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Olive da tavola e da strada

 

 

olive

Olive da tavola e da strada

 

Luciano Luciani

 

In tavola

Più grande della consorella destinata al frantoio, l’oliva da mensa si considera adatta alla tavola quando oscilla tra i 3 e i 5 grammi, ma se ne conoscono varietà che possono superare tali misure. Il rapporto tra i nocciolo e la polpa, che deve staccarsi agevolmente, è di 1 a 5. Le principali varità di olive da tavola provengono dall’Italia, dalla Spagna, oggi la nostra principale concorrente in questo particolare comparto alimentare, dalla Francia, dalla Grecia, dal Portogallo, dalla Turchia. Il nostro Paese, che destina al consumo diretto oltre il 10 per cento della sua produzione olivicola, ne conosce 400 tipi a diffusione regionale e territoriale. Mangiatene, perché l’oliva fa bene! Abbondante di sali minerali, l’oliva da mensa risulta energetica e ricostituente. Un ruolo importante in questo senso viene svolto dai tocoferoli e dai polifenoli presenti in quantità significative. Il consumo di olive favorisce la mobilità intestinale e quindi la digestione, e per l’elevato contenuto di acidi grassi monoinsaturi, aiuta la prevenzione delle malattie cardiovascolari e svolge un’azione neutralizzatrice degli effetti tossici di alcuni metalli come il mercurio, il piombo, il rame e l’uranio.

 

In strada

Si facevano vedere agli angoli delle strade, ai margini dei mercati, in occasione di modeste fiere di quartiere o di festività patronali o anche agli ingressi dello stadio Olimpico, quando urgeva qualche evento sportivo pallonaro che richiamasse gente. La loro apparizione coincideva con i primi temporali, quelli che spezzavano definitivamente la calura estiva e preannunciavano già l’autunno. Li chiamavamo “olivari”, conosciuti anche nella variante “olivaroli”, oppure “olivedorci” dal grido con cui segnalavano la loro presenza ai potenziali clienti. Erano i venditori ambulanti di olive fresche, conciate immergendole in una soluzione al due per mille di soda caustica e mantenuta in acqua appena appena salata: un mestiere antico nella capitale, documentato sin dal XVII secolo.

Un lavoro stagionale, il loro, che durava dalla fine d’agosto (d’altra parte la saggezza popolare ha sempre affermato che “Per l’Assunta”, 15 agosto, “l’oliva è unta”), sino all’autunno inoltrato quando l’oliva, ormai matura si scuriva sull’albero e si faceva sempre più adatta per la mola del frantoio.

Per pochi spiccioli, l’“olivaro”, organizzatosi con un banchettino precario, recipiente in coccio e mestolo bucherellato, te ne riempiva un cartoccio a forma di cono di robusta carta gialla, quella da pane, che, se pure s’intrideva di salamoia, era in grado di resistere sino all’ultima oliva.

Un piacere aggiunto a quel sapore dolce/salato consisteva nello sputare il nocciolo e colpirlo col piede al volo, urlando: “Tiro. Goal!” Trasformando così, immantinente, per lo straordinario potere della fantasia ragazzina, ognuno di noi negli amatissimi centravanti della Roma, della Lazio, della Nazionale…

Un gioco rumoroso e blandamente atletico che al gusto dell’oliva ne aggiungeva altri, indimenticabili. Quelli dell’infanzia che si faceva adolescenza, dell’amicizia virile, di una spensieratezza semplice. E per dirla col poeta: Pochi momenti come questi belli…