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Taking Science To School

 

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Taking Science To School

 

Dal rapporto americano alcuni utili suggerimenti per la didattica delle scienze nella scuola del primo ciclo

 

Germano Bellisola - 02 febbraio 2009

 

Il rapporto, pubblicato nel 2007, è disponibile in vari formati nel sito della National Academies Press 

Le quasi 400 pagine sono suddivise in quattro sezioni per complessivi 10 capitoli, più due appendici e l’indice. Impressionante la quantità di bibliografia citata a sostegno delle tesi della commissione che lo ha redatto (Committee on Science Learning, Kindergarten through Eighth Grade).

In buona sostanza, la tesi della commissione americana è che le scienze si possono e si devono insegnare fin dai primi anni scolari, facendo attenzione a cosa si insegna e come si insegna.

Già nella prefazione, Carl E. Wieman e C. Jean Moon (rispettivamente presidente e direttore del Board on Science Education) espongono senza mezzi termini alcune nette prese di posizione:

Le conclusioni del rapporto costituiscono per la comunità delleducazione scientifica una sfida ad analizzare alcuni luoghi comuni sulle potenzialità dei bambini di apprendere le scienze e - di conseguenza - sulla priorità delle scienze nelle scuole elementari.

 

Ed ancora:

Taking Science to School parla chiaro, e sulla base di evidenze. Tutti i bambini hanno la capacità intellettuale di imparare le scienze. Anche quando iniziano la scuola, i bambini hanno una ricca conoscenza del mondo naturale, esibiscono ragionamento causale, e sono capaci di distinguere tra fonti di conoscenza affidabili e non affidabili. In altre parole, i bambini arrivano a scuola con la capacità cognitiva di impegnarsi seriamente nellimpresa scientifica.

Ecco cinque buoni motivi per insegnare le scienze (capitolo 2, Goals for Science Education):

Nel mondo moderno, qualche conoscenza scientifica è essenziale per chiunque. Èopinione di questa commissione che la scienza dovrebbe costituire una parte non-negoziabile delleducazione di base, così come lo sono la lingua e la matematica. È importante insegnare le scienze per i seguenti motivi:

1. La scienza è una porzione significativa della cultura umana e rappresenta una delle più alte vette della capacità di pensiero umano.

2. Essa fornisce un laboratorio di esperienza comune per lo sviluppo del linguaggio, della logica, delle abilità di problem-solving nella scuola.

3. Una democrazia esige che i suoi cittadini prendano decisioni personali e collettive su questioni nelle quali linformazione scientifica gioca un ruolo fondamentale, ed essi pertanto necessitano di conoscenze scientifiche e anche di comprendere la metodologia scientifica.

4. Per alcuni allievi essa diverrà una scelta di vita o unoccupazione.

5. La nazione dipende dalle abilità tecniche e scientifiche dei suoi cittadini per la sua competitività economica e le necessità nazionali.

Più avanti troviamo la definizione di competenza scientifica, un elemento che nella scuola italiana ha generato fiumi di parole nelle programmazioni iniziali così come nella valutazione conclusiva. Ecco la definizione di competenza scientifica secondo il rapporto americano:

Gli studenti che sono competenti in scienze:

1. conoscono, usano e interpretano spiegazioni scientifiche del mondo naturale;

2. producono e valutano prove scientifiche e spiegazioni;

3. comprendono la natura e lo sviluppo della conoscenza scientifica;

4. partecipano produttivamente nelle pratiche scientifiche e nei discorsi.

Il rapporto Taking Science to School ribadisce più volte che codesti quattro aspetti della competenza scientifica non sono indipendenti o separabili, né nella pratica scientifica, né nell’insegnamento, né nel processo di apprendimento, né nella valutazione dell’apprendimento.

 

Nella parte III (Supporting Science Learning) si parla di cosa, quando e come insegnare. Qui vi sono almeno un paio di utili suggerimenti curricolari esplicitati secondo la logica della progressione dapprendimento, cioè quel che noi potremmo chiamare curricolo verticale.

Il primo riguarda l’insegnamento dell’evoluzione:

Sebbene lidea di evoluzione per selezione naturale sia unidea emergente complessa, essa si costruisce su - e integra - una gran varietà di idee accessibili anche allinvestigazione dei bambini, incluse idee su:

(a) Biodiversità: lesistenza di differenti tipi di oggetti viventi (cioè la diversità delle specie);

(b) Struttura/funzione (adattamento): gli oggetti viventi sono dotati di strutture che servono per importanti funzioni biologiche (e quindi possono favorire ladattamento);

(c) Ecologia/relazioni reciproche: gli oggetti viventi popolano un habitat ed interagiscono con altri oggetti in quellhabitat (segnatamente relazione preda/predatore);

(d) Variabilità: gli individui (in una specie) variano nelle loro caratteristiche;

(e) I cambiamenti negli oggetti viventi possono avvenire a differenti scale temporali e di organizzazione (segnatamente, la crescita è il cambiamento degli individui durante il ciclo vitale; anche le popolazioni possono variare le loro caratteristiche nel corso di più generazioni);

(f) Processi geologici: la Terra è cambiata in maniera regolare nel corso del tempo (segnatamente la formazione delle montagne, lerosione, la stratificazione dei sedimenti, le eruzioni vulcaniche; fossili inclusi in strati differenti forniscono indizi sul passato della Terra).

 

Si nota che l’evoluzione può essere insegnata sin dalla scuola primaria non in termini di teoria evoluzionistica, bensì proponendo gli argomenti citati ai punti a-b-c-d-e-f. In questa maniera si costituiscono le basi per l’idea di trasformazione dei viventi, parlando di viventi e non-viventi concreti e non di vita in astratto, senza nemmeno usare il termine evoluzione

Il suggerimento americano per la didattica dell’evoluzione è particolarmente utile per la nostra scuola del primo ciclo, in particolare la primaria. Infatti molto spesso i docenti delle elementari la scartano in partenza perché la giudicano troppo complessa (per gli allievi e per loro stessi) in quanto la intendono essenzialmente come “teoria dell’evoluzione”. E non sapendo bene quali siano gli argomenti fondamentali delle scienze su cui far riflettere i bambini, va a finire che svolgono le scienze o saltando di palo in frasca con argomenti stupefacenti (tipo “il miracolo della fotosintesi”), o seguendo pedissequamente libri di testo che scimmiottano il nozionismo disciplinare della scuola secondaria. Alcuni volonterosi cercano di presentare fenomeni inquadrati in ambiti disciplinari di nuova denominazione (leggere l’ambiente, luce-colore-visione, Terra e Universo, le trasformazioni) che in realtà sono surrogati delle discipline tradizionali della secondaria. Non è nemmeno raro assistere, nella scuola primaria, a pesanti incursioni disciplinari del tipo “la chimica in cucina”, “il ciclo dell’acqua, le soluzioni, acidi e basi”, “gli organismi-modello e la genetica”,  con l’intento di introdurre la verticalità nel curricolo di scienze. Praticamente, invece che preparare i bambini al disintreccio disciplinare della scolarità secondaria con una “sana comprensione dei fenomeni a livello macroscopico”, come afferma più e più volte Taking Science To School, si tende a plasmare precocemente i bambini stessi (nonché i loro maestri elementari) ad operare da “piccolo chimico”, “piccolo fisico”, “piccolo biologo”. Non si spiegano altrimenti i tanti “percorsi esemplari” per la scuola primaria infarciti soprattutto di modelli particellari (stati di aggregazione e relative trasformazioni), modelli molecolari (soprattutto del glucosio), complicatissime reti trofiche (anche con organismi microscopici), ed anche classificazioni tassonomiche (ovviamente calate dall’alto).

 

Eppure non sembrerebbe difficile delineare e sviluppare unità didattiche relative ai sopra citati punti a-f. Si tratta di argomenti proponibili con attività operative di laboratorio o sul campo (osservazioni, descrizioni, raccolte di dati, classificazioni, confronti), dominabili sul piano contenutistico anche da docenti della scuola primaria,  che rappresentano il versante “biologico” della “sana comprensione dei fenomeni a livello macroscopico” citata in precedenza a proposito delle proprietà di oggetti e materiali.  

 

Il secondo suggerimento riguarda la didattica delle proprietà della materia, dal livello macroscopico alla teoria atomico-molecolare. Questo argomento viene presentato dal rapporto Taking Science To School in forma di “progressione di apprendimento” completa (dalla seconda elementare alla terza media) illustrata schematicamente nell’appendice “A” del rapporto stesso.

Sarebbe troppo lungo addentrarsi nel suggerimento in questa sede, per cui si rinvia ad una traduzione (grezza).

Schematicamente, la progressione prevede che nei primi due anni di scuola elementare si debba sviluppare la comprensione di materiali e misureabilitando i bambini all’esplorazione di tre questioni fondamentali:

1. Di che cosa sono fatti gli oggetti e come si possono spiegare le loro proprietà?

2. Cosa cambia e cosa non cambia quando gli oggetti vengono trasformati?

3. Come possiamo saperlo?

 

Circa le misure, non si tratta ovviamente di sviluppare puramente abilità procedurali nell’uso di strumenti quali bilance, cilindri graduati o termometri, bensì di avviarli a descrivere le proprietà macroscopiche superando le percezioni di senso comune soprattutto su peso e volume degli oggetti.

In terza, quarta e quinta elementare, poi, il traguardo consiste nello "sviluppare una esplicita comprensione macroscopica della materia", fondata sulla comprensione dei seguenti punti:

• gli oggetti sono fatti di materia che occupa spazio ed ha peso;

• solidi, liquidi ed aeriformi sono forme di materia che condividono queste proprietà generali;

• ci possono essere particelle di materia invisibili (cioè troppo piccole da vedere ad occhio nudo);

• la materia continua da esistere quando spezzettata in pezzi troppo piccoli per essere visibili;

• la quantità di materia ed il peso sono conservati durante varie trasformazioni, incluse la fusione, il congelamento, e la dissoluzione.

Infine, nei tre anni di scuola media si può arrivare a sviluppare una prima comprensione della teoria atomico-molecolare, fondata sulla conoscenza dei seguenti assiomi:

(a) Esistenza di particelle discrete nello spazio (atomi).

(b) Ci sono spazi vuoti tra gli atomi (idea di vuoto).

(c) Ciascun atomo occupa spazio, ha massa, ed è in costante movimento.

(d) Esistenza di oltre 100 differenti tipi di atomi; ciascun tipo ha proprietà distintive, compresa la sua massa ed il modo in cui esso si combina con altri atomi o molecole.

(e) Gli atomi possono aggregarsi (in differenti proporzioni) per formare molecole o strutture - un processo che coinvolge la formazione di legami chimici tra atomi.

(f) Le molecole hanno proprietà caratteristiche differenti da quelle degli atomi che le costituiscono.

Ovviamente la conoscenza di questi assiomi non va intesa in senso dichiarativo (le definizioni, o retorica delle conclusioni), ma in senso concettuale.

 

Anche qui possiamo cogliere analogie con le proposte formulate nel libro di Arcà-Guidoni Guardare per sistemi, guardare per variabili ripubblicato dall’associazione AIF a cura del Comitato per l’Educazione Scientifica di Base.

 

Queste veloci annotazioni non possono sostituire la lettura del rapporto Taking Science To School, ma potrebbero quanto meno incuriosire gli addetti ai lavori (docenti e formatori) e stimolare una seria riflessione sulla prassi didattica ed una messa a punto delle azioni in atto in molte scuole italiane per formare i docenti in servizio, e nelle università in ordine alla formazione iniziale dei docenti.

La mancanza di una traduzione italiana del rapporto Taking Science To School è certamente un handicap, ma qui potrebbero intervenire le associazioni con i loro esperti. Se non per altro, almeno per informare come l’America del neo-presidente Barak Obama si appresta ad affrontare il problema “non-negoziabile” dell’educazione scientifica.