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Tra Sicilia e Calabria, l'evento più catastrofico del XX secolo

 

 110 anni fa

  

Reggio Calabria e Messina dopo il terremoto e tsunami del 1908

 

Tra Sicilia e Calabria,  l'evento più catastrofico del XX secolo

 

Luciano Luciani

 

Il terremoto del 28 dicembre 1908 compreso nell'area dello antico stretto di Scilla e Cariddi è considerato uno degli eventi più catastrofici del XX secolo: in 37 secondi colpì gravemente le città di Messina e Reggio, uccidendo metà degli abitanti della città siciliana e un terzo della calabrese. A memoria d'uomo è il più grave disastro naturale europeo per numero di vittime e quello di maggiori dimensioni che abbia colpito il territorio italiano in tempi storici.

Erano le 5.20.27 di quel tragico lunedì, quando un terremoto di magnitudo 7,2 Mw si abbatté sullo stretto, annichilendo Messina e Reggio. Uno dei più potenti sismi della storia italiana aveva colto la popolazione nel sonno, interrotto tutte le vie di comunicazione - strade, ferrovie, tranvie, telegrafo, telefono - danneggiato i cavi elettrici, le tubazioni del gas e sospesa l'illuminazione stradale fino a Villa San Giovanni e a Palmi. Con l'aggiunta di un maremoto, l'evento devastò Messina, ne distrusse completamente il tessuto urbano e causò il crollo del 90% degli edifici: case d'abitazioni, edifici pubblici civili ed ecclesiastici, infrastrutture... Poche le costruzioni che resistettero: secondo i dati del Ministero dei Lavori Pubblici soltanto due case risultarono illese. Tutte le altre crollarono totalmente o ne rimasero in piedi solo le pareti esterne, mentre collassarono tetti, solai, muri divisori e scale. In questo quadro di generale collasso, gli effetti più catastrofici si ebbero nei quartieri antichi e più bassi della zona centrale della città, fondati su terreni alluvionali poco stabili e dove la qualità del patrimonio edilizio era generalmente pessima. Meno disastrose le conseguenze nella parte alta e più periferica della città: qui gli edifici erano fondati su terreni più stabili e compatti.

In Calabria il terremoto ebbe effetti distruttivi in un’area molto più estesa di quella siciliana, comprendente tutto il versante occidentale del massiccio dell’Aspromonte. In molte località, poi, i danni del 1908 si sovrapposero a quelli non adeguatamente riparati causati dai precedenti terremoti del 1894, 1905 e 1907. Oltre che a Reggio Calabria, la scossa fu disastrosa in diversi altri importanti centri abitati: Sant’Alessio in Aspromonte, Sant’Eufemia in Aspromonte, Villa San Giovanni, e in tutte le località della costa, a nord e a sud di Reggio, rimaste poi devastate anche dallo tsunami che tenne dietro alla scossa. A Reggio le distruzioni risultarono estese per l’80% degli edifici. Anche in questo caso, la catastrofe fu causata non solo dall’estrema violenza della scossa, ma anche da fattori di debolezza strutturale dell’edilizia urbana. Tutta la parte bassa della città vicina al mare era infatti fondata su terreni alluvionali poco consistenti.

 Le condizioni statiche degli edifici erano in genere scadenti per la cattiva qualità dei materiali utilizzati e per la scarsa manutenzione. Il crollo della caserma Mezzacapo di Reggio Calabria, in cui morirono oltre 270 militari, fu indicato da tutti gli osservatori dell’epoca come emblematico della pessima costruzione degli edifici, anche quelli pubblici. I muri di questo grande fabbricato a due piani risultarono infatti costruiti con grossi ciottoli e frammenti di mattoni, legati da cemento con scarsa calce e molta sabbia terrosa; i soffitti erano sostenuti da travicelli di sezione troppo sottile e poco incastrati nei muri di sostegno. A Messina e a Reggio Calabria fu quasi azzerato il patrimonio storico-monumentale. La scomparsa di chiese, monasteri e palazzi, distrutti o demoliti dopo il terremoto, cancellò del tutto le specificità urbanistico-territoriali stratificatesi nel corso dei secoli e dei millenni delle due città che persero così anche la loro anima profonda. 

La scossa fu percepita in un’area vastissima: in direzione nord fino all’isola d’Ischia e alla provincia di Campobasso; verso est fino al Montenegro, all’Albania e alle isole Ionie della Grecia; in direzione sud fino all’arcipelago maltese; a ovest fino a Ustica e ad alcune località della provincia di Trapani. Segnalato dai testimoni da 5 a 10 minuti dopo il terremoto, anche il maremoto risultò di violenza straordinaria e devastò entrambe le coste dello Stretto. Sulla costa orientale della Sicilia l’altezza massima delle onde fu compresa tra 6 e 9.50 metri circa e fu rilevata nel tratto compreso tra la foce della fiumara Portalegni, subito a sud del porto di Messina, e Giardini Naxos, con una punta estrema di 11.70 metri a Sant’Alessio Siculo. Più a sud, fino a Capo Passero, l’altezza delle onde decrebbe progressivamente, ma fu comunque notevole fino a Ognina, oggi quartiere periferico di Catania, dove raggiunse i 5 metri. Nel porto di Messina l’altezza delle onde non superò i 3 metri. Sulla costa settentrionale della Sicilia, il maremoto fu meno sensibile e l’altezza fu sempre minore a un metro.

Sulla costa calabrese l’altezza massima delle onde fu compresa tra i 6 e gli 11 metri nel tratto da Gallico Marina a Lazzaro, con un massimo di circa 13 metri rilevato in un punto poco a sud del paese di Pellaro. A nord di quest’area, il maremoto ebbe dimensioni ancora rilevanti sulle coste reggine dello Stretto fino alla Punta Pezzo, e fu invece molto ridotto lungo il litorale tirrenico della Calabria. Anche verso sud, tra Capo dell’Armi e Capo Spartivento, e lungo tutta la costa ionica calabrese, le onde di maremoto furono progressivamente meno alte e violente, In alcune delle località il maremoto aggravò enormemente le distruzioni causate dal terremoto e fece molte vittime tra le persone scampate ai crolli. In questi paesi le devastazioni furono dovute alla posizione degli abitati edificati a breve distanza da basse spiagge sabbiose. Fu misurato un abbassamento del suolo della parte bassa di Messina; un fenomeno simile fu osservato anche a Reggio Calabria e a Villa San Giovanni. Notevoli variazioni della linea di costa furono riscontrate in numerose località calabresi, dove il terremoto e il maremoto accelerarono la lenta immersione del litorale già in atto. Presso Pellaro la costa arretrò in alcuni punti di 50 m circa; a Gallico Marina la spiaggia perse 10 m di larghezza. In un’area molto vasta della Calabria e della Sicilia il terremoto attivò frane, smottamenti e si aprirono spaccature nel suolo.

Il mancato recupero di molti cadaveri, rimasti sepolti sotto le macerie o trascinati in mare a causa del maremoto, i flussi migratori conseguenti, la perdita dei registri di stato civile, non consentirono di stabilire con precisione il numero complessivo dei morti. Si può tuttavia affermare che il terremoto del 1908 costituì un episodio di mortalità catastrofica: la stima più accreditata valuta infatti le vittime in tutta l’area colpita tra le 90.000 e le 120.000.

 

 

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera Terremoto di Messina del 1908 
 
Testo e 25 foto d'epoca