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I sinonimi in botanica: quando uno non vale uno

 

Zantedeschia aethiopica

I sinonimi in botanica: quando uno non vale uno

 

Silvia Fogliato

 

Nel linguaggio comune, il termine “sinonimo” indica due o più parole che hanno lo stesso significato, tanto che possono essere usati l’uno al posto dell’altro, almeno in certi contesti: “Mia sorella Anna ha una bambina. / Mia sorella Anna ha una bimba”; “Ho agito in modo sciocco. / Ho agito in maniera stupida”.

Non è così nel linguaggio della botanica (e della zoologia). Come già sappiamo, ogni taxon (ovvero ogni entità: genere, specie, sottospecie, varietà, forma) deve essere designato da un unico nome, pubblicato secondo le regole e uguale per tutti. Eppure succede molto spesso che, per varie ragioni, nella sua storia al medesimo organismo siano state assegnate più di una denominazione, a volte anche molte. E qui entra in scena il concetto di sinonimo.

Nella nomenclatura scientifica, un sinonimo è un nome che viene usato per designare una data entità (un taxon) il cui nome accettato è un altro. Ad esempio, Linneo (1753) chiamò Calla aethiopica una rizomatosa sudafricana, assegnandola allo stesso genere della nostra calla europea, Calla palustris; nel 1827 il botanico tedesco Curt Sprengel, sulla base di varie caratteristiche morfologiche, capì che andava assegnata a un genere proprio, e la rinominò Zantedeschia aethiopica. Le sue conclusioni sono state confermate dagli studiosi successivi, e oggi Zantedeschia aethiopica (L.) Spreng. è nome accettato, mentre Calla aethiopica L. è sinonimo.

Dunque, non possiamo usare una denominazione piuttosto che l’altra a piacere, magari adottando quella che ricordiamo meglio o ci è più familiare; nome accettato e sinonimo non sono equivalenti, qui uno non vale uno. Ogni taxon ha un solo nome corretto, quello accettato dalla comunità scientifica in base alle regole stabilite dai Codici internazionali della nomenclatura di zoologia e botanica (cui si è aggiunto, più di recente, quello dei batteri).

 

Ma i sinonimi assolvono una funzione importantissima: sono la memoria storica del percorso di conoscenza, con tutte le sue approssimazioni, i punti di vista diversi, i ripensamenti, le correzioni successive.  Così capita che un sinonimo, affinando la conoscenza, venga “ripescato” e divenga a sua volta nome accettato.

Facciamo anche qui un esempio. Nel 1753, il solito Linneo assegnò al genere europeo Fumaria una specie siberiana segnalata da uno dei suoi corrispondenti russi, il principe Demidov. La pianta entrò così nella storia della botanica con il nome Fumaria spectabilis L. Nel 1833 il botanico tedesco Johann Jacob Bernhardi segregò da Fumaria alcune specie, creando per lo loro il genere Dicentra (“con un doppio sperone”) al quale, qualche anno dopo, nel 1847, il francese Charles Lemaire assegnò la nostra pianta, che divenne così Dicentra spectabilis (L.) Lem.  E così continuò a chiamarsi fino a poco tempo fa, ma non per tutti.

C’era infatti un guastafeste, il grande tassonomista Stephan Endlicher, che capì che molte caratteristiche differenziavano questa specie dalle altre. Grande botanico, eccellente grecista, ma privo di orecchio musicale, creò così il cacofonico Lamprocapnos “fumo brillante”, anche se si accontentò di pubblicarlo come genere, senza usarlo in una combinazione specifica. Per la maggioranza dei suoi colleghi (ci furono anche altre proposte, ma semplifichiamo) la sua denominazione Lamprocapnos Endl. era un sinonimo, un doppione non necessario, di Dicentra Bernh. 

 

Dicentra spectabilis (L.) Lem.  Stephan Endlicher    

Ma nel 1997 arrivano i nostri sotto le spoglie del botanico giapponese Fukuhara Tatsundo, forse il massimo esperto mondiale di Papaveraceae, il quale capì, anche in base ai nuovi dati molecolari, che aveva proprio ragione Endlicher: e così la nostra pianta è diventata Lamprocapnos spectabilis (L.) Fukuhara. Il nome di Endlicher c’era, era pubblicato in modo valido, e per la regola della priorità, per brutto che fosse, Fukuhara doveva usare quello. La denominazione stabilita da Fukuhara è il nome accettato, la vecchia denominazione di Lemaire è ridotta a sinonimo.

Avrete notato che in tutta questa storia un elemento non è mai cambiato: il nome specifico coniato da Linneo, spectabilis. Infatti, come già abbiamo visto in un precedente articolo, quando una specie viene spostata da un genere all’altro, il nome specifico rimane inalterato (a meno che sia già occupato, creando un’omonimia): il sinonimo da cui si ricava il nome specifico ha dunque uno status tutto particolare, ed è detto basionimo.

Con questo esempio, penso sia adesso chiaro perché in botanica (e in zoologia) i sinonimi hanno un ruolo importante. Ma indicarli è assai utile anche per noi profani, come dimostra proprio il caso di Lamprocapnos spectabilis. Si tratta di una pianta ornamentale importante, che è stata conosciuta per decenni con il vecchio nome, quello familiare a tutti, quello con cui è indicata nei libri del passato (e talvolta anche del presente), tanto che molto spesso viene chiamata, oltre che con il nome volgare “cuore di Maria”, Dicentra tout court. Dunque è molto utile conoscere entrambi i nomi, indicandoli nel modo seguente: Lamprocapnos spectabilis (L.) Fukuhara (sin. Dicentra spectabilis (L.) Lem.).