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Giorgio Porrotto

 

Giorgio Porrotto

Giorgio Porrotto

 

Era il 1973 quando incontrai Giorgio per la prima volta. All’istituto Magistrale di Pontedera era seduto su una vecchia sedia in una presidenza molto poco formale. Lui era all’inizio della carriera di preside, mi accolse scusandosi per il disordine e dell’armadio di metallo al centro della stanza lasciato lì e sembrava un compito sovrumano appoggiarlo al muro. Gli chiesi perché non lo facesse spostare e lui fece una serie di gesti facilmente interpretabili di impotente delusione da parte dell'organizzazione scolatica. Senza troppo sforzo spostai l’armadio per collocarlo al suo posto. Senza saperlo, fu il primo gesto di una amicizia durata mezzo secolo. Rimase a Pontedera diversi anni passando dal Magistrale al Liceo scientifico: feci i salti mortali per seguirlo e lavorare con lui. In breve tempo il suo liceo divenne una scuola modello per studenti e insegnanti che avevano finalmente trovato un luogo dove l’impegno, la preparazione e la volontà di far sempre meglio trovavano un fattivo e puntuale sostegno dalla direzione di Giorgio. Non limitava il suo impegno alla scuola ma anche all’esterno e per tre anni fu il presidente il Distretto scolastico.

Temevo da tempo che volesse andare via e dopo la notizia che aveva vinto tutti i concorsi sostenuti mi disse: “Praticamente mi hanno messo davanti la carta d’Italia e mi hanno detto di scegliere ciò che preferivo. Sono stato incerto tra il Liceo classico monosezione a Aulla dove potrei riprendere la collana di saggi, oppure il liceo Parini di Milano dove mi potrò confrontare con una realtà più dinamica”. Mi fece giurare sulla sua agenda che non avrei rivelato nulla a nessuno fino alla nomina ufficiale e concluse dicendo che aveva già in tasca il biglietto per Milano.

Una cena di addio al “Violino” a Pisa con Daniele Luti segnò il suo distacco dalla Toscana, per me molto doloroso.

Comunque non ci siamo mai persi: io andai a trovarlo più volte al “Parini” in una occasione anche per presentare un film girato a Pontedera per una iniziativa presa dal suo ex liceo sul tema immigrati africani che cominciavano a popolare le nostre città. Nonostante il carico di impegni che mi aveva descritto tante volte, venne lui a Pontedera in occasione della prematura scomparsa di Giuseppe Salcioli, fisico e insegnante stimatissimo e amato presso il nostro liceo.

Rimase a Milano per cedere poi al richiamo di Roma dove fondò ANP - Associazione Nazionale dirigenti e alte professionalità della scuola. Fino all’acquisto di un monolocale, dormiva e viveva nella foresteria dell’Associazione. Era il periodo della autonomia scolastica e si spese molto per spiegarne in giro per l’Italia il senso e le potenzialità di quella che ora possiamo considerare una, delle tante, occasioni perse. Aveva smesso di fare il preside, ma faceva corsi per insegnare agli aspiranti presidi per non somigliare alla figura descritta da Manganelli: “.. lasciate che sulla retina dell'anima si coaguli, impastato di memorie e fantasie archetipiche, quell'arcaico ectoplasma gerarchico: il signor preside”. Poi, dopo tante discussioni e parecchia amarezza, lasciò l’ANP che aveva deciso un cambio di obiettivi a suo parere snaturante. Riprese a scrivere con una rivista nuova che si occupava di problemi scolastici seri e a collaborare con la Luiss per ricerche di varia natura sempre sulla scuola e l’insegnamento. Ormai Roma era la sua casa, ci si trasferì definitivamente in un appartamento centrale che gli consentiva di ospitare amici e parenti. Quando l’andavo a trovare mi conduceva in interminabili camminate per Roma illustrandomi la storia dei luoghi attraversati. Era veramente molto piacevole ascoltare il suo parlare lento e meditato, i suoi ragionamenti rigorosi svelavano riflessioni documentate e approfondite. Ha continuato fino all’ultimo a prendermi in giro per le mie claudicanti scelte politiche, ultimamente si lasciava andare in qualche moto di stizza per la politica italiana, la degradazione della classe politica e la perdita dei grandi ideali che soli possono dare una spinta innovativa.

 

Ha sempre collaborato con la rivista NATURALMENTE fatti e trame della Scienza raccolti in La Scuola e le riforme che contiene sei articoli nei quali Giorgio parte dalla sperimentazione Brocca fino al periodo di una riforma all'anno che cancellava quella del ministro precedente; un lungo periodo caratterizzato da un passo avanti e due indietro con provvedimenti contraddittori, ideologizzati, forzature e furbate. Una trama tutt'altro che conclusa. In continuità ha iniziato a scrivere sul sito NATURALMENTE Scienza dal 2015 fino a poco tempo fa con articoli mensili, in cui esaminava con puntualità, rigore e sarcasmo le novità relative al mondo della scuola, raccolti nella la rubrica “Occhio alla penna”. 

 

La sua vita è conclusa, ma non per lo ha conosciuto, ha lasciato troppo per dimenticare.

 

Una vita lavorativa nella scuola secondaria come insegnante e come preside (al Liceo scientifico XXV Aprile di Pontedera e al Classico Parini di Milano), con una decennale esperienza di “Ufficio studi e formazione” in un’organizzazione di categoria. Dal 1989 al 2012 è componente dell’Osservatorio sulla scuola dell’autonomia (Centro Bachelet della Luiss). Ha insegnato “Politiche, legislazione e organizzazione scolastica” alla SSIS del Veneto dal 2000 al 2009, e “Educazione comparata” alla Università di Roma Tre dal 2005 a 2008, come docente a contratto. Da quarant’anni ha pubblicato articoli e saggi, sempre di politica scolastica, in libri e riviste.

 

 

Liceo Parini Milano

In ricordo del preside Giorgio Porrotto

 

Prof. Pasquale Coccia

 

Pochi giorni fa si è spento a Piacenza Giorgio Porrotto. E’ stato Preside del Liceo Parini dai primi anni ‘80 al 1992. Era arrivato nello storico Liceo milanese dopo essere stato preside del Liceo scientifico XXV Aprile di Pontedera, cittadina di confine tra la Toscana e la Liguria. Dei toscani aveva la caparbietà, dei liguri l’animo poetico e l’operosità. Sul finire degli anni ‘80 del secolo scorso, aveva aperto il Liceo di via Goito alla “sperimentazione Brocca” rendendolo il classico con il maggior numero di sperimentazioni a Milano, in particolare il potenziamento della Matematica, che consisteva nell’insegnamento dei primi rudimenti di informatica, e della Lingua straniera, estesa a tutti e cinque gli anni anziché ai primi due delle superiori come si usava allora. Dopo qualche anno si aggiunse anche l’insegnamento di Diritto e Economia.
Alla direzione del Liceo Parini, Giorgio Porrotto si era contornato di validi collaboratori e collaboratrici eletti democraticamente dal Collegio dei Docenti, facendo da ponte tra le nuove generazioni e quelli più anziani per servizio. A volte si rammaricava di aver trascurato da studente lo studio della matematica a scapito della Filosofia, materia nella quale si era laureato. Una lacuna, sosteneva, che non gli consentiva di elaborare l’orario degli insegnanti in piena autonomia.

E’ sempre stato riconoscente verso coloro che si sono dedicati con impegno profondo alla vita scolastica del Liceo Parini, una riconoscenza che lo ha portato a stabilire cordiali rapporti di amicizia tenuti fino alla fine dei suoi giorni sia con gli insegnanti sia con il personale non docente di vecchia data. A volte quella riconoscenza si è trasformata in lunghi viaggi o peripli ardui per fare visita a chi era temporaneamente infermo in un ospedale o per essere presente al funerale di chi era mancato anzitempo. Quando parlava di qualche docente che stimava, diceva: “Ha chiave di lettura”. A volte a noi più giovani, quelli tra i 25 e i 30 anni, con fare paterno diceva: “ Si ricordi, professore, che dietro a ogni scelta c’è un messaggio” e quella massima, frutto di esperienza e di saggezza, non di rado per tanti di noi ha rappresentato un punto cardinale, una “chiave di lettura” negli anni a venire.

 

Qualche anno fa donò alla biblioteca della nostra scuola la raccolta del Corriere della Sera degli anni ‘50 del secolo scorso. Egli ricordò, durante la breve cerimonia di consegna, quanto l’informazione fosse importante in quelle famiglie di modesta estrazione sociale come la sua e quanto la Terza pagina del Corriere, quella culturale, così chiamata perché veniva subito dopo le prime due dedicate alla politica, avesse formato generazioni di lettori che non avevano avuto l’opportunità di proseguire gli studi. In quella occasione ricordò ai presenti che suo padre, dedito a un lavoro manuale, non prese mai la tessera del Partito nazionale fascista durante il ventennio mussoliniano, una scelta che gli provocò non pochi problemi nella ricerca di un lavoro.


Il preside Giorgio Porrotto ha continuato ad occuparsi di scuola fino alla fine dei suoi giorni, intervenendo spesso e con lucidità nel dibattito in corso. Tra i suoi pregi quello di aver avuto sempre un pensiero terzo, che gli permetteva di capire perché gli altri la pensassero diversamente, una qualità che gli ha consentito di essere apprezzato dai tanti docenti che hanno avuto la fortuna di conoscerlo.

 

 

Daniele Luti

Giorgio Porrotto 

 

Daniele Luti                                                         

 

Ho conosciuto Giorgio Porrotto come preside dell'Istituto magistrale di Pontedera, dove ho avuto il mio primo incarico annuale, ma ci eravamo già incontrati in quel di Larderello dove mi trovai, dopo il periodo di perfezionamento universitario, a fare una brevissima supplenza. Un contatto che divenne quasi immediatamente sodalizio per almeno quattro ragioni: amavamo gli stessi libri, in particolare la poesia di Caproni al tempo, anni Settanta, poco conosciuto e meno considerato dalle antologia scolastiche; eravamo decisamente libertari con forti simpatie per gruppi di uomini straordinari e unici per lo più "stanziati" tra il giellismo e la nuova sinistra; condividevamo anche la passione per i vini e per il rito dell'aperitivo. Mi iniziò alla sosta in Corso Italia da quello che lui chiamava "aperitivaio psicologico" perché costruiva i suoi cocktails in ragione della lettura dello stato d'animo degli avventori. Per un periodo di almeno due anni, assieme al medesimo amico del cuore, Vincenzo Terreni, siamo stati inseparabili compagni di chiacchierate in movimento per lungarni e piazzette di Pisa, di sogni e di forti passioni. Poi lui se ne andò a Milano, al celeberrimo liceo Parini, per me famoso per aver avuto tra i suoi docenti uni dei più grandi grecisti italiani, il professor Edmondo D'Arbela, e per i "ragazzi" della Zanzara, e ci siamo persi di vista. Ma il suo ricordo è rimasto vivissimo in me che, all'inizio, stentavo a credere che un uomo colto, ironico, ricchissimo di senso dell'umorismo, nemico della stupidità e della burocrazia potesse fare il preside. Ma era il pregiudizio del principiante perché ho capito che in ogni deserto si trova sempre qualche epifania.

Lo ricorderò sempre come l'amico che mi chiese di invitare nella nostra scuola lo scrittore Carlo Cassola, il mio punto di riferimento familiare e personale. Ne venne fuori un incontro strepitoso che a distanza di quasi cinquant'anni i miei studenti di allora ricordano sempre come un evento.

Grande, caro, stupendo Giorgio, ti abbraccio con grande amore e stima.