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Parassiti: tutti da condannare?

 

Cyamus boopis parassita volgarmentepidocchio delle balene

Parassiti: tutti da condannare?

Valentina Vitali

 

Parassiti. L’emblema, anche in senso sociale, di chi vive a spese di altri, sfruttando le risorse altrui e causando spesso gravi danni al proprio più o meno consapevole ospite. Apparentemente nulla di positivo si potrebbe mai associare a questi organismi, che suscitano solo repulsione, eppure forse per la stessa strana attrazione che molti provano per il macabro e lo splatter dei delitti più spaventosi, studiare i parassiti ha attirato molti scienziati. E la ricerca ha come sempre portato alla luce elementi del tutto inattesi. La vita sulla Terra, per esempio, esiste grazie ad una parassitosi. Circa 1,5 miliardi di anni fa piccoli procarioti eterotrofi in grado di compiere la respirazione cellulare e alcuni cianobatteri si stabilirono dentro ad altre cellule più grandi diventandone parassiti; tale relazione non si è però evoluta negativamente ma verso una convivenza vantaggiosa per entrambi tanto da portare alla formazione della cellula eucariote. Quei parassiti infatti sono gli attuali mitocondri e cloroplasti, responsabili della respirazione cellulare e della fotosintesi clorofilliana. Questa teoria detta endosimbiotica dimostra come le parassitosi siano rapporti complessi tra organismi, che non necessariamente portano ad un evento negativo o alla morte dell’individuo parassitato, che invece è sempre l’esito della relazione con un parassitoide. Esistono sia endoparassiti, che vivono all’interno del corpo dell’ospite, che ectoparassiti, che vivono all’esterno del corpo dell’ospite pur mantenendo una stretta connessione; a questa seconda categoria appartengono organismi come ad esempio zecche, pulci, pidocchi, zanzare, pappataci e tafani, tutti in genere molto noti perché in grado di parassitare la specie umana o altri animali ad essa correlati come cani, gatti o cavalli. Non bisogna però dimenticare che sostanzialmente la maggior parte delle specie può diventare ospite di qualche parassita, anche gli insetti; le api sono ad esempio colpite dalla varroa, un acaro che ne succhia l’emolinfa. Persino i giganti del regno animale non sono immuni, tanto che numerose fotografie rappresentano cetacei ricoperti di ectoparassiti e si sta diffondendo la pratica da parte di singole persone o gruppi organizzati di staccare attivamente questi organismi ritenuti fastidiosi e dannosi. I corpi di molti cetacei rappresentano dei veri e propri micro-habitat mobili che trasportano con sé una grande quantità di specie come i pidocchi delle balene (ma presenti pure sui capodogli e altri cetacei), che in realtà non sono pidocchi (cioè insetti) ma crostacei del genere Cyamidae. Si tratta di organismi biancastri di dimensioni comprese tra i 5 e i 25 mm, in grado di ancorarsi saldamente alla pelle dei cetacei grazie a delle zampe uncinate e al corpo particolarmente appiattito quindi aderente a quello dell’ospite. Le zone più colpite sono ovviamente le più nascoste e protette dalle correnti d’acqua come le pieghe della pelle e gli occhi. Si alimentano perlopiù di alghe che crescono sul corpo dei cetacei e solo raramente di cellule epidermiche morte dell’ospite. Altri parassiti dei cetacei sono i balani, cirripedi sessili noti con il nome di denti di cane perché il crostaceo è circondato e protetto da una muraglia calcarea circolare appuntita e tagliente; aderire ad un animale che si muove invece che ad un substrato fisso permette a questi organismi di filtrare con i propri cirri più facilmente l’acqua marina trattenendo plancton. Altri cirripedi, come Xenobalanus globicipitis, invece si attaccano

pinna di una balenottera attaccata da Xenobalanus globicipitis  

soprattutto alle pinne dei cetacei diventandone commensali poiché si nutrono dei loro tessuti; persino nei fanoni di balene e balenottere si possono trovare ectoparassiti (Balaenophilus unisetus) che si alimentano di cheratina. Nonostante si tratti di parassiti che si nutrono dei tessuti dei cetacei (tranne i balani) nella maggior parte dei casi il loro impatto su ospiti in salute è molto ridotto; solo se si crea una sovrappopolazione i cetacei possono risultare appesantiti e di conseguenza affaticati, con una ridotta capacità di nuoto e di compiere spostamenti più o meno grandi. D’altro canto bisogna sottolineare che i sovrappopolamenti si verificano solo su individui già debilitati perché cetacei sani riescono a liberarsi dai parassiti strofinandosi attivamente su rocce o altre superfici, nuotando velocemente o approfittando dell’aiuto di altri organismi che se ne nutrono. Si può quindi affermare che gli ectoparassiti sono più che altro bioindicatori dello stato di salute dell’ospite: il grado di abbondanza delle popolazioni è correlato ad un peggioramento delle condizioni del cetaceo. Che essere umani non competenti e specializzati intervengano ad eliminare questi organismi non è quindi una pratica che influisce davvero sul benessere dell’animale poiché si eliminano parassiti nella maggior parte dei casi non realmente dannosi e non si agisce sulle condizioni di salute che hanno condotto al sovrappopolamento. Bisogna inoltre considerare che rafforzare per i cetacei l’associazione tra la presenza di un’imbarcazione e quindi di uomini e un evento positivo o addirittura un aiuto è estremamente rischioso: gli animali tenderebbero ad avvicinarsi a chiunque fino a farsi toccare, esponendosi al rischio di collisione con le imbarcazioni, di rimanere intrappolati nelle reti da pesca oppure di venire uccisi. È interessante osservare che attraverso lo studio di questi parassiti si possono invece ottenere rilevanti informazioni sulle specie ospiti che potrebbero avere delle ricadute positive anche sulle misure messe in atto per la loro conservazione. Gli individui dei Cyamidae si riproducono direttamente sui cetacei e si trasmettono ad un altro organismo solo tramite un contatto diretto; inoltre si tratta in molti casi di relazioni specie specifiche con l’ospite. Uno studio recente ha potuto

possibile interazione un cucciolo di balena franca australe con le megattere  

ipotizzare che ci sia stata un’interazione tra Eubalaena australis e Megaptera novaeangliae osservando gli ectoparassiti: su un esemplare spiaggiato di E. australis è stato ritrovato solo Cyamus boopis, specie tipica delle M. novaeangliae, quindi deve essere avvenuto un contatto diretto tra i cetacei nelle acque brasiliane che non sarebbe emerso con altre analisi (Life history told by a whale-louse: a possible interaction of a southern right whale Eubalaena australis calf with humpback whales Megaptera novaeangliae, 2017). È quindi attraverso i parassiti che si ottengono importanti informazioni sull’ecologia ancora in parte misteriosa dei cetacei, sulle loro migrazioni e persino sulla speciazione. Intervenire nelle delicate trame degli ecosistemi, seppur mossi da buone intenzioni, può avere ricadute non prevedibili e se non si hanno le giuste competenze i danni potrebbero essere maggiori dei benefici. Osservare i meravigliosi meccanismi ecosistemici, cercare di comprenderli e diffonderne e sostenerne la tutela è sempre l’aiuto migliore che si può fornire alla natura, anche per tenere sotto controllo i parassiti.