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Vietato l’ingresso ai fantasmi!

 

 

Vietato l’ingresso ai fantasmi!

Vietato l’ingresso ai fantasmi!

 

di Luciano Luciani

 

 

Ignoro se ci sia ancora, ma fino a quindici anni fa, all'interno della vetrina di un frequentatissimo bar della Versilia interna, spiccava un cartelletto che, modesto nei caratteri, ma perentorio nei toni vietava “l’ingresso ai fantasmi!”.

Intriso da sempre di letture di Bierce, Poe, Lovecraft, Stephen King (il grandissimo, grandissimo King!) e di tanti loro epigoni, degni e - lo confesso - anche meno degni, mi azzardai a chiedere qualche spiegazione. E il barista e i radi avventori presenti in un luminoso pomeriggio di fine secolo e di millennio non si fecero troppo pregare troppo a propormi la storia che segue:

“In un tardo pomeriggio piovoso di un autunno che si avviava a diventare inverno di qualche anno or sono, entrò nel bar una ragazza bella e affascinante nel suo pallore un po’ malato e nella mise piuttosto fuori moda; ordinò un caffè e si ritirò a consumarlo, un cucchiaino per volta ma quasi con avidità, nell’angolo più appartato e buio del locale. Non appariva in gran forma: oltre al colorito cereo, le tremavano le mani, al punto che rovesciò qualche goccia di caffè sulla camicetta chiara e leggera, assolutamente inadatta al freddo di quella serata di tardo novembre. Agitata, gettava sguardi fuggevoli ma angosciati verso la porta d’ingresso, quasi temendo qualche apparizione spiacevole.

Dopo quasi un’ora, durante la quale la misteriosa ragazza aveva finito per attirare l’attenzione di tutti i rari presenti, si tirò su con aria decisa e mosse verso l’uscita. Barcollò: un paio di ragazzotti, che avevano cominciato a riempire il bar di chiacchiere inutili e sempre uguali a se stesse sul Milan e la Juve, si alzarono per soccorrerla. Lei si schermì, mormorando qualcosa circa un appuntamento assolutamente indifferibile a cui rischiava di mancare. Doveva arrivare e soprattutto in tempo. Qualcuno -incuriosito? Impietosito? Attratto? - propose di accompagnarla in macchina.

La ragazza rifiutò, ma debolmente, senza decisione. Il suo era un no che sembrava quasi un sì. Infatti, accettò.

Salirono in macchina, due o tre giovinotti calcisti e lei, sempre pallida, sempre affascinante, quasi commovente nella fatica di mantenere controllo e dignità, nonostante un evidente stato di sofferenza.

Silenziosa si accomodò dietro e si fece accompagnare per un tratto di cinque/sei chilometri lungo la provinciale, fino all’incrocio con una stradina buia e malamente asfaltata. Chiese di essere lasciata lì.

 

Ormai è buio, piove un’acquerugiola fitta, fredda, fastidiosa. I ragazzotti, intimiditi, si azzardano a dichiarare la loro disponibilità a condurla anche oltre, alla fine di quella viuzza, che, in salita, rischia di mettere a dura prova le modeste risorse fisiche e nervose della ragazza. Che, però, nemmeno risponde e con un gesto autorevole si fa lasciare in un punto qualsiasi. Li guarda per l’ultima volta con un sguardo colmo di gratitudine non disgiunto da una punta di ironia, scende e si avvia, nell'oscurità e nella pioggia.

In pochi minuti i ragazzotti rientrano nella luce e nel caldo denso di afrori del bar. Ma quella figura, così enigmatica, continua ad agire nella loro coscienza, ad agitarla. Ha ormai preso il posto del solito Milan, della solita Juve, delle chiacchiere pallonare di tutte le sere.

Chi era? Forse qualcuno la conosce? E dove sarà andata per quella stradaccia sconnessa? Tu hai visto - a destra, a sinistra, in fondo - il chiarore di qualche casa? No, io no… Ma lì, proprio lì, non c’è un cimitero?

Risalgono in auto, rifanno lo stesso percorso di prima, avventurandosi per la stradaccia lo allungano di un paio di chilometri. Né da una parte, né dall’altra sorgono abitazioni: la strada termina proprio con un piccolo cimitero di campagna.

Il cancello è aperto, ma nessuno si azzarda ad entrare.

Lo faranno solo la mattina dopo.

E ritroveranno la ragazza. Li osserva da una fotografia, ingiallita e consumata dal tempo, corredo funerario della tomba di una giovane di neppure trent’anni, morta mezzo secolo prima. É proprio lei che li guarda dal marmo, lo stesso sguardo insieme triste, caldo e ironico che tanto li aveva colpiti.

Sullo sparato della camicia le macchie del caffè versato la sera precedente…”

 

Questa la storia, raccontata in tutta sincerità e con una dovizia di particolari superiori alla mia memoria e alla mia capacità di narrare: un esempio quasi da manuale di contaminazione tra le tematiche del paranormale e il classico dei classici della leggende contemporanee, il mito del vanishing hitchhiker - ovvero dell’autostoppista evanescente - diffuso in diverse versioni nel folklore internazionale contemporaneo e presente anche in Italia nel Veneto, in Emilia, Piemonte, Liguria e ora anche in Toscana. Una leggenda extraurbana, un esempio della forza e persistenza dei miti, che, nati nel mondo rurale, hanno saputo rigenerarsi e sviluppare una straordinaria capacità di penetrazione anche in ambiente urbano. Insomma, nihil sub sole novi. Le leggende contemporanee aggiornano i miti del passato e veicolano nuove angosce e moderne fobie, impulsi attuali e desideri recenti. Così le legge Danilo Arona, studioso dei miti e della mentalità dei nostri giorni:

 

“Così, nata per rendere l’uomo libero e respingere fuori dalla propria struttura ricca di valori simbolici positivi sia i nemici e le malattie, sia le larve di antichi demoni, la città moderna si avvia con una rapidità folgorante a capovolgere i suoi significati e ad assumere il volto di un incubo all’interno del quale figure mitiche profonde si presentano con forme nuove e arcaici significati. Contemporaneamente si determina la scissione del leggendario in metropolitano ed extrametropolitano, quest’ultimo più legato all’antichitità e più intriso di folklore.

Ai giorni nostri la storia non cambia. Le città ingoiano i loro protagonisti più deboli e raccontano leggende oscure, perfetti plot oltre l’horror e sconfinanti nel modernissimo splatterpunk, ma al contempo reminiscenze gotiche dei secoli scorsi, che si intrecciano con il ritmo subliminale dei videoclip e le discipline multimediali: topi giganteschi, pantere nere, baby-sitter assassine, avvelenatori di frutta, propagatrici di Aids, culti satanici, sacrifici umani, cannibali urbani, case infestate e autostoppisti fantasma”.