Sasso di Simone dal punto di vista delle Scienze della Terra
di Roberto Nannoni
Premessa
Sasso Simone e Simoncello sono due altopiani calcarei alti circa 1200 metri, situati sull’Appennino a cavallo tra Toscana e Marche, in prossimità di Sansepolcro (provincia di Arezzo) e di Pennabilli (provincia di Pesaro e Urbino).
I due rilievi fanno parte di una serie di creste montuose di natura argillitica, arenaceo-marnosa e calcarea di altezza fra 1000 e 1400 metri.
La zona di Sasso Simone, attualmente Riserva Naturale estesa per 1604 ettari, coperta di grandi boschi di cerro ed in buon stato di conservazione dal punto di vista bio-naturalistico, risulta interessante anche da quello geologico, mineralogico e palentologico, per alcuni rilevanti aspetti geomorfologici, per la presenza di minerali tipici delle formazioni argillose e di numerosi fossili in quelle calcaree.
In questa breve nota verranno evidenziati gli aspetti geologici, geomorfologici e mineralogici che meritano di essere osservati durante un’escursione a Sasso Simone.
Cenni geologici
Nella zona di Sestino (AR) affiora la Formazione Marnoso-Arenacea, costituita da un’alternanza di argilliti grigio chiare con bancate arenacee e marnose che, nei tagli dovuti all’erosione, formano ripide pareti. Avvicinandoci a Sasso Simone troviamo la Formazione delle Argilliti varicolori della Val Marecchia, risalenti a un periodo compreso fra il Cretaceo superiore e l’Eocene inferiore (110-50 milioni di anni fa), costituita da argille di colore grigio chiaro, con intercalate piccole bancate calcaree, formazioni carbonatiche, settori con argille violacee o nerastre per la presenza di manganese e argille rosso-giallastre per presenza di ferro.
In alcuni punti affiorano estese croste nero-violacee frammentate di calcari impregnati di manganese.
Sopra questa formazione si trovano le grandi placche calcaree fossilifere di Sasso Simone e Simoncello (appartenenti alla Formazione di San Marino), associate a una porzione più arenacea (attribuita alla Formazione di Monte Fumaiolo), sedimentate in un bacino marino poco profondo e sollevate durante la fase compressiva dell’Appennino nel Miocene Medio (15 milioni di anni fa).
Cenni geomorfologici
La geomorfologia dell’area di Sasso Simone, strettamente legata alla conformazione geolitologica delle Argilliti varicolori e della Formazione di San Marino, presenta alcuni fenomeni molto tipici che la rendono meritevole di una visita:
- calanchi molto estesi, profondi e variamente colorati nelle formazioni argillose che occupano una vasta area sotto Sasso Simone, dovuti al ruscellamento delle acque piovane su rocce fortemente erodibili.
- i due grandi “zatteroni” calcarei di Sasso Simone e Simoncello con piccoli altopiani sommitali, delimitati da pareti rocciose a picco, fino 100 metri di altezza, che costituiscono i resti di una estesa piattaforma, frammentatasi per l’erosione e la mobilità della Formazione delle argilliti che gli fanno da basamento. In particolare la parete sud di Sasso Simone e parte di quella ovest sono soggetti a continue frane di blocchi rocciosi anche di grandi dimensioni.
- il “fiume di roccia” costituito dai blocchi caduti dalla parete sud sulle argille sottostanti, che, data la plasticità ni queste nei periodi piovosi, scivolano lentamente per gravità verso valle, in direzione di Casa del Re. Un fenomeno geomorfologico di questo tipo è poco comune, derivando da una combinazione geologica particolare.
I minerali della zona di Sasso di Simone
Barite
BaSO4 - La barite è presente nella formazione delle argilliti varicolori in noduli subsferici, talvolta appiattiti con dimensioni mediamente tra 5 e 8 centimetri, costituiti da un aggregato di cristalli tabulari biancastri e traslucidi sulla superficie, che in sezione mostrano spesso una struttura fibroso-raggiata. Alcuni campioni sono visibili nel museo di Sestino.
Sferoidi di barite di diametro 6-7 cm tipo pietra fosforica di Bologna RN | Scodelle di calcite della zona di sasso Simone e sferoidi di barite al museo di Sestino VT |
Tali materiali sono piuttosto diffusi nell’Appennino Emiliano, in particolare nei calanchi del bolognese, dove furono scoperti per la prima volta nel 1602, noti per la caratteristica di divenire fosforescenti per riscaldamento, tanto da essere chiamati “pietra fosforica di Bologna”. Il mistero di questa fosforescenza (termoluminescenza), dopo le varie ricerche e ipotesi degli antichi alchimisti, è stato sufficientemente chiarito dalla chimica moderna come un processo di riduzione dovuto all’alta temperatura che trasforma la porzione superficiale della barite da solfato a solfuro di bario, che, in particolare quando contiene impurità, è fosforescente. Alcuni degli sferoidi della zona di Sasso Simone tuttavia mostrano delle caratteristiche chimiche e fisiche non coincidenti esattamente con quelle della barite.
Calcite
CaCO3 - Nelle formazioni e bancate calcaree la calcite, anche se non molto diffusa, è presente in cristalli romboedrici biancastri di dimensioni centimetriche che riempiono le fessure e le cavità della roccia. Nelle formazioni argillose è invece molto comune sotto forma di lastre e croste di spessore da 1 a 4 cm, traslucide e di colore grigiastro, con fibrosità perpendicolare al piano di lastra.
Meno comuni e più interessanti sono le “scodelle di calcite” (v. figura precedente), formazioni scutelliformi di dimensioni generalmente da 3 a 5-7 cm, di vario spessore, convesse o appiattite, con rugosità concentriche sulle due superfici, di colore grigiastro con fibrosità perpendicolare all’asse di simmetria.
Scodella di calcite dal lato concavo RN | Scodella di calcite dal lato convesso RN | Piccole scodelle di calcite lato concavo RN |
A causa di questa fibrosità, le scodelle venivano ritenute di aragonite, anche se attualmente si pensa che si tratti di una paramorfosi di calcite su aragonite. “Scodelle” simili, anche di dimensioni fino ad alcuni decimetri, sono diffuse in molte delle formazioni argilloscistose dell’Appennino emiliano, toscano e marchigiano e del subappennino toscano. Nella zona di Sasso Simone sono presenti inoltre formazioni calcitiche subsferiche, di colore giallastro, con rugosità molto pronunciate e irregolari.
Limonite
- Idrossidi di ferro in forma terrosa - detti genericamente limonite - sono presenti in ammassi allungati di colore rosso-giallastro, formatisi là dove le argille grigie erano più ricche di solfuri di ferro ossidati successivamente in zona superficiale.
Limonite, riferibile prevalentemente a Goethite - FeO(OH) - , è presente anche sotto forma di incrostazioni di colore bruno scuro molto lucenti, più o meno superficiali, che, in alcuni casi, si spingono fino alla sostituzione totale (pseudomorfosi) su cristalli di pirite o di marcasite.
Marcasite
FeS2 - Questo minerale, a cui venivano riferiti i solfuri di ferro presenti nelle formazioni argillose e argilloscistose dell’appennino, sembra attualmente meno comune e sostanzialmente contenuta soltanto dalla pirite in porzioni fibroso-raggiate o microcristalline.
Ossidi di Manganese
- Ossidi e idrossidi di manganese in forma terrosa sono frequenti come bancate o vene, visibili anche a distanza, di colore violaceo intenso o grigio nerastro, nelle formazioni argillose. Interessanti e diffusi sono anche crostoni appiattiti, frammentati dall’escursione termica e dai movimenti del suolo, spessi generalmente pochi centimetri, di un materiale nero-violaceo, costituiti dall’impregnazione di bancate calcaree da parte di fluidi ricchi di manganese. Tali materiali sono debolmente attaccati dall’acido cloridrico ed hanno una densità intorno a 3,7, compatibile con quella dei più comuni ossidi di manganese intimamente commisti con una matrice calcarea.
Tipico aspetto di un crostone di ossidi di manganese frammentato di colore nero-violaceo semimetallico VT |
Pirite
FeS2 - La pirite, non molto diffusa, è presente nelle formazioni argillose e calcaree della zona di Sasso Simone, come attestano alcuni bei campioni in mostra nel Museo di Sestino. La pirite si presenta in cristalli di forma cubottaedrica con prevalenza del cubo, aggregati in sferoidi isolati o appiattiti su matrice calcarea. Talvolta i cubi hanno facce distorte ed angoli diversi da 90°, per cui venivano considerati cristalli di marcasite. La pirite si forma durante la diagenesi dei sedimenti per riduzione dei vari composti di ferro presenti nelle rocce, quando l’ambiente in cui si trovano diventa fortemente riducente. Una volta arrivata in superficie, in ambiente ossidante, la pirite si ossida formando patine lucenti bruno scure di limonite che, come già detto, talvolta sostituisce completamente la pirite formando una pseudomorfosi.
Aggregati sferoidali di pirite a piccoli cristalli pseudocubici su calcare provenienti dalla zona di Sasso Simone RN |
Foto
RN Roberto Nannoni
VT Vincenzo Terreni