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Lucca, campanile di San Martino: non è un posto per taccole

 

 

taccola

Lucca, campanile di San Martino: non è un posto per taccole

 

Luciano Luciani

 

La taccola - come è noto - è una sorta di corvo non troppo diversa per aspetto dagli altri suoi simili: più piccola ed elegante arriva a misurare poco più di 30 centimetri. Tutta nera, dal becco, che ha piuttosto corto, alle zampe, volge al grigio ardesia sul ventre e sulla nuca presenta di solito una caratteristica macchia arrotondata color grigio-cenere. Presente in tutta Europa e in buona parte dell’Asia e dell’Africa settentrionale, vive un po’ dappertutto preferendo scenari rupestri e le sponde alte dei fiumi. La sua passione, però, sono i luoghi diruti: case abbandonate, chiese senza più fedeli, ruderi di antichi castelli, campanili nelle cui fenditure sistema il nido, deponendo uova verdognole macchiate di scuro. Si nutre di insetti, molluschi e semi, e - badate bene - non disdegna le uova delle altre specie volatili. Migratore parziale, si differenzia dai corvi e dalle cornacchie per il caratteristico e inconfondibile “chiò”, per la rapidità del volo, per la vivacità del comportamento: infatti, il termine taccola è probabilmente derivato dal longobardo tahala e indica una specificità attribuita a questo uccello, ossia il gioco, la burla, la chiacchiera... Presenza ricorrente del paesaggio toscano il Corvus monedula, questo il suo nome scientifico, è un “ilare uccelletto”, festoso, un po’ petulante ma simpatico. Dunque, perché accanirsi contro di esso?

È quello che si chiede sulla stampa cittadina un gruppo di abitanti del centro storico di Lucca che, dopo aver plaudito al bel restauro del campanile del duomo di San Martino reso di recente accessibile ai visitatori, lamenta, però, che la colonia di taccole, qui insediatasi attorno ai primi anni 50, sia stata inesorabilmente sfrattata. Infatti, questi corvidi, arrivati in città seguendo la naturale vocazione della specie a espandere i propri territori, colonizzarono i piani alti della torre campanaria contendendo gli spazi ai piccioni. Perché, come già detto, in natura le taccole nidificano preferibilmente negli anfratti rocciosi, nelle città, invece, si stanziano nei piccoli pertugi che trovano negli edifici: eclettiche riguardo al cibo, contribuiscono al controllo del numero dei piccioni sia per la competizione sui siti di nidificazione sia, soprattutto, perché si cibano anche delle loro uova.

Ora, con uno zelo forse degno di cause migliori, chi ha proceduto al restauro della torre campanaria oltre alle reti alle finestre, ha provveduto anche - in perfetta buona fede, vogliamo pensare, e magari con le migliori intenzioni - a schermare ogni fessura esterna, pensando in tal modo di limitare la presenza dei piccioni. E invece a soffrirne sono state le taccole che svolazzavano attorno alla cima del campanile, i cui esemplari si vanno via via rarefacendo. Grande, immaginiamo, la gioia dei piccioni (questi sì, latori di non pochi problemi!) i quali, meno esigenti, troveranno comunque il sistema di nidificare sulla torre; per non parlare dei gabbiani che stanno colonizzando i tetti di Lucca e che, forse, le taccole contribuivano, almeno un po, a contrastare.

Insomma, pensando di far bene si rischia di portare un grave danno al patrimonio naturalistico della Città Murata.