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I miei rispetti signor Porcuratore

I miei rispetti signor Porcuratore

Viaggio semiserio tra gli errori di battitura

 

Faccio parte di quella generazione di persone che non hanno imparato a scrivere a macchina a scuola, e inoltre sono rimasto dell’opinione che a scuola si impari solo quello che già si sa fare; forse detto così è un po’ forte, ma spiega bene anche perché spesso ci si annoia da morire.

Col tempo ho imparato a scrivere velocemente, sempre guardando la tastiera e spostando lo sguardo sul foglio (quando si scriveva direttamente lì sopra) e sul monitor da quando i pc sono economicamente accessibili. Quando mi capita di vedere i figli che volano sui tasti, senza far errori, rivolgendo lo sguardo sempre sul monitor, mi prende un misto di orgoglio e desolazione per un risultato che non solo non raggiungerò mai, ma diventa sempre più lontano.

Intanto rileggendo quel che ho scritto scopro un “rogoglio” al posto di orgoglio, correggo rassegnato.

Ecco ci siamo, per uno che ha passato tutta la vita lavorativa e oltre a scrivere, l’errore di battitura è non dietro l’angolo, ma davanti agli occhi sempre più insidioso e frustrante e, se non si vogliono perdere o infastidire gli amici, per correggere i propri strafalcioni, bisogna prendere l’abitudine di leggere, e rileggere, quel che si è scritto. Non è solo una questione di fastidio per chi legge dover tradurre una parola incomprensibile sulla base del contesto: ogni persona abituata lo fa quasi senza pensare, appunto “quasi” e per un attimo perde la concentrazione e la fluidità della lettura viene interrotta dalla necessità della comprensione. Per esempio in questo caso vi sareste trovati davanti “gluiditò” in luogo di fluidità: È un bell’esercizio!

Una volta mi capitò di dire ad un mio peraltro stimatissimo collega di filosofia, troppo prolifico nello stendere volantini, che “aveva la penna più veloce del cervello” perché di solito erano lunghi quando verbosi e inconcludenti. Ora scriviamo tutti su una tastiera e la nostra calligrafia si è progressivemente trasformata un una cacografia storta, quasi tutta in maiuscolo limitata a documenti che non vanno oltre la sequenza: MELE POMODORI PANE LATTE e poco altro, ma gli smartphone subdolamente stanno correndo in aiuto di coloro che trovano poco trendy girare il supermercato con un foglietto in mano: molto più pratico il telefono (o no?).

Secondo Wikipedia si tratta di refusi (da refundere, riversare): è un errore causato dallo scambio o dallo spostamento di uno o più caratteri  in fase di composizione manuale dei caratteri mobili negli scompartimenti della casse tipografiche, o ad uno scambio dei movimenti delle dita durante la battitura.

“Ci può essere l’omissione (es. Wikpedia) o l’aggiunta (es. Wikiipedia) o lo scambio di posizione di due caratteri vicini (es. Wikiepdia).” È normale che ci siano refusi, anche in abbondanza, per i testi destinati alla pubblicazione ci sono i correttori di bozze (consigliabili due letture di due persone diverse, un lusso raramente possibile oggi) una volta i correttori leggevano al contrario per evitare di lasciarsi ingannare dal fluire del ragionamento e non vedere gli errori automaticamente corretti dal cervello. Alla fine della carriera molti non sapevano più leggere.

Ormai tutti i programmi di scrittura, come quello che sto usando, possiedono un correttore, addirittura che procede a sostituire il refuso con la parola più vicina (chi ha scritto anche una sola volta un sms conosce benissimo rischi e benefici). È di una comodità spaventosa seconda solo al rischio che si corre affidandosi completamente al correttore automatico.

Vi ricordate della scoperta del bosone di Higgs? Certo, come si può non ricordare? Se lo ricordano bene anche i destinatari dell’invito del Rettore ad una conferenza dal titolo “La scoperta del borsone di Higgs presso l’HLC di Ginevra” Fioccarono un sacco di risposte irridenti alla scarsa cura con cui si era trattato l’argomento: ma cosa ci aveva infilato dentro il borsone Higgs? Petrodollari da portare in Svizzera, pensa è arrivato in un attimo passando dal Gran Sasso e attraverso il tunnel dei neutrini, sì proprio quello costruito dalla Gelmini!

Ma non sempre le conseguenze degli errori di battitura sono solo divertenti per i lettori e fastidiose per chi li ha commessi: nove anni fa la Borsa di Tokyo passò l’ordine di un operatore che costò poco meno di 350 milioni di dollari in appena 10 minuti: per una inversione delle cifre vennero ordinate delle azioni in misura 40 volte maggiore a quelle desiderate. Non sappiamo se il trader si sia ripreso, di sicuro si è licenziato, come il presidente dell’azienda; l’azienda ha subito conseguenze nefaste e la borsa di Tokyo che ha accettato l’ordine, ha dovuto rifondere, nel dicembre 2009, circa 10.7 miliardi di yen: quasi un quarto delle perdite.

Chi ci ha guadagnato? Ovviamente i giganti del trading, UBS, Morgan Stanley e Lehman Brothers; UBS e Lehman Brothers decisero di restituire i guadagni, Morgan Stanley no. Col senno di poi a Lehman Brothers quei soldi avrebbero fatto parecchio comodo. Due investitori, di 27 e 24 anni, riuscirono a guadagnare ben 17.6 e 6 milioni di dollari.

Ora mi ritrovo ad aver disattivato tutti gli automatismi senza rimpianto. Non si può scrivere con il testo che si colora come un arcobaleno sotto ogni parola perché al correttore sintattico non piace quella espressione, la parola storpiata che deve continuare ad esserlo perché magari si tenta di dire qualcosa di originale, lampeggia come un semaforo impazzito e alla fine ho deciso di perdere un po’ più di tempo per correggere il più possibile gli errori affidandomi, per quelli rimasti, alla clemenza di chi leggerà queste sciocchezze.

(VT)