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Competenze non cognitive
Introduzione delle competenze non cognitive nei percorsi di istruzione scolastica
 
 
l'11 gennaio è stato approvato alla camera un disegno di legge che prevede una sperimentazione sulle competenze  non cognitive. 
Sembra che si vogliano promuovere azioni per modificare la personalità degli studenti.  Questo non è nei compiti della scuola pubblica. Inoltre c'è da sottolineare che le competenze trasversali a scuola passano attraverso le discipline e solo così possono essere costruite. Meglio ancora: le competenze trasversali stanno sullo sfondo di tutte le azioni didattiche, e sono un obiettivo spesso non verificabile.
Noi della Divisione Didattica della Società Chimica Italiana pensiamo che le associazioni disciplinari debbano esprimere il proprio dissenso.
Le ragioni sono espresse nel testo che invio. Se desiderate aderire alla protesta, e/o modificare il testo, fatemi sapere.
 Il testo condiviso verrà inviato a riviste e a siti che si occupano di scuola. Si può pensare anche a un appello da inviare al Parlamento.
In attesa di un vostro gradito riscontro, invio
Cordiali saluti
 
Eleonora Aquilini
 
Presidente DD-SCI (Divisione Didattica - Società Chimica Italiana)
cell. 3405847122
 

 

competgenze non cognitive

L'’11 gennaio 2022 la camera dei deputati ha approvato il DDL N. 2493/2022 (primo firmatario l’on.Lupi), sull’introduzione delle competenze non cognitive nei percorsi di istruzione scolastica. Il DDL sta proseguendo il proprio iter parlamentare ed è ora all’esame del Senato.

Varie voci si sono levate a commento e critica dei contenuti di questo provvedimento che, dietro l’apparente e condivisibile volontà di innovare il sistema scolastico e di risolvere alcune delle sue carenze, nei fatti propone “una precisa visione di scuola che vuole l’abbandono della cosiddetta “egemonia del cognitivo” (Giuseppe Bagni, CIDI: http://www.cidi.it/articoli/primo-piano/competenze-istruire) e “snatura la funzione della scuola pubblica svilendone i fondamentali obiettivi culturali” (Rita Bortone: https://www.scuolaeamministrazione.it/it/character-skills-un-disegno-di-legge-innovativo-e-salvifico-o-no/ ).

Queste due considerazioni provenienti da profondi conoscitori della realtà e dei bisogni della scuola sarebbero sufficienti a suscitare allarme e a sollecitare richieste di chiarimenti e di dialogo.

Ma vale la pena evidenziare alcune specifiche criticità, che riguardano sia le modalità di elaborazione di questa proposta di legge che i suoi contenuti.

1)      Non ci risulta che il testo sia stato discusso e condiviso con i soggetti rappresentativi della realtà scolastica, quelli coinvolti nelle attività di formazione degli insegnanti e le associazioni disciplinari che di questi temi si occupano da anni. Risulta difficile comprendere di quali realtà il DDL sia espressione e da quali istanze sia ispirato.

 

2)      L’onorevole Aprea, cofirmataria del provvedimento, ha dichiarato che il DDL vuole contribuire alla “risoluzione dei problemi del nostro tempo con una prospettiva originale e diversa, occorre modernizzare il sistema educativo”. Per queste precise ragioni, stupisce che si adotti una iniziativa estemporanea a fronte di un urgente bisogno di iniziative strutturali, durevoli nel tempo e “ispirate da principi psicopedagogici e da visioni sociali” (Rita Bortone) molto lontane da quelli che sembrano essere i principi ispiratori di questo provvedimento, fondato su un’idea di scuola centrata  sulle  character  skills, integrate  con  un “cognitivo” limitato al saper leggere, scrivere e far di conto, con l’aggiunta dell’informatica e dell’inglese.

 

3)      Il DDL si iscrive in un frangente storico che vede disponibili gli ingenti fondi del PNRR, sui quali graveranno i costi del DDL medesimo. Considerato che l’Italia ha – da anni – smantellato il proprio sistema di formazione insegnanti, sostituendolo con provvedimenti precari e inadeguati, parrebbe auspicabile cogliere l’opportunità del PNRR per ricostituire un sistema di formazione insegnanti fondato su più solidi presupposti.

 

4)      Il testo del DDL denuncia una concezione del tutto inadeguata della didattica disciplinare e del suo ruolo all’interno della scuola.  Sono le stesse indicazioni nazionali per il curriculum a ricordarci che la formazione della persona e dei cittadini si può realizzare “solo con il pieno dominio dei singoli ambiti disciplinari e, contemporaneamente, con l’elaborazione delle loro molteplici connessioni”. L’acquisizione di una visione interdisciplinare, indispensabile per interpretare efficacemente la realtà, non si acquisisce attraverso la pressoché totale cancellazione delle specifiche competenze disciplinari, ma costruendo un ambiente di apprendimento che favorisca le interazioni fra le discipline stesse.

 

5)      Varie voci hanno ricordato che le competenze trasversali sono già ben presenti nell’orizzonte formativo della scuola. Lo dimostrano le stesse pratiche valutative, mirate a valutare sia gli obiettivi raggiunti dagli allievi sia le modalità attraverso le quali gli allievi li realizzano. D’altra parte, le didattiche disciplinari – e la ricerca didattica ad esse pertinente – riservano già oggi grande attenzione agli aspetti metacognitivi, al fine di stimolare la consapevolezza degli allievi rispetto ai propri processi di apprendimento. Un’azione legislativa incisiva dovrebbe mirare ad incoraggiare l’applicazione di pratiche didattiche disciplinari innovative, non a sostituire le competenze disciplinari con evanescenti obiettivi non cognitivi.

 

Compito della scuola è formare cittadini consapevoli e capaci di esercizio critico, ma questo obiettivo è realizzabile solo dotando gli allievi di un solido bagaglio cognitivo e di competenze metacognitive. Gli obiettivi perseguiti dal DDL N. 493/2022 non appaiono adeguati a questo scopo.

Pe tutte queste ragioni, la Divisione di Didattica della Società Chimica Italiana (DD-SCI):

 

  • esprime un parere fortemente critico nei confronti di questo provvedimento legislativo e auspica che venga ritirato
  • invita le altre associazioni disciplinari a pronunciarsi sul DDL N. 2493/2022
  • auspica che il Parlamento non dia seguito a iniziative estemporanee e poco strutturate, ma che - al contrario - colga l’occasione del PNRR per colmare una debolezza strutturale del nostro sistema scolastico: l’assenza di un percorso di formazione iniziale degli insegnanti che garantisca l’immissione nel sistema scolastico di personale adeguatamente qualificato a svolgere il proprio compito formativo.

 

 


 

Effettivamente sembra una cosa futile [le competenze non cognitive nei percorsi di istruzione scolastica], ma non si riesce a capire cosa comporta praticamente: formare gli insegnanti come una sorta di psicologi olistici? Modificare criteri di valutazione? Orari di insegnamenti disciplinari? Introdurre figure nuove a scuola? Boh.  È  una moda ormai passata infilare dentro l'insegnamento ogni nuova idea che per un po' tiene banco nell'opinione pubblica, dalla dietetica alla sessualità  passando dal codice stradale e al territorio.  Il superamento dello stress e il problema soldini non sono discipline che si possono insegnare, sono acquisizioni che di solito vengono fuori dall'allenamento alle difficoltà che si incontrano nei percorsi di conoscenza e nel mettersi alla prova, mi pare. Ma vorrei capire meglio cosa bolle in pentola, se è  possibile.

 
D’accordo con il commento precedente. Viene da pensare che «per fare fronte alle sfide della vita di tutti i i giorni» agli studenti insegnino primariamente il karatè. Ho interpellato uno psicologo scolastico, mi ha detto che è da parecchi anni che lui combatte contro questa lobby che si sente in grado di insegnare competenze non legate alla cognizione. Esprimo anche affinità culturale ai contenuti della lettera dei Chimici (forse anche per questioni anagrafiche).

 

Le Indicazioni nazionali, soprattutto nella parte generale, fanno già tutti i riferimenti e le sottolineature necessari sulle competenze non cognitive.

Singoli istituti comprensivi lavorano da alcuni anni intorno alle “competenze trasversali” (alcune delle quali non sono cognitive), ricavandole dai numerosi documenti istituzionali per integrarle nel piano di istituto. Non si vede l’utilità di un DDL ad hoc, come se si trattasse di obiettivi raggiungibili di per sé. E non si può immaginare una formazione mirata a queste competenze lasciando fuori i contenuti disciplinari. Forse nella mente dei promotori ci sono altri scopi.

 

 
Nota della Redazione di NATURALMENTE Scienza
 
 

su Internet: 

 

Empatia e intelligenza emotiva diventano didattica

Nel processo di apprendimento e formazione non contano soltanto le capacità cognitive