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Immaginare un futuro migliore. Il patrimonio culturale per il recupero e il reinserimento sociale di

MUSEOLOGIA SCIENTIFICA nuova serie • 14: 139-151 • 2020 ISSN 1123-265X


Educazione / Formazione


Immaginare un futuro migliore. Il patrimonio culturale per il recupero e il reinserimento sociale di giovani

soggetti a misure penali

 

Elisabetta Falchetti


ECCOM (European Centre for Cultural Organization and Management), Via Buonarroti, 30. I-00185 Roma.

 

E' consultabile testo completo di 13 pagine  

 

RIASSUNTO


Questo contributo riporta obiettivi, attività, strategie, risultati e valutazione di progetti realizzati durante circa otto anni nel carcere minorile di Casal del

Marmo di Roma, con giovani detenuti e con ragazzi soggetti a misure di pena alternative fuori del carcere, dall’Associazione culturale ECCOM (European

Centre for Cultural Organization and Management) anche in collaborazione con musei scientifici. Esperienze laboratoriali con un focus costante sul

patrimonio culturale scientifico hanno influenzato conoscenze, motivazioni, interessi, benessere, comportamenti e relazioni sociali dei giovani detenuti

partecipanti, con risultati anche nelle carriere scolastiche e formative e nell’abbreviazione dei periodi di pena.

Un impatto sistemico positivo è stato riscontrato anche negli operatori carcerari coinvolti nelle esperienze e negli operatori museali.
Il patrimonio culturale/l’educazione al patrimonio e i musei possono giocare un ruolo fondamentale per la sostenibilità di comunità e società.

 

INTRODUZIONE


“Immaginare un futuro migliore”, per chi lo ricorda, era il primo punto delle linee guida e degli obiettivi educativi del Decennio dell’educazione sostenibile
(Tilbury & Wortman, 2004). The United Nations Decade of Education for Sustainable Development 2005-2014 (DESD) aveva lo scopo di integrare i principi
e le pratiche della sostenibilità in tutti gli aspetti dell’educazione e dell’apprendimento, per incoraggiare cambiamenti di conoscenze, valori e attitudini, 

in vista di una società più consapevole, responsabile e giusta per tutti (UNESCO, 2014; v. sito web 1). La visione del DESD era un mondo in cui tutti hanno
l’opportunità di beneficiare dell’educazione per una trasformazione sociale. L’educazione è l’agente primario di cambiamento verso la sostenibilità; ci rende
infatti capaci di capire noi stessi e gli altri e i nostri legami con l’ambiente sociale e naturale; incoraggiaun senso di giustizia, responsabilità e dialogo; promuove
la capacità delle persone di trasformare in realtà le loro visioni; stimola i valori, i comportamenti e gli stili di vita richiesti per un futuro sostenibile.
In particolare, costruisce le capacità per “pensare il futuro”, che “…is an act of the imagination”, come scrisse Ziegler nel 1987 (Tilbury & Wortman, 2004):
non possiamo infatti costruire un futuro che non immaginiamo.
Pensare futuri è un processo che aiuta a chiarire e sostenere valori, coltivare sogni, ispirare speranze e, soprattutto, induce ad avviare riflessioni e piani

d’azione per il cambiamento. Il DESD, quindi, sottolinea l’importanza della capacità immaginativa, competenza peraltro richiesta e caldeggiata nel pool 

delle nuove competenze europee 2018 (v. sito web 2), e di un’educazione trasformativa e di qualità, a beneficio dei singoli, delle comunità e dell’ambiente,
un’educazione che permetta di guardare al futuro e avviare un cambiamento planetario, cioè un’educazione “sostenibile”. Il mandato del DESD − che non
possiamo ritenere superato − ha coinvolto un vasto numero di stakeholder, tra Stati membri e Agenzie UN, il settore dell’educazione, il settore privato e la
società civile, per lavorare in partenariato e riorientare i sistemi educativi verso la sostenibilità. Nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite (UN, 2015) l’educazione
permane come strategia per un futuro sostenibile (SDGoal 4: “Fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti”)

sia per una piena realizzazione della personalità individuale, sia per la partecipazione sociale, sia infine per inserire nelle comunità adulti e giovani potenzialmente

esclusi o marginalizzati.
All’educazione informale è stato attribuito un ruolo speciale e molti musei hanno aderito al DESD, riorientando i loro messaggi e le loro pratiche educative

(vedi ad esempio il Museo del Fiore di Acquapendente). Altrettanti stanno interiorizzando gli obiettivi dell’Agenda 2030. Il patrimonio culturale può

infatti contribuire all’“envisioning”, all’immaginazione e alla creatività, alla costruzione di competenze, alla ricerca e comprensione di valori, al senso

di appartenenza e cittadinanza, alla costruzione di identità, alla responsabilizzazione e alla cura, al legame e all’eredità generazionale, alla coesione

sociale e alla cooperazione, alla continuità tra passato e futuro. L’educazione al patrimonio è quindi una forma di educazione di qualità capace di perseguire

gli obiettivi della sostenibilità a livello individuale, sociale e ambientale e costruire nuove società, inclusive, interculturali e sostenibili (CHCfE Consortium,

2015; v. sito web 3). I musei, primi depositari e responsabili dell’educazione al patrimonio, hanno quindi le potenzialità per alimentare l’immaginazione

e sostenere i comportamenti necessari per società migliori. Questa consapevolezza è crescente nel mondo museale, che ormai da anni è attivamente

impegnato nei problemi sociali del benessere e della salute degli individui e delle comunità (vedi ad esempio: Sandell & Nightingale, 2012; Chatterjee

& Noble, 2013; Janes & Sandell, 2019). Non a caso a Kyoto nel 2019 la comunità museale ICOM ha sentito la necessità di cambiare la definizione di

museo per conferire agli obiettivi museali un più incisivo orientamento verso le necessità delle società del XXI secolo. I musei scientifici, come parte

di questa comunità, testimoniano interesse e partecipazione sempre più intensi e significativi ai problemi e ai processi della sostenibilità: musei

scientifici che collaborano alla conservazione dell’ambiente, alla salute e al benessere dei singoli e delle comunità, al rapporto e alla ricostruzione sociale,

all’inclusione e al dialogo interculturale... (vedi ad esempio: ANMS, 2019). Il patrimonio culturale e l’educazione al patrimonio possono giocare quindi
un ruolo fondamentale nel perseguimento della sostenibilità, anche in contesti di grande disagio e conflitto. L’esperienza che questo contributo narra,
realizzata da ECCOM (European Centre for Cultural Organization and Management) nell’Istituto di Pena Minorile (IPM) di Casal del Marmo, Roma, nel

corso di circa otto anni, è un esempio di come il patrimonio museale/culturale e i musei possano agire positivamente sul piano sociale e sviluppare
un’educazione capace di alimentare immaginazione e speranza e quindi contribuire alla qualità della vita anche dove le condizioni umane sono fortemente
critiche: il contesto della giustizia minorile.