Scienze
Tecnologia
Ingegneria
Matematica
Paola Bortolon (*)
Il potenziamento delle discipline STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics) costiutisce oggi una priorità dei sistemi educativi a livello globale.
Il loro apprendimento non si esaurisce però nel sapere disciplinare, nella semplice conoscenza di leggi, teorie, concetti, anche se la conoscenza costituisce un ingrediente importante ma non esaustivo della competenza, grazie alla quale affrontare e cercare di risolvere i problemi complessi di una società in continua e rapida evoluzione.
Vari interventi normativi hanno sottolineato l’importanza di un cambiamento nella prassi didattica di queste discipline, nelle modalità con le quali far superare alcuni stereotipi, incrementare la passione per la conoscenza, integrare i saperi, sviluppare capacità argomentative, potenziare il pensiero critico, l’autonomia, la fiducia in se stessi e la metacognizione.
Il Ministero dell’Istruzione ha recepito le raccomandazioni del Consiglio dell’Unione Europea del 2018 implementando le 8 competenze chiave inserite nel Modello nazionale di certificazione delle competenze al termine della Scuola Primaria e Secondaria di 1° grado, anche esplicitandone le finalità (D.M. 742 del 3/10/2017).
Nel caso specifico delle discipline STEM si parla di “Competenza matematica e competenza in scienze, tecnologie e ingegneria”, che si traducono per la scuola primaria in: “Utilizza le conoscenze matematiche e scientifico-tecnologiche per trovare e giustificare soluzioni a problemi reali” e, al termine della scuola secondaria di 1° grado, in “Utilizza le sue conoscenze matematiche e scientifico-tecnologiche per analizzare dati e fatti della realtà e per verificare l’attendibilità di analisi quantitative proposte da altri. Utilizza il pensiero logico-scientifico per affrontare problemi e situazioni sulla base di elementi certi. Ha consapevolezza dei limiti delle affermazioni che riguardano questioni complesse”.
Consapevoli dell’importanza di operare tempestivamente affinchè il dichiarato si trasformasse in agito, affinchè la cerificazione non si riducesse in un mero atto burocratico, perché non si contrabbandasse per competenza una semplice conoscenza, perché più strumenti valutativi venissero utilizzati con continuità, agenzie formative, associazioni culturali, gruppi di volonterosi e appassionati docenti hanno cercato di indicare e predisporre azioni concrete di formazione e di supporto agli insegnanti e ai dirigenti scolastici.
Parallelamente, sia a livello nazionale che internazionale, si sono analizzate le differenti problematiche dei sistemi scolastici, le cause della dispesione più marcata in alcune realtà rispetto ad altre, l’entità degli insuccessi, le inadeguate scelte scolastiche e lavorative dei giovani, il tasso di NEET (Not engaged in Education, Employment or Training) nei vari paesi europei, le discrepanze di genere che condizionano e demotivano le ragazze.
Una ricca documentazione è stata prodotta e continua ad essere prodotta, viene illustrata in conferenze e convegni, diffusa a diversi livelli.
Importanti finanziamenti sono erogati dall’Europa per potenziare le discipline STEM e per integrare i saperi. Le varie tipologie di progetti Erasmus favoriscono il confronto tra i docenti dei paesi partner, permettono la costituzione di learning community adulte nella quali supportarsi vicendevolmente, condividere problematiche, esperienze, azioni di miglioramento e risorse didattiche.
Già nel 2007, di fronte all’allarmante declino dell’interesse dei giovani per le discipline scientifiche e per la matematica, su indicazione della Commissione Europea, il gruppo di lavoro presieduto da Michel Rochard aveva pubblicato il rapporto “Science Education Now: A New Pedagogy for the Future of Europe" nel quale si evidenziavano le cause del disinteresse degli studenti per le materie scientifiche e si indicava come strategia efficace l’approccio investigativo, definito sinteticamente con l’acronimo IBSE (Inquiry Based Science Education).
Ad analoga conclusione giunse l’ALLEA (All European Academis), una federazione che comprende 53 accademie nazionale di 40 paesi, che riportò il frutto della sua indagine (condotta nel 2011 e 2012) nel report “A renewal of science education in Europe - Views and Actions of National Academies” (2012).
L’approccio IBSE modifica l’impostazione dell’insegnamento tradizionale e permette al ragazzo di impadronirsi del metodo scientifico.
Esplorando la realtà e analizzandola da più punti di vista egli viene spinto a porsi domande a cui cercare di dare risposte. Deve cioè formulare ipotesi di spiegazione da verificare attraverso percorsi fattuali: esperimenti, ulteriori osservazioni, ricerca di informazioni, consultazioni, contatti con esperti. I dati raccolti e organizzati in vario modo consentiranno di corroborare o falsificare l’ipotesi. In tutto questo lavoro il ragazzo assume un ruolo attivo e centrale, sviluppa processi di pensiero, capacità critiche, autonomia, creatività. Facendo e confrontandosi con gli altri, potenzia la sua dimensione comunicativa, elemento indispensabile anche per la concettualizzazione.
Questa impostazione didattica richiede un’iniziale azione di supporto, atta a guidare il discente e a canalizzare le sue energie. Indispensabili sono l’applicazione iniziale di ben definiti protocolli di lavoro, la predisposizione di schede e quaderni di laboratorio, di strumenti di osservazione e di valutazione. L’intero percorso deve essere poi costantemente monitorato, supervisionato, implementato, per evitare naufragi cognitivi e disequilibri con il potenziamento della dimensione affettivo-relazionale a scapito di quella cognitiva. La centralità del processo di apprendimento non presuppone abbandono o improvvisazione, ma una chiara visione da parte del docente di dove andare, di quali obiettivi far raggiungere.
L'efficacia dell'Inquiry Based Science Education (IBSE) è ampiamente confermata dalla letteratura internazionale (Abd-El-Khalick & Lederman, 2000[1]; Brickman, Gormally, Armstrong, & Hallar, 2009[2]; Lynch, Kuipers, Pyke, & Szesze, 2005[3]), essenzialmente riferita a ricerche svolte in contesti in cui l'applicazione di tale approccio è da tempo consolidata e prevista dalle linee guida istituzionali. In particolare, è stato dimostrato l'impatto positivo dell'IBSE sulla comprensione profonda dei concetti scientifici, sullo sviluppo di competenze specifiche e trasversali, incluse quelle di livello elevato, nel promuovere l'interesse e la motivazione e nel migliorare il rendimento complessivo. Tali effetti risultano persistenti nel tempo e si riferiscono a tutti gli studenti, compresi quelli con storie di insuccesso scolastico o con difficoltà di apprendimento, garantendo al tempo stesso il raggiungimento di livelli di eccellenza.
Di fronte alla complessità e in assenza di una verifica sistematicamente condotta dall’esterno e di feedback volti a evidenziare successi e insuccesi nel processo di insegnamento-apprendimento, ognuno segue i personali interessi, la personale visione della scuola, degli studenti, della società. In un certo qual senso, si arrangia, sia riconoscendo la necessità di cambiare ma non agendo consapevolmente per farlo, sia seguendo percorsi formativi, la cui validità non è sempre rispondente alle aspettaive e alle reali necessità.
Il cambiamento richiede tempo, scelte strategiche condotte a piccoli passi, ripetute più volte con successivi correttivi. Non ci si deve aspettandere cambiamenti miracolosi e immediati, poichè, agendo con ragazzi, le variabili in gioco sono molte, e molte quelle per così dire “confuse”, di difficile individuazione.
Le stesse modalità di interazione docente-discente sono mutevoli, risentono delle personali condizioni fisiche e psicologiche, dei bias momentanei e delle modalità con cui, di volta in volta, si osserva il contesto d’azione.
Pillole di didattica
IBSE in azione
Un’attività IBSE, come altre tipi di attività, deve partire da un engage, volto a motivare, coinvolgere, sfidare, emozionare gli studenti. Quando ci si emoziona, infatti, si attiva l’amigdala, una piccola struttura a forma di mandorla collocata nella parte più interna del cervello e considerata il centro delle emozioni. L’amigdala attivata invia dei segnali all’ippocampo, che raccoglie e immagazzina le informazioni in modo più efficace. Studi recenti hanno evidenziato anche un incremento della serotonina, un neurotrasmettitore che sembra avere un ruolo importante nell’apprendimento e nella memorizzazione.
L’engage potrebbe essere costituito da una situazione problematica, di cui non si conoscono le cause o le modalità risolutive, da un breve video che affronta una tematica di attualità, da un evento discrepante che appare in opposizione con quanto conosciuto, da un articolo su aspetti della realtà o del vissuto dei ragazzi.
Affrontando la tematica dei processi ossidativi, una questione problematica potrebbe essere la seguente “Per la merenda, Anna vuole portare a scuola una mela già sbucciata e tagliata a fette, ma teme che alla ricreazione troverà le fette annerite”.
Va quindi individuata la domanda di ricerca, che non è attività così banale come potrebbe sembrare, in quanto molto spesso gli studenti trovano difficoltà nel distinguere il problema da una domanda e una domanda generica da una domanda di ricerca.
Le domande di ricerca o domande produttive sono le domande a cui può essere data una risposta attraverso l’investigazione e l’analisi dei dati (Bell & All, 2005)[4]. Non tutte le domande sono investigabili o lo possono essere in uno specifico ambito scolastico.
“Come si classificano le rocce”, ad esempio, non comporta l’avvio di un’investigazione, ma bensì il recupero di conoscenze possedute o che si dovranno acquisire attraverso consultazione di manuali, studio e memorizzazione.
Per lo stesso motivo non sono domande di ricerca “Cosa farai domani sera?”, “Perché le piante crescono?”, “È giusto proteggere le piante dall’estinzione?”
Indentificata la domanda di ricerca “Cosa si può fare per impedire l’imbrunimento delle fette di mela?”, prende l’avvio la predisposizione del protocollo sperimentale, che sarà redatto singolarmente da ciascun studente e condiviso poi nel piccolo gruppo, per essere successivamente illustrato alla classe.
Autonomamente gli studenti devono indicare l’ipotesi da sottoporre a verifica, il percorso investigativo, costituito da materiali e procedimento; riporteranno successivamente i dati registrati durante l’investigazione, che nel caso in oggetto sono di tipo qualitativo, e la loro analisi, per giungere poi ad accettare o a falsificare l’ipotesi iniziale.
Utile è far indicare eventuali difficoltà incontrate e possibili strategie messe in atto o che potrebbero essere attuate in una futura sperimentazione.
Nella consapevolezza dell’inarrestabilità della conoscenza, potrà essere riservato uno spazio alla formulazione di altre domande a cui cercare di dare risposte, sia mediante ulteriori investigazioni sia attraverso consultazioni di testi di studio, articoli, siti internet.
Per evitare momenti di scarsa produttività, confusione, perdita di concentrazione, vanno attentamemte definiti e fatti rispettare i tempi da dedicare a ciascuna fase di lavoro, predisposti gli strumenti e i materiali da utilizzare durante la sperimentazione, preparata e consegnate la scheda di lavoro, che dovrà avere sempre la stessa impostazione, così da facilitarne l’utilizzo. Vanno riservati tempi distesi all’argomentazione e al confronto.
Spiegare agli altri come si è proceduto, quali strategie si sono adottate, a quali conclusioni si è giunti consente di chiarire a se stessi quanto appreso e concorre alla costruzione della competenza comunicativa, che, oltre alle conoscenze lessicali e sintattiche, comporta competenze paralinguistiche, l’utilizzo di espressioni facciali, gesti, postura con cui attivare l’interesse e l’attenzione di compagni.
Dal confronto, inoltre, nascono nuove idee, si analizza da un diverso punto di vista quanto prodotto, si supera l’individualismo e l’egocentrismo, ci si allena ad ascoltare e, nello stesso tempo, si consolidano le conoscenze.
Alla fase operativa e di condivisione si associa la documentazione del lavoro svolto. Schede di laboratorio, report, diari di bordo, diapositive, immagini, disegni divengono strumenti di studio e di riflessione, ma anche oggetti di valutazione e di autovalutazione. La condivisione di rubric o di check list aiuta il docente e lo studente a valutare sia il prodotto realizzato nell’investigazione sia il processo che con essa si è attivato.
La documentazione non avviene solo alla conclusione dell’attività investigativa. Specifici momenti sono dedicati alla elaborazione di scritti sia personali sia di gruppo.
Educare al pensiero critico
Uno dei compiti della scuola è sviluppare nei ragazzi il pensiero critico, la capacità di analizzare le informazioni che giungono da più parti, individuando quelle a cui credere da quelle che vengono definite fake news e che, anche grazie all’ampia diffusione della rete e dei social media, si moltiplicano e si diffondono con grande rapidità.
Per cercare di definire che cosa si intenda per pensiero critico molti filosofi, pedagogisti, educatori ne hanno indicato le caratteristiche: atteggiamento riflessivo per valutare il grado di probabilità che una credenza sia vera o falsa (Dewey), mobilitazione del ragionamento, impegno investigativo, capacità di non lasciarsi convincere indiscriminatamente, capacità di bloccare e annullare le risposte automatiche (Stanovich)[5], cioè di riconoscere i propri bias.
Una definizione più articolata ed estesa si trova in “The Delphi Report” (Facione, 1990)[6] pubblicato a seguito del lavoro condotto da un gruppo di 46 esperti ed educatori, coordinati da Peter Facione e commissionato dall'Associazione Filosofica Americana.
Nel report vengono anche delineate le caratteristiche del “pensatore critico”: soggetto abitualmente curioso, ben informato, fiducioso nella ragione, di mentalità aperta, flessibile, equo nella valutazione, onesto nell'affrontare i pregiudizi personali, prudente nell’avanzare giudizi, disposto a riconsiderare, chiaro, ordinato, in grado di organizzare le questioni complesse, diligente nella raccolta di informazioni, persistente nella ricerca di risultati precisi.
Fermo restando che non è possibile e neppure utili dedicare al pensiero critico un tempo definito (1 o 2 ore alla settimana) o un corso specifico, si rivela efficace invece, durante lo svolgimento delle varie attività didattiche, riservare dei momenti per condividere con gli studneti la validità di una informazione, individuando la fonte da cui essa proviene, il tipo di prove e di evidenze che la supportano, le modalità argomentative con cui l’informazione stessa viene presentata.
Vanno inoltre sensibilizzati i ragazzi sul valore della conoscenza, grazie a cui si riescono a individuare con maggior destrezza notizie poco credibili, bufale diffuse con intenti manipolatori, economici, di visibilità e, talvolta, anche per errori commessi in buona fede.
Le personali condizioni psicologiche e fisiche possono poi indurre ad adottare scorciatoie cognitive (euristiche) che comportano errori valutativi, portando a credere a notizie che sembrano confermare le proprie idee su una situazione o un problema (bias di conferma).
Va comunque fatto notare che la stessa conoscenza scientifica non è assoluta e certa, l’errore nella scienza è il motore stesso della sua evoluzione, consente il superamento di vecchie teorie e la nascita di nuove.
Possono rivelarsi efficaci semplici attività volte a far comprendere come sovente si è inclini ad accettare l’informazione che proviene da un soggetto molto popolare, attraente, che parla velocemente (Miller, Maruyama, Beaber e Valone, 1976)[7], che utilizza particolari modalità argomentative, che, per l’abbigliamento posseduto, richiama una particolare categoria lavorativa.
Si può, ad esempio, proporre la seguente situazione: “Il vostro vicino di casa vi comunica che oggi il panificio è chiuso. Durante la conversazione vi informa che la squadra di calcio locale acquisterà un calciatore di grandi qualità e più tardi vi racconta che hanno scoperto un rimedio contro tutti i cancri e che finalmente degli estraterrestri sono atterrati nel giardino di una casa vicina”. A quale informazione dar credito e in base a quali criteri?
Parlando di alimenti e di principi nutritivi, viene indicato che una dieta ricca di proteine incrementa la massa muscolare. Come valutare questa informazione? Certamente si rende necessario un approfondimento teorico, grazie al quale giungere a verificare che le proteine introdotte in eccesso non vengono utilizzate a scopo plastico, ma a scopo energetico. La loro trasformazione energetica inoltre produce scorie che dovranno essere eliminate a livello renale, con possibili lesioni di tale organo a causa di una eccessiva filtrazione.
Per far cogliere come molto spesso si tende a stimare la probabilità di un evento sulla base della salienza e dell'impatto emotivo di un ricordo, piuttosto che sulla probabilità oggettiva (euristica della disponibilità), si può proporre di individuare quale sia la probabilità che in una famiglia con 6 figli i primi 3 siano maschi e gli altri 3 femmina, rispetto alla situazione di avere avuto, nell’ordine, un maschio, due femmine, un maschio, una femmina, un maschio. Molti considerano più probabile la seconda situazione, quando in realtà la probabilità è la stessa.
Si è spesso portati a considerare come causa di un fenomeno un elemento ad esso semplicemente correlato, per la vicinanza temporale o spaziale. Nel caso di un raccoglitore di funghi che dopo averli mangiati si accascia e muore, la maggior parte ritiene che la causa sia imputabile ai funghi avvelenati, quando diverso potrebbe essere il fattore responsabile del decesso.
Role playing
Il gioco di ruolo, così come è inteso in ambito scolastico, è un’attività di simulazione di una situazione controversa che implica il coinvolgimento diretto dei partecipanti che devono assumere dei ruoli con posizioni opposte rispetto a tale situazione.
Tale tecnica, utilizzata inizialmente a scopo terapeutico e successivamente trasferita nell’ambito dei programmi di addestramento lavorativo, consente di agire non solo sulla dimensione del sapere, ma anche sulle dimensioni del saper fare e del saper essere.
Mettendosi “nei panni di” si favorisce la visione del problema da altri punti di vista e si rafforzano le capacità empatiche, con le quali giungere a comprendere le argomentazioni altrui e attivare procedure di negoziazione.
Onde evitare che i partecipanti discutano senza una profonda analisi e conoscenza della situazione oggetto della simulazione, appofondito deve essere il lavoro preparatorio, condotto singolarmente dallo studente-attore o nel gruppo dei pari. Si rifugge in tal modo dal noto effetto Dunning Kruger (EDK) con il quale individui poco esperti e poco competenti in un campo tendono a parlare e ad argomentare sovrastimando la propria preparazione sull’oggetto del confronto.
L’assegnazione dei ruoli, che vede i partecipanti invitati ad assumere posizioni, a favore o contro, sulla tematica proposta, deve pertanto essere integrata da materiali di studio e da una bibliografia e sitografia per ulteriori approfondimenti. Al lavoro preparatorio segue la vera “drammatizzazione”, la cui durata sarà definita in relazione al target con il quale si opera. Gli studenti non impegnati nel ruolo di attori assumono il compito di osservatori, per valutare successivamente i compagni sulla base di criteri condivisi, quali la conoscenza dell’argomento, la chiarezza espositiva, la capacità argomentativa, la pertinenza delle affermazioni e delle motivazioni.
Nella predisposizione della carta dei ruoli si potranno far evidenziare degli stereotipi, ad esempio assegnando ad un personaggio una posizione in base all’età, all’attività lavorativa, al genere.
Il soggetto contrario all’utilizzo del forno a micronde, ad esempio, può essere descritto come una donna anziana, casalinga, che ritiene questo elettrodomestico pericoloso per la salute, o come un famoso chef che reputa che solo cotture prolungate possano far emergere le proprietà nutrizionali di una pietanza.
La discussione su un elettrodomestico, il forno a micronde come nel caso indicato, porta gli studenti ad approfondire concetti di fisica, di chimica, di scienza degli alimenti, di dietologia e, nello stesso tempo, aiuta a rafforzare il loro pensiero critico.
La drammatizzione di una situazione inoltre potenzia la memorizzazione di quanto investigato e appreso, anche grazie alle emozioni vissute.
Prove di competenza e compiti di realtà
È ormai assodato che la competenza è la manifestazione di un insieme di elementi, che gradualmente vengono costruiti e tra loro integrati per affrontare le più varie situazioni problematiche della quotidianità.
Il soggetto competente è colui che possiede conoscenze dichiarative e procedurali, abilità, ma anche che si caratterizza per la capacità di analizzare il contesto e la situazione e per l’utilizzo di strategie metacognitive con cui monitorare ciò che sta facendo al fine di un’eventuale modifica dell’azione condotta.
Non sono ininfluenti quegli aspetti della personalità che determinano un diverso modo di approcciarsi al problema, di affrontarlo e di cercare di risolverlo. La motivazione, estrinseca o intrinseca, lo stile attributivo, l’autoefficacia e l’autoregolazione, lo stile cognitivo e quello di coping, la personale idea di intelligenza sono fattori poco considerati in ambito scolastico anche se la letteratura psicologica e pedagogica ha dedicato ad essi lunga trattazione nella consapevolezza del ruolo determinante per la riuscita e il successo formativo e lavorativo.
Se come sostiene Le Boterf (1990)[8] la competenza è la capacità di saper combinare diverse risorse, per gestire o affrontare in maniera efficace delle situazioni, in un contesto dato, fondamentale diviene fornire occasioni per saper agire, poter agire, ma anche offrire supporti e contesti per voler agire. Importante è cioè tenere conto e potenziare quegli atteggiamenti che coinvolgendo, avvicinando alla realtà e alle esperienze vissute, spingono a mettersi alla prova, ad affrontare con serenità il compito, considerato come un’opportunità per continuare ad apprendere (preparation for future learning).
Vi è dunque la necessità di fornire ai ragazzi attività con le quali allenarsi a divenire competenti, ma anche proporre loro delle occasioni per utilizzare, oltre il contesto di apprendimento, quanto precedentemente costruito, integrando i vari saperi e le diverse abilità. Importante è far superare la dicotomia tra scuola ed extra-scuola, richiedendo compiti e prestazioni da realizzare per un obiettivo non direttamente scolastico. Organizzare una visita d’istruzione, predisporre un manifesto pubblicitario, investigare su un problema complesso, pianificare un’indagine per raggiungere evidenze sperimentali che corroborano o falsificano un’ipotesi sono utili strumenti di assessment e attività in cui i ragazzi possono manifestare le personali doti e incertezze, possono imparare a divenire adulti, impegnandosi nel prendere decisioni, nell’assumersi delle responsabilità, nell’argomentare e difendere le scelte fatte o le strategie utilizzate (Bortolon, 2015)[9].
Nuove prove di accertamento devono quindi associarsi alle tradizionali prove di assessment, integrandosi con i compiti di realtà che richiedono anche la predisposzione di un prodotto finale da presentare in momenti di esternalizzazione.
Nell’affrontare, ad esempio, la tematica dell’alimentazione sostenibile, un compito di realtà può essere costituito dalla predisposizione e organizzazione di un intervento con cui illustrare, agli studenti dell’istituto di appartenenza o ai genitori, gli obiettivi dell’Agenda 2030, con particolare riferimento agli obiettivi 2 e 3, il significato di Water footprint, Carbon footprint, Ecological footprint, una sintesi delle indicazioni presenti nella linea 13 delle “Linee guida per una sana alimentazione” (CREA, 2018), la piramide alimentare con la correlata piramide ambientale, la dieta mediterranea come esempio di dieta sostenibile.
Si dovrà inoltre organizzare l’intervento, individuando il luogo di svolgimento, la date e l’orario, gli arredi e i supporti tecnologici necessari, i costi e predisporre una locandini di invito.
Con questa e simili attività, si abituteranno gli studenti ad assumere i comportamenti richiesti dal mondo del lavoro (capacità di utilizzare le conoscenze, di affrontare e risolvere problemi, di lavorare in gruppo, di documentare), si valorizzeranno i diversi tipi di intelligenza, si svilupperanno l’autonomia, la creatività e il senso di responsabilità.
Note
[1] Le Boterf G. (1990). De la compétence: Essai sur un attracteur étrange. Les Editions de l’Organisation. Parigi
[2] Bortolon P. (2015). Costruire le competenze di scienze. Zanichelli. Bologna
[3] Abd-El-Khalick F., & Lederman N.G. (2000). Improving science teachers’ conceptions of nature of science a critical review of the literature. Journal of Science Education, 22 (7), 665-701.
[4] Brickman, P., Gormally, C., Armstrong, N., & Hallar, B. (2009). Effects of inquiry-based learning on students' Science literacy skills and confidence. International Journal for the Scholarship of Teaching and Learning, 3(2), 1-22.
[5] Lynch, S., Kuipers, J., Pyke, C., & Szesze, M. (2005). Examining the effects of a highly rated science curriculum unit on diverse students: Results from a planning grant. Journal of Research in Science Teaching, 42, 921-946. Mahway, NJ: Lawrence Erlbau.
[6] Bell, R.L., L. Smetana, and I. Binns. 2005. Simplifying inquiry instruction. The Science Teacher 72(7): 30–33.
[7] Stanovich K. E., West R.F. (2008). On the Relative Independence of Thinking Biases and Cognitive Ability. Journal of personality and social psychology. American Psychological Association
Laureata in Scienze Biologiche presso l’Università degli Studi di Padova, abilitata all’insegnamento di Matematica e Scienze, Scienze degli Alimenti, Scienze Naturali, Chimica, Geografia e Microbiologia. Ha conseguito il diploma di perfezionamento universitario di “Educazione Alimentare” presso l’Università degli Studi di Padova, il diploma di Formazione avanzata in “Metodologie della formazione in rete: tutor on line” e il Master di II livello in “Ricerca didattica e Counselling formativo” presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. È stata supervisore di tirocinio e docente di Scienze Integrate e Scienze degli Alimenti alla SSIS del Veneto. Ha collaborato con il MIUR nella preparazione degli insegnanti alle prove INVALSI e OCSE-PISA, coordinato numerosi progetti per la formazione scientifica e l’aggiornamento dei docenti e pubblicato articoli e libri di didattica delle scienze. Già dirigente scolastico e coordinatore del gruppo IBSE nel programma Delivery Unit e referente nazionale dei Giochi delle Scienze Sperimentali, destinati agli studenti della scuola secondaria di 1° grado.