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Romantica e micidiale: la tubercolosi o tisi o anche “mal di petto”

 

Bacilli di Koch (fucsia) in tessuto (blu), colorazione di Ziehl-Neelsen.  

Romantica e micidiale: la tubercolosi o tisi o anche “mal di petto”

 

Luciano Luciani

 

Nella Firenze della prima metà del XV secolo le malattie polmonari e il catarro, - definizioni generiche che indicano presumibilmente la tubercolosi - determinano la morte di 80 fiorentini su 4650, soprattutto donne, soprattutto giovani. Una percentuale molto alta. Tosse secca, perdita di peso e sensazione di stanchezza, emottisi, narici affilate, colorito livido, rossore dei pomelli, febbre non troppo elevata, di solito la sera e accompagnata da brividi e sudorazioni: fin dall'antichità greco-romana era sempre stata stata precisa e dettagliata la descrizione dei sintomi e dell'aspetto del malato. Incerta, invece, l'eziologia della malattia, contrastata nel corso dei secoli facendo ricorso a una estrema varietà di rimedi, rivelatisi di volta in volta tutti inutili: salassi, purghe, moto e/o riposo, corse a cavallo, sanatori in montagna e soggiorni al mare, creosoto, olio di fegato di merluzzo, arsenico, interruzioni del nervo frenico, operazioni al torace, immissione di aria nei polmoni o nell'addome, piombature di paraffina...

 

La tubercolosi prima e dopo il dottor Koch

 

Nell'Ottocento sotto il nome di tisi, mal sottile, o “mal di petto”, la tubercolosi costituì il morbo del secolo, portando a morte, tra gli altri, letterati come Novalis, Alfred de Musset, forse Giacomo Leopardi, di sicuro il toscano Giuseppe Giusti., il romano Sergio Corazzini, il torinese Guido Gozzano. Muoiono di tisi Paolina Bonaparte Borghese, il poeta inglese Keats, il romanziere sempre inglese R. L. Stevenson, le sorelle Bronte, Elisabeth Barret, Katherine Mansfield, Santa Teresa  di Lisieux o del Bambin Gesù... Più fortunato, invece, il poeta e letterato tedesco Wolfgang Goethe, che, dato per spacciato a causa della Tbc appena uscito dall'adolescenza, visse invece fino a 83 anni! Pagano, poi, il loro prezzo a questa malattia musicisti come Chopin, Mozart, Pergolesi, Grieg, Catalani, un'attrice come Eleonora Duse per limitarci solo ai personaggi più famosi.

Malattia romantica per eccellenza la tubercolosi si alimentava oltre che dei vecchi guasti sociali anche di quelli della recente rivoluzione industriale: l'urbanesimo e i suoi mali, lo sfruttamento in fabbrica della classe operaia, gli orari di lavoro interminabili, le donne e i fanciulli schiavizzati giorno e notte alle macchine in ambienti insalubri.

La natura esatta della Tbc rimase sconosciuta fino a quando Robert Koch (1843-1910), un medico e batteriologo tedesco, riuscì a isolarne il bacillo, attraverso un percorso di ricerca durato qualche anno: il Mycobacterium tubercolosis, detto appunto “bacillo di Koch”. Modesto medico condotto, ma laureatosi presso la prestigiosa università di Berlino, Koch si era interessato a un'epidemia di carbonchio che nel 1876 aveva colpito la Slesia. Individuato nella milza dei bovini infetti il batterio specifico che l'aveva causata, era riuscito a trasferirlo nelle cavie, trasportando l'infezione da topo a topo e recuperando alla fine gli stessi bacilli. Il medico tedesco apprese a coltivare i batteri all'esterno dell'organismo vivente, usando siero di sangue a temperatura corporea e quindi imparò a fare uso di mezzi solidi: gelatina o un carboidrato complesso chiamato agar agar, estratto dalle alghe marine. I batteri, coltivati in questi ambienti, perdevano in mobilità e se si trovavano isolati, attraverso divisioni successive, davano origine a un gruppo di discendenti senza incrociarsi con varietà esterne. I batteri potevano poi essere trasmessi agli animali per  avviare nuove colture con la certezza di lavorare solo con una particolare varietà. Koch, insomma, dava applicazione pratica alla teoria dei germi patogeni elaborata da Luis Pasteur, chimico e biologo francese (1822-1895), nel corso degli anni Cinquanta e Sessanta del XIX secolo, dimostrando come essi potessero essere isolati e quindi usati per riprodurre la malattia e individuare le necessarie forme di prevenzione o di cura. Alcuni anni più tardi il medico tedesco riuscì a isolare il batterio che causava la tubercolosi: era il 1882. Koch credette di ottenere la guarigione dal “mal di petto” iniettando sotto la pelle un estratto glicerolato di colture tubercolari riscaldate, che fu da lui chiamato “tubercolina” e dall'opinione pubblica “linfa di Koch”: I risultati, però, furono deludenti e alla fine dell'Ottocento la tisi uccideva ancora oltre 90.000 persone l'anno nella sola Prussia, 15.000 a Parigi.

Per arrivare a medicine capaci di inibire il Mycobacterium tubercolosis l'umanità sofferente dovrà attendere ancora qualche decennio.