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I giorni della locusta


sciame di locuste

I giorni della locusta

 


Luciano Luciani 

 

 

Annus horribilis, il 1542! Come se non bastassero i guai provocati da terribili terremoti - a giugno nel Mugello e a dicembre in Val di Noto e nel siracusano -; quelli indotti dalla definitiva istituzione del Sant’Uffizio, ovvero la Santa Inquisizione, e i primi passi mossi dalla Compagnia di Gesù appena approvata da papa Paolo III per non parlare delle interminabili guerre tra Francesi e Imperiali, merita di essere ricordata l’infestazione da locuste che colpì parte dell’Europa e l’Italia settentrionale. In quell’anno le cavallette si mossero in sciami smisurati il cui passaggio durava per giorni interi. Sembra realizzarsi quanto annunciato nel libro biblico dei Profeti da Gioele per annunciare il “giorno del Signore”, un tempo terribile nel quale Dio manifesterà il suo dominio sulla storia e giudicherà, in maniera tanto severa quanto giusta, tutti i popoli: “Sciami di cavallette, uno dopo l’altro / hanno distrutto tutto il raccolto. / Quello che uno sciame ha lasciato, / lo ha divorato il successivo./ Ubriaconi, svegliatevi e piangete / voi, bevitori di vino, urlate / perché non assaggerete mai / il vino nuovo! / Sciami di cavallette hanno invaso la / nostra terra / sono forti e non si possono contare. / Hanno denti duri e resistenti / come quelli di un leone. / Hanno distrutto le nostre vigne, / hanno ridotto le nostre piante di fico / a tronchi spogli, senza corteccia / le hanno abbandonate / solo quando i rami erano ormai / diventati bianchi”.

Quando le cavallette si allontanarono rimasero solo luoghi desolati, raccolti totalmente distrutti, rovina, carestia e fame per tutti. Scrive l’erudito Ludovico Antonio Muratori: “Erano alate, e più grandi delle solite a vedersi, perché lunghe un dito; volando adombravano il sole per lo spazio di uno o più miglia; e dovunque passavano, facevano un netto di tutte le erbe e ortaglie... Venuto poi il verno, perirono esse locuste, ma infettando l’aria con il loro fetore; e guai a chi non ebbe cura di seppellirle”.

In conseguenza di tanta rovina, che colpì duramente anche le campagne piemontesi, a Vercelli avvenne un fatto ricordato da parecchi storici locali per la sua singolarità. In quella estate era tale la disperazione per l’invasione delle cavallette, tale la sensazione d’impotenza e di frustrazione di fronte a ciò che stava succedendo che la conseguenza fu una manifestazione di follia collettiva. Il Tribunale diocesano, infatti, non trovò di meglio che istruire un processo penale contro quei malefici insetti. Gli atti di quel processo ormai sono divenuti irreperibili e giustamente lo storico Giuseppe Ferraris opina che possano essere “stati fatti scomparire ad arte per sottrarre dal ridicolo la Curia diocesana...”

Narra lo storico Giovanni Battista Modena:

“1542 tornorno le locuste altri dicono cavallette in Vercelli et Piemonte, che quando da terra si alzavano oscuravano il sole. Vennero di levante et nel venire daneggiorno Brezza, Verona, Mantua, et altri lochi di Lombardia et Veneziano. In Vercelli vi fu fatto un processo criminale contro citate et in contumacia datoli uno procuratore, et questo processo fu fatto dal vicario del Vescovo come che esse locuste fossero sacrileghe che rovinavano i beni della Chiesa et furno condannate ad anegarsi nel Po et Sesia et altri fiumi et così fu fatto et io ho veduto il processo rogato a Giulio de Quinto cancellier del vescovato. Dicono che solamente di miglio fu il danno di cento milla scudi”.

Gli Ortotteri Celiferi, per nulla intimoriti dalla severa sentenza emanata dal tribunale vercellese che le condannava a morte per annegamento, non si fecero scrupoli a tornare l’anno dopo e a distruggere, daccapo, gli stessi seminati. Un anonimo cronista ha lasciato annotato su un vecchio codice: Reverse sunt locuste de anno 1543 in mense agusti et steterunt per totum [...] et maximum damnum intulerunt seminatis...