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E GIOVE COME LO FACCIAMO?

E GIOVE COME LO FACCIAMO?                                       Classe quinta


Costruire un modello del sistema solare: un percorso fra Scienze e Matematica che non trascura la manualità            

 

Maria Castelli  

 

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Eclissi, comete, stelle cadenti, asteroidi, satelliti artificiali, stazione spaziale ISS, big bang, anni luce, aurore boreali, buchi neri, fasi lunari, tempeste magnetiche, galassie, attrazione gravitazionale: sono soltanto alcuni fra gli argomenti di astronomia che catturano la curiosità e sollecitano l’immaginazione dei bambini, facendo nascere domande a non finire, insieme a grovigli di problemi.

Conversare su questi temi con bambini nell’età della scuola Primaria significa inoltrarsi in discorsi che richiedono strategie di pensiero e prerequisiti di conoscenza ancora in fase di elaborazione per la maggior parte degli alunni. A questo proposito, può risultare particolarmente interessante la lettura dell’opera di Piaget ”La Rappresentazione del mondo nel fanciullo”, che analizza le conoscenze e i modi di pensare dei bambini intorno ad alcuni fenomeni naturali (1); indispensabile è anche l’importante fonte di materiali di Nicoletta Lanciano “Strumenti per i giardini del cielo” (2).

Non è facile affrontare i temi sopra elencati senza correre il rischio di usare un linguaggio fatto di parole ancora prive di significato per i bambini e talvolta di significato incerto anche per noi insegnanti di scuola Primaria. Soltanto alcuni argomenti sono alla portata dei nostri alunni e vanno affrontati con il supporto dell’osservazione diretta e di modelli pensati e realizzati insieme a scuola.  

Potremo osservare, registrare e rappresentare il movimento apparente del Sole e le sue variazioni nell’arco dell’anno, anche con lo studio delle ombre e con la costruzione di orologi solari molto semplici.

Si possono osservare, registrare e rappresentare il movimento della Luna e le fasi lunari. Anche il cielo stellato offre buone sollecitazioni: si può seguire un’eclissi di Luna o di Sole, si può imparare a riconoscere qualche costellazione, le stelle meglio visibili e i pianeti visibili ad occhio nudo prima del buio alla sera o prima della luce al mattino.

L’esperienza che segue è stata realizzata in quinta, in collaborazione con la collega di arte/immagine Elena Bernardi, che ha condiviso la progettazione e si è occupata della costruzione del modello dei pianeti. Quell’anno, le classi erano provvisoriamente distaccate presso la sede della scuola media dello stesso istituto. L’unico spazio utilizzabile per la costruzione del modello era l’aula.

L’anno seguente, il modello è stato trasferito nella sede della Primaria e disposto al soffitto sul lato lungo di un corridoio, ricalcolando con un nuovo gruppo di alunni le distanze fra i pianeti e ridiscutendo il breve testo della legenda per i bambini delle altre classi.

 

 

1-Prima

 

    In classe terza, il passaggio della cometa di Hale Bopp era stato il motivo delle prime osservazioni dirette del cielo stellato.

In quarta, un’eclissi di Luna in settembre aveva richiamato l’attenzione sul nostro satellite, osservato di sera in sera a casa per un mese intero da tutta la classe e seguito poi nelle sue fasi, sul calendario a scuola. (fig. 1 a, b). 

 

Luna dalla finestra Luna dalla finestra Luna dalla finestra Luna dalla finestra  Luna dalla finestra  Luna dalla finestra Luna dalla finestra

Daniele: la Luna vista dalla mia finestra. "Quando c'era nuvoloso la Luna non c'era. La Luna si spostava ogni sera perché stando dalla mia finestra

anche se c'era non riuscivo a vederla".

 

Per un intero anno solare, dalla quarta alla quinta, è stato studiato di mese in mese il percorso apparente del Sole: un grande grafico murale e un plastico sintetizzavano le osservazioni effettuate (fig. 2 a, b, c, d; nota per il plastico 2d- Sul plastico in foto, da est ad ovest, erano stati fissati archi in filo di ferro, uno per ogni stagione per rappresentare il percorso del Sole nel cielo osservato e registrato in precedenza; la bozza e il plastico sono stati realizzati a partire dall’osservazione diretta dei dintorni del quartiere, dall’alto del colle S. Giuseppe, confrontando quanto osservato con la carta topografica IGM in scala 1: 100 000).

 

2a percorso apparente del Sole  carta IGM Brescia bozza plastico dintorni del quartiere plastico dintorni del quartiere

 

 

orologio solare 4 registrazione ombra di un bastone piantato in un secchiello di sabbia una volta al mese per un anno in giardino

Anche alle ombre era stata data attenzione in molte e diverse situazioni: dapprima nel gioco (“a calpestarsi l’ombra” nel quale la classe si suddivide in coppie; in ciascuna coppia uno corre e l’altro insegue per calpestare l’ombra del compagno e scambiando il ruolo quando ci riesce), poi con l’osservazione del mutare dell’ombra degli oggetti rispetto alla fonte di luce e con la registrazione dell’ombra che indica l’ora letta su un orologio solare realizzato insieme e appeso alla parete orientata a sud dell’edificio scolastico, infine con la rilevazione dei cambiamenti di posizione e di lunghezza dell’ombra di un oggetto nel corso dell’anno. (fig. 3, 4)

 

Quando in prima serata erano visibili Venere, Marte, Giove o Saturno, davo alla classe le informazioni necessarie perché gli alunni più interessati potessero osservare; talvolta mi soffermavo sull’argomento con qualche curiosità. Da qui è sorta l’esigenza di conoscere meglio il Sistema Solare e, per questa ragione, si è proposto alle due quinte di realizzare un modello, operando in collaborazione.

 

 

 


 

 

 

 

2-La costruzione del modello

 

Per i ragazzi la costruzione del modello è l’obiettivo, naturalmente accolto con entusiasmo; per noi è un accattivante pretesto per

- far nascere problemi,

- per attivare strategie di pensiero ed acquisirne consapevolezza,

- per “fare pensando”,

- per sollecitare la ricerca e l’apprendimento di nuove conoscenze.

Proponiamo di costruire un modello tridimensionale: i pianeti saranno rappresentati da sfere appese a fili, a loro volta sospesi ad un cavo ad una certa distanza l’uno dall’altro.

Sorgono subito le prime domande:

quali le dimensioni dei pianeti?

quale la distanza di ognuno dal Sole?

Occorre documentarsi. Si cerca, si trova, si sceglie la tabella in fig. 5. Si capisce che non è tutta utile: a noi servono solo le colonne evidenziate. Per primo, occorre conoscere il raggio equatoriale di ciascun pianeta.

 

5 dati dimensioni e distanze

 A questo punto bisogna decidere quale riduzione operare, passando dal raggio reale a quello da rappresentare nel modello.

Si ragiona: quanto piccolo possiamo fare Plutone perché si veda?

Quanto grande possiamo Giove per poterlo costruire con i nostri mezzi e poi manipolare?

Si tratta di passaggi operativi concreti che mettono in difficoltà i ragazzi e chiedono loro un ”percorso” di andata e ritorno dal FARE al PENSARE.

Si calcola un diametro di 1,1cm per Plutone e di 71,4 cm per Giove; allora Mercurio avrà un diametro di 2,4 cm, Venere di 6 cm, la Terra di 6,3 cm, Marte di 3,3 cm, Saturno di 60 cm, Urano di 25,6 cm e Nettuno di 24,7 cm.

Quali materiali scegliamo, tenendo conto di questi diametri?

Dobbiamo chiedere il parere a maestra Elena, dato che poi costruiremo con lei.

Utilizziamo il polistirolo, la cartapesta, la carta adesiva stesa su intelaiature di filo di ferro e spago, ora per l’una, ora per l’altra sfera.

Quali colori dare alla superficie dei pianeti una volta realizzati? Occorre documentarsi selezionando con attenzione solo ciò che interessa.

Torna utilissima una piccola monografia per ragazzi chiara e ben fatta disponibile in biblioteca; si tratta di “Lontanissimo nel cielo” ed. Giunti (3), ma ci sono molte altre pubblicazioni per ragazzi altrettanto valide e i siti dei diversi osservatori astronomici sono miniere di immagini e di dati.

La ricerca di informazioni sull’aspetto e sulle caratteristiche fisiche dei pianeti non risponde qui semplicemente alla curiosità dei ragazzi, dando spazio alla sorpresa per le insolite condizioni che si registrano in quei mondi così diversi dal nostro; risponde anche alle nostre esigenze concrete per la realizzazione del progetto. 

 

 

 

Mentre i ragazzi sono impegnati alla costruzione dei pianeti, parlando e ragionando, si pone il problema di conoscere qual è la riduzione che si sta operando.

Si discute a lungo come procedere e poi si calcola in modo inaspettatamente semplice che la riduzione risulta uguale a  

2                  x                               1 000        x                  100 000  =   200 000 000

¯                                                       ¯                                      ¯

in tabella, leggiamo                     leggiamo                    in tabella le misure sono in km,   

il raggio e lo utilizziamo              le migliaia                    noi le leggiamo in cm  

come diametro                          come se fossero

                                               unità semplici

 

Il diametro dei pianeti nel modello è allora 200 milioni di volte più piccolo di quello reale.

 

Con un po’ d’aiuto, tendiamo un cavetto d’acciaio da una parete all’altra dell’aula, appena sotto il soffitto.

Ma per decidere dove fissare i pianeti occorre leggere in tabella la colonna delle distanze.

Poiché si tratta di distanze dal Sole, in corrispondenza di una delle estremità del cavo,

dal pavimento al soffitto, si appende alla parete un grande pannello che rappresenta la fotosfera. Non possiamo rappresentare anche il Sole con una sfera perché dovrebbe avere, nella stessa scala, un diametro di circa 7 metri, ben più della distanza fra il pavimento e il soffitto.

Proviamo a calcolare queste distanze con la stessa riduzione operata per il diametro dei pianeti e scopriamo che l’aula non basterebbe a contenere un modello così grande!

Dobbiamo allora ridurre maggiormente le distanze, ma di quanto?

In tabella la distanza dei pianeti dal Sole è espressa in U.A. (una Unità Astronomica è la distanza media Terra – Sole ed equivale a 150 milioni di km).

Procediamo per tentativi. Se rappresentiamo 1 U.A. con 1 m, il pianeta più distante si colloca quasi a 40 m e noi ne abbiamo soltanto 7. 

Se rappresentiamo 1 U.A. con 1 dm, Plutone va collocato a 40 dm = 4m e questo è possibile.

Sospendiamo allora Mercurio a 3 cm dal Sole, Venere a 7 cm, la Terra a 10, Marte a 15, Giove a 52, Saturno a 95, Urano a 191, Nettuno a 300 e Plutone a 394.

 

Ragioniamo per trovare la scala di riduzione operata per le distanze:

1 U.A. è rappresentata con 1 dm                                  1 U.A. = 150 000 000 km

150 000 000 km = 1 500 000 000 000 dm

Allora per le distanze abbiamo operato una riduzione in scala 1 : 1 500 miliardi.

Le distanze hanno subito una riduzione molto più grande rispetto a quella calcolata per le dimensioni dei pianeti; per operare su entrambe la stessa riduzione, avremmo avuto bisogno di un cavo d’acciaio lungo circa 40 km: tanto quanto da Brescia al lago di Garda!        

A questo punto, collettivamente, verbalizziamo le diverse fasi del lavoro svolto e leggiamo con particolare attenzione l’intero volumetto sul Sistema Solare, che la maggior parte degli alunni si è nel frattempo procurata. (fig. 6 a, b)    

 

 

 

6a Nettuno Urano Saturno Giove 6b Sole Mercurio Venere Terra  Marte Giove

 

                               

3-Le strategie di pensiero messe in atto

 

Il continuo rimando dal FARE al PENSARE, qui anche con riferimento alla lettura di immagini e di testi allo scopo di ricavarne informazioni, connota sempre le attività di laboratorio. I ragazzi sono messi in un contesto formativo di grande significato: lo scambio fra loro si motiva di per sé e dai risultati del loro operare, quasi autonomamente, stabiliscono chi ha ragione e chi no.

Al “se ………. allora” si è ricorsi con frequenza, soprattutto per calcolare le proporzioni necessarie a ricavare le misure in scala.

Frequentemente si sono ripercorse le diverse fasi di lavoro, ricostruendo i ragionamenti compiuti, mettendo in esercizio le capacità di analisi e di sintesi e promuovendo riflessioni metacognitive.

 

 

4-La discussione sul modello realizzato

 

A più riprese, in momenti dedicati, ma anche durante la manipolazione e l’allestimento, si è discusso nel merito del modello che stavamo costruendo.

 

Che questo non fosse l’unico modello possibile da realizzare era ben noto fin dall’inizio del lavoro: noi abbiamo scelto sulla base delle modalità con le quali eravamo in grado di procedere, tenendo conto delle nostre possibilità (spazi, tempi, materiali, costi, capacità operative).

 

È stato invece necessario far scoprire ai ragazzi che un modello rappresenta solo alcuni aspetti della realtà, non tutti.

Il nostro è fedele, per quanto in modo approssimativo, alle dimensioni, alle distanze e all’aspetto della superficie dei pianeti, sulla base delle conoscenze di cui oggi disponiamo.

L’uso di due diverse scale di riduzione è di evidenza immediata: Saturno e Giove si sfiorano nel nostro lavoro, non certo nella realtà.

 

Il nostro modello non rappresenta il movimento dei pianeti: né la rotazione, né la rivoluzione. Inoltre mancano la fascia degli asteroidi e gli anelli di polveri, ghiaccio e rocce che i pianeti più grandi possiedono e noi non siamo stati in grado di realizzare.

 

 

5-Un cenno alla storia della scienza

 

A questo punto, ho colto l’opportunità di fare un richiamo semplicemente narrativo e con il supporto delle immagini al cammino della conoscenza del sistema solare.

È importante infatti far maturare nei bambini l’idea della scienza come costruzione in progresso nel tempo, attraverso il superamento di concezioni consolidate ad opera di nuove idee accreditate da nuove osservazioni e scoperte.

Le Indicazioni nazionali incominciano la parte riservata alle Scienze proprio con quest’idea: “La moderna conoscenza scientifica del mondo si è costruita nel tempo, attraverso un metodo di indagine fondato sull'osservazione dei fatti e sulla loro interpretazione, con spiegazioni e modelli sempre suscettibili di revisione e di riformulazione.”

Non è stato difficile far intuire la diversità dell’antico modello greco, confrontarlo con quello di Tolomeo e contrapporre entrambi al modello copernicano, per giungere, attraverso Keplero, a quello attuale.

 

 

6-Considerazioni a fine lavoro, trasferimento del modello e fruizione in uno spazio diverso

 

Nessun dubbio abbiamo avuto, né durante la realizzazione del lavoro, né alla sua conclusione, sull’utilità del modello allo scopo di motivare, di sollecitare problemi e di fissare conoscenze. Le immagini – disegni, fotografie, plastici, schemi, grafici – consentono una rielaborazione e una comprensione più immediata e precisa di molti fenomeni.

Per restare in tema, ad es. si può constatare come risulti intuitivamente chiaro il variare delle ore di luce nel corso dell’anno, con la diversa lunghezza del percorso apparente del Sole nel cielo, costruendo e leggendo i grafici nelle fig. 2 a, 7. 

 

 

7 grafico variazione ore di luce

Ma anche in discipline diverse dalle scienze naturali, come la matematica, gli insegnanti della scuola primaria sanno bene quanto faciliti l’apprendimento un uso intelligente di tutto ciò che aiuti a dare ”forma” alle idee, il rappresentare per fissare in memoria i gesti compiuti. Tutto questo, in un certo senso, funziona come un modello: la linea dei numeri, il materiale multibase, i regoli, l’abaco, il geopiano, la narrazione stessa, per citare alcuni esempi.

Tuttavia occorre procedere con attenzione, verificando passo passo che i ragazzi capiscano ciò che stanno facendo e siano consapevoli delle inevitabili semplificazioni.

 

Qui, il modello, che ha richiesto una impegnativa procedura collettiva, ha accompagnato tutto il percorso di lavoro. In alcuni percorsi, soprattutto in Biologia, è una costruzione in itinere che dà rappresentazione alle idee in elaborazione da parte del gruppo classe mentre mette a fuoco le strutture e le funzioni di un organismo.

In altre occasioni, può essere il punto di partenza o quello d’arrivo. Nel primo caso, può consistere nella richiesta rivolta a ciascun alunno individualmente, oppure ad un gruppo, di rappresentare con il disegno o con materiale opportuno un certo fenomeno (ad es. come varia la posizione dell’ombra di un oggetto durante la giornata, oppure quale percorso compie un boccone di cibo una volta entrato in bocca) allo scopo di far sorgere o definire meglio un problema o di indagare le conoscenze della classe, prima di avviare una nuova unità di lavoro (4) e (5).

Nel secondo, un’analoga richiesta può essere un momento di verifica degli apprendimenti al termine di un percorso compiuto (ad es. costruire un modellino del corpo del lombrico).   

 

L’anno successivo, quando siamo ritornate in sede, abbiamo portato il modello con noi e al momento opportuno per le nuove classi abbiamo predisposto un nuovo spazio. Ora si poteva disporre di 40m al posto dei 4 lungo i quali disporre i pianeti. Insieme ai nuovi alunni, abbiamo ripercorso il ragionamento delle classi precedenti e senza difficoltà abbiamo ricalcolato le distanze dei pianeti dal Sole.

Un po’ più impegnativo è stato discutere e scrivere una legenda comprensibile anche dai bambini più piccoli. (foto 8 a, b, c)

 

 

 

8a il Sistema solare nel corridoio 8b fotosfera si è staccata 8c legenda del modellino del Sistema solare

 

 

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

 

(1) J. Piaget, La rappresentazione del mondo nel fanciullo, Torino, Edizioni scientifiche Einaudi, 1955; Torino, Boringhieri, 1966

 

(2) Nicoletta Lanciano, Strumenti per i giardini del cielo. Materiali per le classi, per i musei, per i parchi, per la formazione degli insegnanti e degli animatori culturali, Collana Quaderni di cooperazione educativa, Ed.Junior, 2009

 

(3) Quarenghi G.,Colombo T., Lontanissimo nel cielo ed. Giunti Marzocco.

 

(4) G.Torosantucci, M. Vicentini Missoni, L’insegnamento delle scienze nella scuola elementare, La Nuova Italia Ed., Firenze (1987)

 

(5) M. Arcà, Insegnare Biologia, Naturalmentescienza.it