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Il dolor di denti? Colpa del Verme Odontalgico!

Il dolor di denti? Colpa del Verme Odontalgico!

di Nicola Perrini

 

La causa della carie e delle odontalgie è stata attribuita, già dagli albori della civiltà, ad un particolare animaletto:

il “Verme Odontalgico”.

Il verme fa la sua comparsa, per le prima volta, in una tavoletta di argilla scoperta negli scavi di quella che si pensava fosse la biblioteca reale di Babilonia:

 

Dopo che Anu (ebbe creato il cielo)

La terra creò i fiumi,

I fiumi crearono i canali,

I canali crearono la palude,

La palude creò il verme.

Il verme si presentò piangente, a Shamash,

Le sue lacrime scorrendo davanti a Ea:

Che cosa mi darai per cibo?

Che cosa mi darai da succhiare?

Io ti darò il fico maturo e lalbicocca

Che cosa ne farò del fico maturo e dellalbicocca

Sollevami, e fammi abitare

Tra i denti e le gengive!

Succhierò il sangue dei denti,

Rosicchierò le radici della gengiva!


(Da Walter Hoffmann-Axthelm)

 

Dal momento della sua creazione, il verme attraversa tutte le antiche civiltà del bacino mediterraneo, per approdare, tramite la cultura greca, a Roma. Aulo Cornelio Celso nel suo De medicina suggerisce numerosi rimedi per le odontalgie senza mai menzionare il verme odontalgico, invece un altro importante medico romano dello stesso periodo, Scribonio Largo, medico dell’imperatore Claudio, accredita il verme odontalgico quale causa della carie dentaria e suggerisce la procedura per eliminarlo.

Sono adatti contro il mal di denti i suffumigi fatti con i semi di Jusquiamo (Hyoscyamus niger) sparsi sul carbone ardente, questi devono essere poi seguiti da sciacqui della bocca con acqua calda; in questa maniera, se i vermi sono presenti, vengono espulsi.

 

 

Suffumigi di Jusquamo su carbone ardente
Suffumigi di Jusquamo su carbone ardente

 

 

Dopo la caduta dell’Impero romano d’occidente (476 d.C. circa), la cultura bizantina non apportò alcun progresso in ambito medico e scientifico in genere contribuendo solo a tramandare le cognizioni greco-romane. Uno dei più importanti medici bizantini, Paolo da Egina (625-690), riprende i suggerimenti di Celso soffermandosi sui presidi igienici della bocca e dei denti.

Dopo Paolo da Egina non si rinvengono più descrizioni di trattamenti odontoiatrici.

A cavallo dell’anno Mille nella piccola Repubblica marinara di Salerno cominciò a formarsi una scuola medica indipendente che, sintetizzando le conoscenze greche, latine, ebraiche e soprattutto arabe e mettendo in discussione i dettami medievali, cercava di creare un modo nuovo di approccio alle malattie.

Purtroppo la nuova impostazione non teneva conto della resistenza del verme odontalgico che, nel frattempo, si era ben radicato in tutti gli strati sociali del tempo.

Ruggero da Parma crede che la carie dentaria sia causata da vermi (si fuerit ibi vermes), mentre Trotula ritiene che i vermi si sviluppino nelle cavità putrefatte dei denti (vermes in dentibus procreantur in concavitate eorum putrefacte).

Circa il verme odontalgico ritroviamo negli scritti della Scuola Salernitana uno schema terapeutico, già noto ai romani, e destinato a durare nel tempo: “Abbrucerai col Jusquiamo il grano del porro, e il fumo poi nei guasti denti di ricever procura, e sarai sano“. Per la cura, Ruggiero consiglia di allontanare prima i vermi mediante il fumo dei semi di Josciamo bruciati in un braciere, e successivamente introdurre nella cavità cariosa un cauterio rovente, sino in profondità (ferro candente foramen usque profundo loco dentis penetrare debit).

L’ormai mitico verme dei denti sarà incolpato ancora per secoli del mal di denti ed il dolore intermittente era dovuto ai movimenti spasmodici del verme. Complicate prescrizioni di liquidi erano applicate a gocce sul dente dolente per uccidere il verme, per esempio Pietro d’Argellato consigliava di detergere i denti cariati, come consigliavano i medici arabi, con l’Aqua fortis (acido nitrico), ed otturarli, poi, con cera o mastice. Il miglioramento che seguiva a queste tecniche era dovuto alla distruzione dei nervi della polpa dentaria e non alla morte dei vermi. Solo Avicenna parla di trapanazione dei denti malati per dare sfogo agli umori formatisi in seguito ad una infiammazione.

 

 

I "vermi odontalgici"
I "vermi odontalgici"

 

 

Nel 1547 il medico Andrew Boorde o Borde (1490–1549) pubblicò un Breviarie of Helthe (Breviario di sanità) nel quale, riguardo alle odontalgie, raccomandava ai pazienti di inalare i fumi dei semi di giusquiamo bruciati stando chinati su di una bacinella d’acqua. I vermi, storditi dal fumo, cadevano nell’acqua, “e allora voi potete afferrarli… e ucciderli schiacciandoli tra le unghie”. Nel 1684 Théofile Bonet (1620-1689), il medico svizzero precursore di Giovanni Battista Morgagni, nell’opera Medicina Septentrionalis collatitia dedica molto spazio al verme odontalgico ed è interessante la descrizione: “Un fuoco di pruni penetrò nella bocca, immediatamente oltre cinquanta vermi uscirono dalla cavità del dente, bianchi ed oltremodo esili e torcendosi morirono”. Nel 1757 Jacob Christian Schaffer (1718-1790) fa una immaginaria accurata descrizione delle diverse specie di vermi e rigetta con decisione la teoria dei vermi come agenti causali della carie.

 

 

Scultura in avorio di un verme dentario che dovora un uomo
Scultura in avorio di un verme dentario che divora un uomo

 

 

La credenza dell’esistenza del verme trovò ampia diffusione nella cultura popolare, tanto che furono messi a punto numerosi presidi per combattere e distruggere questa calamità. Verso il 1870 un artista francese originario del sud della Francia rappresenta queste credenze in una piccola scultura d’avorio diventata famosa. In un molare umano di circa 5 cm si vede nella metà di sinistra il verme dentario mentre divora un uomo, nella metà di destra la intensità del dolore dei denti è paragonata alle fiamme dell’inferno. Nel 1802 Valeriano Brera, professore a Pavia, pubblica un trattato in due volumi, Lezioni medico pratiche sopra i principali vermi del corpo umano vivente e le così dette Malattie verminose, nei quali i “vermi odontalgici” vengono totalmente ignorati. Questo dimostra la dicotomia ancora esistente nell’800 tra la cultura medica e quella odontoiatrica.

L’immortalità del “verme” giunge fino al 1800: nel 1803 Carl Friedrich Angermann (1770-1834) ne mostra una dettagliatissima descrizione. Stupisce molto vedere la sopravvivenza di concezioni della preistoria della civiltà ancora nell’800 quando le tecniche di indagine microscopiche erano già efficaci.

 

Nicola Perrini, Brunella Danesi