà d’insegnamento. Ci preoccupa una scuola che mette al centro la storia e la cultura occidentale e dell’Italia, senza tener conto di come tutte le culture e civiltà siano frutto di incontri e scambi, proprio nel momento in cui appare chiarissimo come non si potrà uscire dalla crisi in cui ci troviamo senza pensare e agire in un’ottica globale. Ci preoccupa un Ministro che fa finta di aprirsi al confronto per poi dare in mano a magister universitari scollegati dalla realtà scolastica quotidiana, a virtuosi musicisti o a neonate fondazioni private senza nessuna esperienza in merito, il futuro dell’educazione nel nostro Paese.

Ci preoccupa un paese in cui i soldi continuano a essere spesi per armamenti mentre l’istruzione rimane al fondo degli impegni economici prioritari, riservando gli investimenti all’area delle tecnologie, senza visioni programmatiche, concretezza e strutturalità.

 

Il valore delle Indicazioni Nazionali

Dal 2012 le Indicazioni Nazionali sostituiscono i vecchi programmi della scuola. La differenza non è solo terminologica. Con le Indicazioni si abbandona la logica prescrittiva dei contenuti obbligatori da trasmettere agli allievi a favore di una più larga visione della scuola intesa come luogo che prepara alla vita nella sua complessità fornendo occasioni di apprendimento secondo la logica delle competenze. Le Indicazioni Nazionali sono quindi un documento che in questo momento ci pare prezioso, da preservare, difendere e valorizzare. Un documento che, pur sempre migliorabile nella forma e nel contenuto, incoraggia i/le docenti a mettere gli studenti e le studentesse nelle condizioni di apprendere attraverso la pratica, per risolvere problemi a partire da conoscenze e abilità. La scuola delle Indicazioni è una scuola che crede che la conoscenza debba essere materia viva da usare per risolvere problemi, per generare e produrre nuova conoscenza, una scuola che fa ricerca e che dice basta alla “testa ben piena di nozioni” da apprendere a memoria e che lavora a favore dello sviluppo di una “testa ben fatta”, una scuola che tiene conto non solo delle menti, ma anche dei corpi, delle emozioni, dell’affettività. La finalità dell’educazione è quella di contribuire a formare uomini e donne capaci di operare scelte e per questo capaci di forza critica.

 

La musica a scuola tra proclami e realtà

Anche per quanto riguarda la “Musica” le Indicazioni Nazionali parlano di pratica corale e strumentale, di sviluppo della creatività, di ascolto consapevole e di sviluppo della musicalità e di come la musica, in concerto con le altre arti e gli altri linguaggi, promuova l’integrazione di componenti percettivo-motorie, cognitive, affettivo-sociali oltre a contribuire al benessere psico-fisico della persona. Temiamo che la mancanza di confronto con esperti qualificati porti a scelte politiche penalizzanti per il settore e a un netto allontanamento da quanto riconosciuto e teorizzato ormai da decenni nel campo della Pedagogia Musicale, sia per la Scuola dell’infanzia che per la Scuola primaria e secondaria. Nella scuola dell’infanzia e primaria quello che manca non sono nuove Indicazioni nazionali, ma la presenza di docenti che sappiano operare in modo coerente con i principi sopra esposti e adeguato alle relative fasce di età. Riguardo alla prospettiva di inserire la musica nella scuola secondaria di secondo grado è importante che non si intenda solo storia della musica classica occidentale, ma si promuovano anche gli altri generi. Inoltre, considerando la composizione sempre più multiculturale della popolazione scolastica, siano accolte anche le musiche colte e popolari di altre parti del mondo , aprendo ad una visione polifonica di tutte le musiche, unitamente ad approcci che non siano soltanto quelli afferenti alla disciplina della Storia, ma che coinvolgano metodologie pratiche ed espressive.

 

Formazione e aggiornamento

Non basta essere laureati, anche con il massimo dei voti, per essere buoni maestri; o essere musicisti, anche molto affermati, per poter essere insegnanti di musica efficaci. C’è bisogno di insegnanti ed educatori consapevoli e preparati che sappiano, in primis, fare innamorare le nuove generazioni delle strade aperte dalla scoperta e la curiosità, stimolare pensieri liberi e divergenti, ricercare bellezza condivisa e rispetto reciproco. C'è bisogno di predisporre percorsi formativi altamente qualificati che siano in grado di fornire solide basi teoriche, metodologiche e di pratica didattica. Riteniamo che sul tema della formazione iniziale degli insegnanti, sul reclutamento e sulla formazione e l’aggiornamento in servizio vadano rivisti criteri e contenuti, sostenendo le iniziative e le proposte che provengono anche dalle associazioni dei docenti e del Terzo Settore.

 

In conclusione

Ribadiamo la necessità di aprire un confronto con i protagonisti della Scuola, evitando decisioni calate dall’alto da commissioni scollegate dalle reali esigenze delle scuole, dalla storia e dalla pratica didattica. Paola Anselmi (docente Pedagogia e Associazione Internazionale Musica in Culla) Maria Grazia Bellìa (docente Pedagogia e OSI Orff-Schulwerk Italiano) Luca Dalmasso (Maestro) Checco Galtieri (insegnante, pres. OSI Orff-Schulwerk Italiano, direttore Scuola Popolare di Musica Donna Olimpia) Lorella Perugia (pres. Centro Studi di didattica musicale Roberto Goitre APS) Mario Piatti (Pedagogista. Centro Studi Maurizio Di Benedetto APS) Enrico Strobino (Insegnante in pensione, Centro Studi Maurizio Di Benedetto APS)

 

Elenco dei firmatari coinvolti in questa prima fase, che hanno letto e contribuito con osservazioni al documento e che hanno dato disponibilità a firmarlo in prima battuta. Maurizio Vitali (CSMDB) Gabriele Greggio (CSMDB) Matteo Frasca (CSMDB) Silvia Cornara (CSMDB) Maria Teresa Lietti (musicista) Elena Mignosi (Università di Palermo) Carlo Ridolfi (giornalista, operatore culturale indipendente) Ciro Paduano (formatore, vicepresidente OSI) Giuliana Pella (Scuola Popolare di Musica di Testaccio - pres. Forum Nazionale Educazione Musicale) Mariella Cattaruzza Dorigo (Educatrice e operatrice presso il Centro di Documentazione Servizi educativi e Infanzia di Roma Capitale) Daniele Biccirè (pres. SIEM Società Italiana per l’Educazione Musicale) Gino Auriuso (presidente Fed. It. Art. Federazione Italiana Artisti) Cecilia Amici (musicista) Paola Del Giudice Antonio Ascione Fabio Renato D’Ettorre (musicista, docente Conservatorio Aquila) Annibale Rebaudengo (già docente Pianoforte Conservatorio G. Verdi Milano) Giovanna Guardabasso (docente Pedagogia Conservatorio Bologna) Alessandra Anceschi (docente di Musica) Liliana Minutoli (docente Pedagogia Conservatorio Aquila) Alessandra Seggi (docente pedagogia Conservatorio Alessandria) Claudia Giunta, (docente Didattica della musica università "Carlo Bo" di Urbino) La classe di Didattica del Conservatorio di Catania: Giulia Arisco, Emanuela Canfarelli, Domenico Imprescia, Paolo Caldarella, Daniele Biondi, Vincenzo Mineo, Daniele Licciardello, Domenico Failla, Giovanni Distefano, Francesca Ortisi, Giacomo Di Noto, Federica Di Muni, Amedeo Falla, Marco Garofalo, Elena Fichera, Melania Marchese, l Formatori Certificati Orff-Schulwerk Italiano : Dario Balleggi (Napoli); Michele Cappelletti (Como); Emanuela De Bellis (Roma); Mascia Dionisi (Amelia TR); Federica Galletti (Roma),Alessandra Manti (Brindisi); Marzia Mencarelli (Roma); MIchela Miccio (Napoli); Gianni Petta (Piossasco TO); Barbara Rocatti (Piossasco TO); Paola Sacchetti (Pordenone); Flavia Tassi (Brescia)
Musicisti, performer, docenti e formatori del Centro Studi di didattica musicale Roberto Goitre : Francesca Boffito, Mariacaterina Bossù, Matteo Catalano, Alessandro Loi, Elisa Petruccelli, Antonella Rocca, Stefania Salvai, Eleonora Savini, Serena Taretto, Bruno Zanchetta, Francesca


 

 

 

LA MUSICA NELLE NUOVE INDICAZIONI NAZIONALI

 

da Forum Educazione Musicale | Apr 23, 2025 | Documenti del ForumFTS

 

 

Osservazioni del Forum Nazionale per l’Educazione Musicale

 

Interveniamo nel dibattito sulle Nuove Indicazioni Nazionali 2025 per l’infanzia e il primo ciclo con osservazioni critiche maturate da oltre quarant’anni di esperienza educativa e culturale. Pur accogliendo positivamente l’intento di rafforzare la musica nella scuola, esprimiamo preoccupazione per il cambio di paradigma che queste Indicazioni sembrano introdurre: un’impostazione più centralistica e prescrittiva che rischia di indebolire l’autonomia scolastica, penalizzare la pedagogia attiva, in favore di una visione più tradizionalista, e marginalizzare il ruolo del Terzo Settore musicale. Rinnoviamo quindi l’appello a un reale percorso di partecipazione e collaborazione tra istituzioni, scuola e territorio, a tutela del diritto all’educazione musicale per tutte e tutti.

 

 

Scarica qui il documento in pdf https://forumeducazionemusicale.it/wp-content/uploads/2025/04/Documento-Forum-su-Indicazioni-Nazionali-1.pdf oppure leggi a seguire

 

 

Premessa

 

Come Forum Nazionale per l’Educazione Musicale, che riunisce le principali associazioni e federazioni attive in Italia nella didattica musicale, partecipiamo all’acceso dibattito seguito alla pubblicazione delle Nuove Indicazioni Nazionali 2025 per la scuola dell’Infanzia e il primo ciclo dell’istruzione, offrendo il nostro contributo sotto forma di osservazioni e riflessioni critiche.

 

 

Pur riconoscendo l’intento positivo di potenziare l’educazione musicale nella scuola primaria riteniamo necessario esprimere le nostre perplessità Lo facciamo alla luce della lunga esperienza maturata nell’ambito della politica culturale ed educativa, fuori e dentro la scuola, e mossi dalla responsabilità di rappresentare una rete consolidata di soggetti che da decenni promuovono l’educazione musicale come diritto per tutte e tutti.

 

Continuiamo ad agire nello stesso spirito che animò il Protocollo d’Intesa siglato nel 2013 tra il Forum e il Ministero dell’Istruzione: un impegno congiunto volto a promuovere e monitorare attività di ricerca-azione per lo sviluppo dell’educazione musicale nelle scuole di ogni ordine e grado, e a sostenere il rinnovamento metodologico in ambito educativo e musicale.  

 

Per questo condividiamo le preoccupazioni espresse da numerose associazioni professionali di categoria, coordinamenti nazionali e istituti scolastici circa l’impossibilità di emendare il testo nei tempi e con le modalità di consultazione previste. Preoccupazioni acuite dalle recenti dichiarazioni ministeriali — come la creazione di un’orchestra selettiva nei licei musicali o l’avvio dell’accordo per la revisione dei libri di testo in vista dell’a.s. 2026/27 — che sembrano lasciare poco spazio a una reale partecipazione del mondo educativo.

 

 

Il contributo del Terzo Settore musicale alla scuola e all’educazione musicale

 

Da oltre quarant’anni, il Terzo Settore musicale ha contribuito in modo determinante allo sviluppo di pratiche educative efficaci, in linea con i principi della pedagogia attiva. Ha promosso modelli didattici innovativi che hanno generato un patrimonio vastissimo di contenuti e buone pratiche didattico-musicali per i diversi gradi scolastici.

 

In questo contesto, si sono sviluppate e consolidate numerose prassi di sussidiarietà con la scuola pubblica, in cui la presenza attiva e determinante di associazioni e scuole di musica è ormai un elemento strutturale.

 

Non solo per l’attività curricolare nelle classi, ma in ambito formativo per il personale della scuola.

 

Oltre ai numerosi interventi, sotto forma di osservazioni, suggerimenti, appelli e iniziative a sostegno delle famiglie, a supporto di questa collaborazione sono stati prodotti documenti ufficiali, frutto di percorsi condivisi, volti a ordinare, favorire e organizzare tale cooperazione.

 

2013. Linee d’indirizzo per l’intervento di Associazioni Musicali per attività di formazione musicale presso Istituzioni pubbliche, allegate alle linee guida del DM 8/11.

 

2017. Audizione in VII Commissione Senato sugli emendamenti relativi al Piano delle Arti: Riconoscimento del Terzo Settore come partner nella rete prevista dal Piano delle Arti

 

2021-22. Partecipazione e contributo al percorso svolto dalla Commissione dedicata alla definizione degli Orientamenti 0-3 e al Documento base delle Linee pedagogiche per il sistema integrato zerosei, attraverso le Considerazioni sul documento base “Orientamenti nazionali per i servizi educativi per l’infanzia”

 

Nonostante ciò, la normativa resta spesso disattesa o soggetta a interpretazioni variabili, con ostacoli come il principio della “rotazione” previsto dal Codice degli Appalti, che compromette la continuità didattica.

 

 

Sulle Nuove Indicazioni

 

Alla luce delle riflessioni emerse, evidenziamo alcune criticità delle Nuove Indicazioni Nazionali 2025 con particolare riferimento all’ambito musicale e ai capitoli relativi del testo.

 

Una visione che indebolisce l’autonomia scolastica

 

Le Nuove Indicazioni sembrano discostarsi profondamente dal quadro tracciato nel 2012, che aveva rappresentato un punto di riferimento condiviso per il mondo della scuola. In questi anni, le scuole hanno saputo interpretare e declinare quelle Indicazioni in coerenza con i bisogni delle proprie comunità educative, valorizzando l’autonomia scolastica e instaurando collaborazioni virtuose con realtà territoriali, tra cui quelle del Terzo Settore. La nuova impostazione rischia di compromettere questa autonomia, imponendo modelli rigidi e uniformanti nella definizione dei curricoli.

 

 

Una metodologia rigida e poco in sintonia con la pedagogia attiva

 

L’impostazione metodologica proposta riduce l’esperienza creativa, la progettualità aperta  – che ascolta e segue i processi di crescita individuali attraverso l’esperienza collettiva col suono –  in favore di percorsi predefiniti e strutturati, limitando l’espressione, la scoperta e l’autenticità dei processi musicali. Questa rigidità appare poco coerente con le dinamiche di apprendimento dei bambini dai 3 ai 10 anni ed è in contrasto con le evidenze consolidate della pedagogia attiva. In questo modo si rischia di compromettere la dimensione sperimentale e laboratoriale dell’educazione musicale, che rappresenta invece un caposaldo riconosciuto a livello nazionale e internazionale. Il sistema integrato zerosei ha inoltre ben evidenziato, grazie alla ricerca musicale e scientifica, l’autonomia musicale già presente in questa età e la necessità di ascoltarla e sostenerla invece che considerarla propedeutica alla disciplina.

 

Una visione monoculturale della musica

 

Le nuove Indicazioni propongono una visione della musica centrata quasi esclusivamente sul repertorio “classico” occidentale, trascurando la pluralità dei linguaggi musicali contemporanei, delle culture musicali del mondo e delle modalità alternative di trasmissione, come l’oralità, l’improvvisazione, le scritture non convenzionali e l’uso creativo delle tecnologie. Questa impostazione, limitata e anacronistica, rischia di compromettere la ricchezza dell’educazione musicale come esperienza interculturale, accessibile a tutte e tutti e pluralista. È fondamentale riconoscere la varietà musicale come una risorsa educativa e ripensare l’educazione musicale in coerenza con le pratiche pedagogiche attive riconosciute a livello internazionale e con le indicazioni UNESCO, valorizzando la molteplicità dei patrimoni sonori e le forme di apprendimento diffuse nella storia e nella contemporaneità.

 

L’assenza del Terzo Settore musicale

 

Le Nuove Indicazioni ignorano di fatto una realtà che da oltre quarant’anni opera stabilmente all’interno della scuola, contribuendo alla qualità dell’educazione musicale, sia in orario curricolare che nella formazione del personale docente.

 

Il Codice del Terzo Settore (D. Lgs 117/2017) ha riconosciuto formalmente il valore sociale degli enti del Terzo Settore, equiparandoli allo Stato nella promozione di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. Il decreto stabilisce le modalità di collaborazione tra Terzo Settore, istituzioni scolastiche e pubbliche amministrazioni. Tuttavia, le nuove Indicazioni sembrano ignorare tale cornice normativa, citando i partenariati territoriali esclusivamente in riferimento a “teatri, radio, accademie”, relegando “enti, associazioni culturali di categoria e luoghi d’arte” a un ruolo marginale.

 

In realtà, è proprio il Terzo Settore musicale che rappresenta una presenza concreta sul territorio: nelle scuole dell’infanzia e primarie, ha garantito continuità educativa, offerto percorsi di formazione di qualità, sostenuto la pedagogia attiva e le metodologie didattiche più aggiornate. Grazie a percorsi formativi specifici, ha inoltre accompagnato numerosi docenti nello sviluppo delle competenze musicali necessarie per lavorare con efficacia nella scuola.

 

dati raccolti negli ultimi due anni confermano la rilevanza di questa azione: solo le realtà associate al Forum hanno raggiunto lo scorso anno circa 5.000 classi – in particolare nei segmenti di Infanzia e Primaria – e coinvolto più di 8.000 insegnanti in percorsi di formazione e aggiornamento. Questo valore non è solo didattico, ma anche culturale e sociale: è nei territori che la musica si realizza quotidianamente, nei cori, nelle bande, nei grandi organici, nei progetti di inclusione, avvicinando i giovani alla pratica musicale, anche attraverso strumenti e repertori che raramente trovano spazio nei curricoli istituzionali.

 

Questa esperienza, costruita nel tempo con competenza e dedizione, rappresenta una risorsa preziosa per il miglioramento della qualità dell’educazione musicale. Gli strumenti ordinamentali per valorizzarla esistono: è ora di rendere operativa una piena sussidiarietà nel sistema scolastico, affinché la scuola possa riconoscere e integrare tutte le risorse pedagogiche a disposizione. È fondamentale mantenere e rafforzare la sinergia tra scuola e territorio, e perseguire con coerenza la strada dell’ascolto e della partecipazione civica su temi di rilevanza pubblica, quale il futuro della scuola e delle Indicazioni Nazionali. È necessario evitare centralizzazioni che potrebbero compromettere l’efficacia di ogni azione volta al rinnovamento e al miglioramento della scuola.

 

Per questo, raccomandiamo:

 

Al Ministero dell’Istruzione e del Merito e alla Commissione

 

Lavoro concertato per il potenziamento della musica nelle scuole

 

Si propone che il Ministero avvii un percorso collaborativo reale, coinvolgendo tutte le realtà attive sul territorio in modo continuativo, per rafforzare la sinergia tra scuola e territorio, valorizzando le esperienze condivise e le competenze già presenti nelle comunità educanti. L’obiettivo è realizzare un progetto organico, stabile e a lungo termine che potenzi l’educazione musicale nelle scuole, attraverso l’assegnazione di risorse dedicate.

 

Piano formativo per dirigenti e personale amministrativo

 

Si propone che il Ministero realizzi un piano formativo dedicato a dirigenti e personale amministrativo scolastico. Tale formazione deve focalizzarsi sulle modalità di co-programmazione e co-progettazione tra le scuole e l’associazionismo territoriale, in linea con il principio di sussidiarietà sancito dal Codice del Terzo Settore. L’obiettivo è facilitare una collaborazione più efficace e strutturata, affinché tutte le risorse educative vengano integrate nel progetto formativo complessivo.

 

Al Ministero dell’Università e della Ricerca

 

Formazione didattico-musicale per docenti

 

Si raccomanda al Ministero dell’Università e della Ricerca di integrare nei piani di studio per la formazione degli insegnanti della scuola dell’infanzia  e della primaria, una preparazione metodologica che, all’interno di un sistema di formazione integrato e riconosciuto, unisca le competenze dell’Afam a quelle dell’Università e del Terzo Settore, per arricchire i contenuti e le pratiche nei progetti di potenziamento musicale, garantendo una maggiore efficacia didattica.

 

Le associazioni del Forum Nazionale per l’Educazione Musicale:

 

AIdSM Associazione Italiana delle Scuole di Musica

 

AIGAM Associazione Italiana Gordon per l’Apprendimento Musicale

 

AIJD Associazione Italiana Jaques-Dalcroze

 

AIKEM Associazione Italiana Kodály per l’Educazione Musicale

 

AML Associazione Musical Garden

 

ANBIMA Associazione Nazionale Bande Italiane Musicali Autonome

 

AUDIATION Institute

 

CDpM Centro Didattico Produzione Musica

 

Centro Goitre Centro Studi di Didattica Musicale Roberto Goitre

 

CSMA Centro Studi Musica & Arte

 

FENIARCO Federazione Nazionale Italiana Associazioni Regionali Corali

 

IJVAS Il Jazz va a scuola

 

Musica in Culla Music in Crib associazione internazionale

 

Musica Nova

 

NpM Nati per la Musica

 

OSI Orff-Schulwerk Italiano

 

ISI Istituto Suzuki Italiano

 

SIEM Società Italiana per l’Educazione Musicale

 

SPMDO Scuola Popolare di Musica Donna Olimpia

 

SPMT Scuola Popolare di Musica Testaccio

 



Non lasciamo che Valditara scippi l’autonomia scolastica

 

Mario Maviglia


Si conclude un anno scolastico caratterizzato da un grande attivismo da parte del ministro Valditara che ha letteralmente imperversato sui social e sulla stampa (oltre che nelle sedi ufficiali) per imporre una sua idea di scuola basata su alcune caratteristiche così riassumibili:
- occorre invertire la rotta fin qui seguita e dare maggiore “serietà” alla scuola con interventi repressivi e autoritari per imporre ordine e disciplina (il decreto Caivano ne è un esempio, ma anche il continuo e demagogico richiamo alla “dignità” dei docenti da salvaguardare con interventi repressivi e sanzionatori nei confronti di studenti e famiglie.
Chissà perché non si parla mai di dare dignità al lavoro dei docenti equiparando i loro stipendi alla media UE...;
- questa inversione di rotta interessa in modo particolare le Nuove Indicazioni, fortemente orientate al passato e preoccupate di ristabilire un’idea di scuola vecchia e ammuffita, oltre che autoritaria;
- tutto ciò avviene invadendo continuamente l’autonomia scolastica e forzando la mano per orientare le scelte delle famiglie scavalcando le scuole.

È avvenuto con la martellante propaganda riguardante il Liceo Made in Italy e il 4+2 della filiera tecnico-professionale, come pure con la incomprensibile nota sui compiti a casa, e ancora con l’informazione riguardante il “Piano estate” inviata direttamente alle famiglie utilizzando i registri elettronici delle scuole e senza che dirigenti e docenti ne sapessero nulla.
Sono tutti segnali che vanno in un’unica direzione: il ministro non ha fiducia nei docenti e nei dirigenti e quindi detta lui la linea da seguire, anche su materie che afferiscono all’autonomia delle scuole.
È da presumere che questo attivismo proseguirà anche nel prossimo anno scolastico e dunque è necessario che dirigenti e docenti tengano ben presenti quali sono le loro prerogative in ordine all’autonomia scolastica, rammentando che, con la modifica del Tit. V della Costituzione, l’autonomia oggi assume rango costituzionale.
Questo presidio dovrà essere esercitato proprio partendo dalle prossime definitive Indicazioni Nazionali. In particolare, dirigenti e docenti dovranno tener presente che tocca al ministero definire gli Obiettivi generali del processo formativo e gli Obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni, ma spetta alle scuole determinare il curricolo tenendo conto “delle diverse esigenze formative degli alunni concretamente rilevate, della necessità di garantire efficaci azioni di continuità e di orientamento, delle esigenze e delle attese espresse dalle famiglie, dagli enti locali, dai contesti sociali, culturali ed economici del territorio” (art. 8DPR 275/1999). L’autonomia, infatti, ha segnato un “arretramento” dello Stato rispetto all’azione delle scuole, anche se Valditara sembra ignorare questo aspetto. Allora, è bene rammentargli che mentre lo Stato definisce gli Obiettivi generali e specifici relativi alle competenze degli allievi, alle istituzioni scolastiche spetta decidere in autonomia quali strategie, percorsi, contenuti e metodologie attivare perché gli studenti raggiungano quegli obiettivi.
Le Nuove Indicazioni 2025 (nella loro prima versione) quando suggeriscono, in relazione alle conoscenze da acquisire riguardo le “radici della cultura occidentale attraverso alcune grandi narrazioni”, testi come la Bibbia, l’Iliade, l’Odissea, l’Eneide (“in forma molto semplificata”), ciò va inteso nel senso di meri suggerimenti. Anche rispetto all’approccio da utilizzare nell’insegnamento della storia, quando le Nuove Indicazioni affermano: “Anziché mirare all’obiettivo, del tutto irrealistico, di formare ragazzi (o perfino bambini!) capaci di leggere e interpretare le fonti, per poi valutarle criticamente magari alla luce delle diverse interpretazioni storiografiche, è consigliabile percorrere una via diversa. E cioè un insegnamento/apprendimento della storia che metta al centro la sua dimensione narrativa in quanto racconto delle vicende umane nel tempo. La dimensione narrativa della storia è di per sé affascinante e tale deve restare nell’insegnamento, svincolato da qualsiasi nozionismo così come da un inutile ricorso a “grandi temi”, disancorati dall’effettiva conoscenza degli eventi”, è bene ricordare che compito dello Stato è quello di stabilire quali obiettivi generali e specifici si devono conseguire attraverso l’insegnamento della storia, mentre tocca ai docenti progettare le attività e le strategie ritenute più efficaci per conseguire tali obiettivi utilizzando eventualmente modalità narrative (come preferiscono gli esperti della Commissione) oppure modalità di altro tipo. E anche i testi da utilizzare - ça va sans dire – li scelgono i docenti, non li detta il ministro. È così che si esplica la libertà di insegnamento, altrimenti c’è il fondato rischio di fondare una “didattica di Stato”.

Quindi, non è compito del ministro dire ai docenti come si insegna la storia e quali approcci adottare, in quanto si tratta di un aspetto di tipo metodologico che rientra nella libertà d’insegnamento dei docenti e nella loro potestà di adottare approcci metodologici diversi per raggiungere i risultati previsti.

Anche gli “esempi di moduli interdisciplinari di apprendimento”, i “suggerimenti metodologico-didattici per i docenti” e i “suggerimenti di possibili ibridazioni tecnologiche”, sono da considerarsi semplici consigli verso i quali non vi è alcun vincolo di adozione da parte delle scuole.
Insomma, l’autonomia – come la libertà – non è data una volta per tutte, ma va difesa e ampliata giorno per giorno. E soprattutto va agita. Sulle materie di pertinenza delle scuole devono essere le stesse scuole a dire cosa e come fare: dirigenti e docenti hanno la professionalità e la maturità per decidere in autonomia, se vogliono proporsi come professionisti dell’educazione e dell’istruzione, altrimenti il ministro avrà ragione di considerarli impiegati statali con mansioni esecutive. A loro la scelta dove collocarsi.

 


 

IL PASSO INDIETRO DELLE NUOVE INDICAZIONI NAZIONALI NAZIONE E TALENTO

 

C’È QUALCOSA DI VECCHIO NELLE NUOVE INDICAZIONI

di Massimo Baldacci, pag. 4

TRADIZIONE E INNOVAZIONE:
INDICAZIONI DIDATTICHE PER UNA SCUOLA
ALL’ALTEZZA DELLE SFIDE CULTURALI DEL NOSTRO TEMPO

di Giuliano Franceschini, pag. 8
QUALE EQUITÀ E QUALE INCLUSIONE?
di Marianna Piccioli, pag. 17
NOI CREDEVAMO

di Beatrice Bramini, Nerina Vretenar e Alessia Barbagli, pag. 21
IL TRIONFO DELLA SMEMORATEZZA
a cura di Giovanna Zunino, pag. 28
NARRAZIONE IDENTITARIA
O RICERCA E RAGIONAMENTO CRITICO?
di Maria Laura Cornelli e Daniela Rosa, pag. 34
LA SOLUZIONE SBAGLIATA A PROBLEMI GIUSTI,

IL “CASO” DEL LATINO
di Rossella Iovino, pag. 38
LA VALUTAZIONE E I SUOI MODELLI di Salvatore Salzano, pag. 41