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La bussola biologica delle anguille

 

Anguille ciclo vitale

La bussola biologica delle anguille

 

Piero Sagnibene

 

Nel 1875, a Trieste, un diciannovenne studente austriaco, Sigmund Freud, tentò di risolvere il problema della riproduzione delle anguille. Ne dissezionò oltre 400, ma fu un insuccesso perché nessuno dei pesci presentava organi riproduttivi. Il problema era antichissimo; già ai tempi di Aristotele era stato notato che le anguille, pescate nelle acque dolci o salmastre, non presentavano mai gonadi mature e che la loro riproduzione non avveniva nelle acque dolci.
Furono fatte mille ipotesi, anche fantastiche, sulla loro riproduzione: generazione spontanea, ermafroditismo, addirittura nascita dai crini di cavallo. Nel Settecento Carlo Mondini (1729-1803) un medico-anatomista bolognese, individuò gli organi riproduttivi femminili delle anguille, noti oggi con il suo nome. Gli organi maschili furono individuati dal Syrski in due sottili nastri portatori di piccoli lobi translucidi, che si snodano lungo la cavità anatomica del pesce. Il Prof. Claus di Vienna, assegnò una ricerca di anatomia comparata al giovane Freud per chiarire le osservazioni di Syrski, e Freud concluse che i due nastri non erano testicoli, ma che potevano diventarlo, e che nell'anguilla non esiste, all'inizio, un vero e proprio dimorfismo sessuale, ma, con la crescita, da quei lobi si originerebbero gli organi sessuali veri e propri, in un individuo con la funzione di testicoli e in un altro di ovari. Pur ammettendo che le anguille si riproducessero nel mare mediante uova, la loro vita larvale restava sconosciuta, e che quegli esili e trasparenti pesciolini a forma di foglie, Leptocefali, non si pensava che potessero essere giovani nati dalle anguille.
Giovan Battista Grassi (1854-1925) e Salvatore Calandruccio (1855-1908) riuscirono a riconoscere i Leptocefali come giovani nati dalle anguille, i quali, dopo essersi portati in vicinanza delle coste ed avere subito una prima trasformazione, assumendo una forma più cilindrica, in grandi masse risalgono i fiumi dove in seguito assumono la forma definitiva degli adulti. Ma non si aveva alcuna idea da dove provenissero quelle larve, né in quali punti dei mari venissero deposte le loro uova.
Si conobbe la migrazione delle anguille verso il Mar dei Sargassi grazie agli studi di Johannes Schmidt che nel 1904 navigava nell'Atlantico catturando e misurando esemplari di anguilla e che cercò di capire perché nei fiumi non vi erano larve di tali pesci. Diciotto anni dopo, nel Mar dei Sargassi scoprì il luogo di nascita delle anguille, sebbene ancora non sapesse che quello era il luogo di nascita di tutte le anguille del mondo, anche di quelle che vivono (e peschiamo) nel delta del Po. Vi è un unico luogo d'origine, da cui le nuove nate ripartono per giungere fino alle coste e ai fiumi d'origine dei loro genitori. Solo il 17 ottobre 2022 i suoi studi hanno trovato definitiva conferma, grazie ai ricevitori satellitari che hanno documentato quale enorme viaggio affrontano le anguille per riprodursi.
L’indicazione stava nella livrea cangiante delle anguille, dorata nei laghi ed argentata nel mare. Nel corso della loro vita, le anguille (che possono vivere fino a 85 anni di età) passano attraverso 4 stadi di metamorfosi: nascono nel Mar dei Sargassi come minuscole larve; poi, raggiunte le coste dei luoghi di origine dei genitori, si trasformano in anguille di vetro, così chiamate perché sono trasparenti; quando dall'acqua salata passano all'acqua dolce, risalendo i fiumi, subiscono un'altra metamorfosi e diventano anguille gialle. Solo durante l'ultimo stadio, quando decidono di tornare nel Mar dei Sargassi, mutano per l'ultima volta e sviluppano organi sessuali, diventando così anguille d'argento.

Biologia delle anguille  

La biologia delle anguille ha alcuni passaggi prodigiosi. Gli interrogativi a cui rispose brillantemente Schmidt partivano da osservazioni per le quali le anguille, giunte al mare , sparivano, ed a volte era possibile notarle, durante la migrazione, nel Bosforo, nei Dardanelli, nell’Adriatico, nello stretto di Messina, nel Baltico e nella Manica. Furono catturate e marchiate e poi lasciate libere e si constatò che esse si dirigevano verso l’Atlantico. Schmidt , individuò una zona dell’oceano Atlantico, dove tutte le anguille sembravano dirigersi, e le piccole larve gli indicarono la vicinanza del luogo dove le uova si erano dischiuse: il Mare dei Sargassi. Riuscì a dimostrare che le anguille di tutto il mondo appartengono ad un unico Genere, Anguilla, che si differenzia in un certo numero di specie e di sottospecie. In genere le anguille raggiungono la maturità al dodicesimo anno di vita, ma anche più tardi. In questo periodo subiscono cambiamenti notevoli: il muso si assottiglia e si allunga, gli occhi si ingrandiscono, il corpo diviene più consistente ed assume nuove tonalità di colori; il dorso diviene verde-oliva tendente al bronzo ed il ventre diviene di colore argenteo, tanto che vengono chiamate anguille argentine. Il cibo non le attrae più e divengono vivaci ed irrequiete. Questi cambiamenti preludono alla loro partenza verso il luogo degli accoppiamenti, dove, spinte dallo straordinario istinto alla riproduzione, cercano di giungere superando ogni ostacolo. La loro migrazione inizia in autunno e nei primi mesi di inverno, e particolarmente adatte per i loro spostamenti sono le notti di tempesta, quando la pioggia cade più fitta. Escono dagli stagni, dalle fosse d’acqua, dai piccoli rivi ed, a volte, attraversando anche i prati, raggiungono i fiumi dove, nuotando vigorosamente aiutate dalla corrente, a volte anche in masse enormi raggiungono le foci dei fiumi, se riescono a sfuggire alle insidie dei pescatori.

Leptocefalo  

Nel mare nuotano instancabilmente, addirittura per molte migliaia di chilometri e per diversi mesi per raggiungere il Mar dei Sargassi. Viaggiano ad una velocità di 25-30 Km al giorno senza sosta e senza alimentarsi. All’arrivo, si portano ad una profondità di 200-300 metri dove depongono le uova che sono subito fecondate dai maschi. In primavera, tra marzo e giugno, quando la temperatura dell’acqua raggiunge i 20°C, le uova dopo un breve periodo di incubazione, si schiudono, escono le larve di appena pochi millimetri e così esili e trasparenti da sembrare piccoli aghi di cristallo. Le larve presentano ancora il sacco vitellino e denti lunghi e sporgenti. Le piccole larve si vanno via via trasformando e, verso i tre mesi sebbene conservino sempre la trasparenza, assumono la forma di piccole foglie di salice e raggiungono i 25 mm. In ottobre raggiungono i 30-40 mm di lunghezza e dopo un anno i 75 mm. Lo sviluppo si completerà solo verso i tre anni. Sebbene provviste di denti, le larve non si alimentano attraverso l’apparato digerente, ma per assorbimento dell’acqua di mare, attraverso la pelle che riveste il corpo. Inoltre esse si spostano continuamente, allontanandosi dal luogo dove sono nate e lasciandosi trasportare dalla Corrente del Golfo. Quando giungono al largo delle coste, i Leptocefali, che hanno ancora la tipica forma di foglie, si sono accresciuti sino a 60-90 mm di lunghezza. Prima di raggiungere la costa si trasformano assumendo in parte la forma adulta presso che cilindrica ma rimanendo trasparenti mentre la lunghezza diminuisce.

Leptocefali detti ceche forma adulta cilindrica e ancora trasparente  

In questo stadio di sviluppo gli spostamenti avvengono per movimenti attivi, ed i Leptocefali, che hanno ora occhi intensamente pigmentati di nero, sono detti “ceche”.

Le future femmine si portano, allora, alle foci dei fiumi e milioni e milioni di anguille, nelle notti invernali, e particolarmente in quelle scure, formano colonne serrate dette cordone o nastro. Avanzando, preferibilmente lungo le sponde, nuotano instancabilmente per tutta la notte, ma alle prime luci dell’alba si disperdono per andare a nascondersi tra sassi e piante fluviali in attesa della oscurità. Durante questa migrazione il corpo perde la trasparenza, si fa più corto e scuro, di soli 6-7 cm, e lo spessore di 2-3 mm. Le “ceche” , che hanno occhi ben funzionanti, attraverso i fiumi e gli affluenti, raggiungono stagni e piccoli corsi d’acqua dove vivono intente alla ricerca del cibo, sino al momento di intraprendere una nuova migrazione, quella riproduttiva, insieme ai futuri maschi che le hanno attese alle foci dei fiumi.

Quando vivono nelle paludi, le anguille sono solite infossarsi nel fondo melmoso. Spesso escono dall’acqua per strisciare di notte nell’erba umida. Possono resistere fuori dall’acqua in quanto gli opercoli si attaccano alla fessura branchiale chiudendola completamente. Se sorprese dall’alba nei campi, si nascondono nei luoghi più riparati e umidi avvolgendosi a spirale. La loro resistenza fuori dall’acqua spiega come possano raggiungere corsi d’acqua, anche lontani da dove esse vivono, i quali possono condurle al mare.

 

si proteggono con l'ittiotossina ricominciano a mangiare per partire per il grande viaggio    

Le anguille sono protette dai loro predatori per il fatto che il loro sangue contiene una sostanza tossica, la ittiotossina, un emolitico, ma termolabile per cui è distrutto dalla cottura delle carni.
Durante l'ultima fase le anguille smettono di mangiare per l'intero viaggio di ritorno verso il Mar dei Sargassi, che può durare oltre un anno. Il loro obiettivo ultimo è tornare a casa, dove sono nate. Se un'anguilla non può tornare nel Mar dei Sargassi, non subisce l'ultima metamorfosi, ossia non matura sessualmente, e sembrerebbe quasi che possa vivere per sempre "cristallizzata"; in quel penultimo stadio di mutamento. Sono loro a decidere quando è arrivato il momento: alcune lo fanno dopo qualche anno di vita, altre anche dopo i sessanta anni di età.
Il viaggio delle anguille è lungo fino a 10.000 km, dura circa un anno, durante il quale esse non si alimentano e nuotano senza sosta, dirette al loro luogo di riproduzione nel Mar dei Sargassi;
questa è una delle più impressionanti imprese di migrazione animale osservate in natura. Una volta che si sono schiuse le uova inizia il viaggio verso i continenti delle piccole larve a fogliolina, i Leptocefali. Queste impiegano tre anni e per un distanza a volte anche maggiore di quella percorsa dagli adulti; devono infatti seguire una rotta diversa per raggiungere le correnti che vanno verso le terre, dalle quali si fanno trasportare (es.quelle del Nord Atlantico); nuotano anch’esse senza riposo ed infine devono poi uscire dalle correnti oceaniche e nuotare verso le coste per raggiungere le foci dei corsi d’acqua che poi risalgono, per portarsi nei rivi e nei corpi d’acqua superficiali, essendosi trasformate in ceche. Da adulte dovranno compiere il viaggio di ritorno a partire dagli stagni e dai piccoli corpi d’acqua dei continenti per raggiungere, anche via terra, quei fiumi che le portano nel mare, orientarsi, scegliere le loro rotte, dalle acque costiere fino alle correnti oceaniche dalle quali, dopo un anno di digiuno e di nuoto ininterrotto, uscire nei punti esatti per dirigersi verso il Mare dei Sargassi, maturando, durante i viaggio, gli apparati riproduttivi. Non sappiamo ancora quale sia la “bussola biologica” che permette tutto ciò alle anguille.

Mar dei Sargassi Correnti  

Il Mar dei Sargassi si trova nella zona delle calme del Tropico del Cancro, al centro dell'Oceano Atlantico settentrionale, tra gli arcipelaghi delle Azzorre e delle Grandi Antille. I suoi confini sono delimitati a ovest dalla Corrente del Golfo, a nord dalla Corrente Nord-atlantica, a est dalla Corrente delle Canarie  e a sud dalla Corrente Equatoriale Nord.  Occupa una superficie di circa 6milioni e seicentomila chilometri quadrati ed ha una profondità media di sette chilometri Il nome di quel tratto di mare fu dato dai naviganti del secolo XV per le alghe galleggianti, dal portoghese sargaço, derivato dal latino salica, salcio. Le alghe fluttuanti che lo ricoprono si trovano tra le latitudini del 400 (nord) e del 27°(sud). E’ una zona dell’Atlantico molto tranquilla, senza vento, con poche onde ed è coperta interamente di alghe sulla superficie, che vengono chiamate “uva dei tropici”. La navigazione é quasi del tutto impossibile per l’ammasso e il groviglio della vegetazione che può sono raggiungere anche decine di metri; lo spessore della massa vegetale é tale da addensare addirittura lo strato superficiale dell’Oceano Atlantico per il suo peso. Le sue acque hanno colore blu ed eccezionale chiarezza e visibilità subacquea fino a 61 metri. Oggi, l’Oceano Atlantico sta venendo invaso dai sargassi, che negli ultimi anni  sono aumentati a un ritmo impressionante. L’espansione è stata alimentata dalle attività umane come l’agricoltura intensiva della soia, che scaricano azoto e fosforo in acqua, cioè nutrienti in grado di favorirne la crescita. Si tratta della più grande fioritura di alghe mai registrata, visibile addirittura dallo spazio; la sua estensione, in una striscia bruna orizzontale, parte dal Golfo del Messico per arrivarefino al Congo, con una estensione di circa 8000 km, cominciata a partire da 2011.

Sargassi  

I sargassi sono alghe brune (Phaeophyceae), organismi pluricellulari marini complessi che prediligono acque fredde e ben ossigenate. Sono dotati di aerocisti che hanno forma e grandezza di acini d’uva, grazie ai quali posso galleggiare ed assorbire la radiazione solare; gli aerocisti sono ripieni di aria o di oli. Contengono clorofille a e b, betacarotene e grandi quantità di xantofille, tra cui la fucoxantina, responsabile del loro colore. Hanno una parete formata da acido alginico, all’esterno, e celluosa, all’interno. Le fronde sono l’unica parte fotosintetizzante, contengono le solenocisti, cellule allungate e slargate ricche di vacuoli che permettono il passaggio di sostanze nutritive.
Il peso di questa enorme massa di alghe può è di circa 24,2 milioni di tonnellate. Le cause sono l’aumento della temperatura superficiale delle acque, dovuta la riscaldamento globale, che crea una condizione favorevole alla crescita dei sargassi anche in mare aperto, e lo scarico di acque reflue provenienti dalle coltivazioni di soia, che aumentano la quantità di azoto e fosforo presente nell’oceano. Questa crescita anormale dei sargassi ha ricadute ambientali ed economiche catastrofiche. Gli enormi ammassi di sargassi cresciuti negli ultimi dieci anni hanno danneggiato la fauna marina modificando profondamente il loro ecosistema, bloccando la luce sul fondale marino e rendendo ancora più difficile la pericolosa traversata dei cuccioli di tartaruga verso il mare, che restano intrappolati nelle montagne di alghe in decomposizione sulle spiagge.
Questa enorme quantità di biomassa, inoltre, non può essere usata come fertilizzante, perché contiene anche metalli pesanti come l’arsenico, molto pericoloso per le piante, e rende anche impossibile da compostarla, perché si rischierebbe di contaminare con l’arsenico le falde acquifere, mentre il suo impiego nell’industria è svantaggioso perché estremamente costoso.

raccolta di sargassi spiaggiati  


La IUCN inscrive l’anguilla nella Lista Rossa, cioè “in pericolo critico”, classificazione che precede immediatamente l’estinzione in natura. Se si tiene conto del fatto che l’anguilla non è allevabile in cattività per ripopolamenti, il livello del pericolo di estinzione è elevatissimo. Le principali cause della rarefazione di questo animale stanno nel riscaldamento globale, dato che le anguille necessitano di acque fredde e ben ossigenate ed il riscaldamento depaupera le acque di ossigeno; una seconda causa è l’inquinamento tossico degli oceani dovuto a diossine e policlorobifenili (PCB - una miscela di idrocarburi clorurati di uso industriale) ed infine la pesca eccessiva, sia degli adulti, che delle ceche e del Leptocefali. Si è registrato un calo progressivo delle anguille che tornano nei fiumi europei del 95%. La cattura delle giovani anguille e quella, ricercata, delle grosse femmine in condizioni di migrazione (dette capitoni), la pesca eccessiva di anguille a scopi per rifornire gli allevamenti hanno portato al limite dell’estinzione le anguille. Il 96% del prodotto italiano, ad esempio (l’Italia è il primo produttore al mondo) viene destinato al mercato giapponese per il Kabayaki, un piatto molto consumato in quel paese. Questa situazione tragica si combina con lo sconvolgimento del loro ecosistema riproduttivo dovuto alla esplosione demografica dei sargassi.

 

Anguille adulte