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Si può fare educazione scientifica alla scuola dell’infanzia

 

Pasticciare con l'acqua  

Si può fare educazione scientifica alla scuola dell’infanzia

 

Silvia Caravita

 

 

Le ricerche sullo sviluppo cognitivo in età evolutiva e sui processi di apprendimento dimostrano che la scuola dell’infanzia è il momento giusto per incominciare. E questo può essere ben argomentato, come per esempio in un articolo della rivista dell’Institut National de Recherche Pédagogique francese (Ledrapier, 2010).  

Nella pedagogia è ormai indiscussa l’idea che la conoscenza si costruisce attraverso un processo in cui ognuno deve essere protagonista attivo e non soltanto recettore.(1) 

Per questo nella didattica è diffusa, specialmente nei primi anni di scolarizzazione, la pratica di fare esperienze con i bambini, di rivivere insieme la manipolazione di oggetti e materiali e la percezione di fenomeni comuni, per dare senso a scoperte, discutere le osservazioni e le idee che ne derivano. Non è corretto però identificare solamente questo con l’educazione scientifica. Ci sono punti di contatto tra il fare/pensare/dire degli scienziati e il fare/pensare/dire dei bambini, ma questi vanno fatti emergere attraverso una deliberata mediazione didattica. L’attività di scoperta ha bisogno di essere sostenuta dall’insegnante con varie azioni: 

- selezionare, collegare molteplici esperienze attorno a fenomenologie, in modo che nei bambini si possa consolidare un nucleo di riferimenti empirici comuni;

- accorgersi delle “sorprese” dei bambini per farle diventare motori di ricerca, in modo da valorizzare e stimolare soprattutto la capacità di farsi delle domande su ciò che si sperimenta del mondo (non di cercare soluzioni a problemi posti da altri).

Passo passo, i bambini imparano ad interrogarsi, ad inventare obbiettivi da raggiungere, a lambiccarsi sul come più che sul perché, conservando la spontanea fiducia in sé che naturalmente hanno (se non è già stata incrinata): atteggiamenti cognitivi ed emotivi preziosi, che spesso da adulti si fatica a recuperare.

Altre due caratteristiche del pensiero scientifico possono essere coltivate dall’educazione già nei primi anni: 

- l’ elaborazione di relazioni tra fatti o tra fattori che producono variazione nei fenomeni;              

- la modellizzazione, cioè la elaborazione di sistemi interpretativi che vengono applicati ai dati di realtà e modificati qualora l’evidenza dimostri che non sono utili per fare previsioni su quanto accade.  

I bambini fanno queste operazioni ma non in modo consapevole e, fuori dalla scuola, non hanno spesso l’opportunità di esplicitare questi loro ragionamenti. Per questo è determinante la funzione culturale della scuola.

 

Guardarsi attorno con occhi che interrogano le “cose” 

  

Noi adulti spesso diamo per scontate le conoscenze sul mondo che crediamo di avere acquisito, ci fidiamo delle idee che ci siamo fatti su ciò che entra nella sfera della nostra esperienza quotidiana. Non ci viene tanto naturale guardarci attorno con occhi che interrogano le cose, che scovano le loro particolarità, con sguardi capaci di accorgersi di certe singolarità, salvo quando le discrepanze con le nostre immagini mentali sono tali da sorprenderci e metterci in stato di allerta. Quando ci troviamo in un ambiente diverso da quello a noi familiare, scattano comportamenti esplorativi, in cui tutti i sensi vengono a fior di pelle. È per questo che ci piace tanto spostarci altrove e viaggiare, ma ci inquieta anche!

Questo modo di funzionare dei nostri sensi e della nostra mente è quello che l’evoluzione ha selezionato, è quello che ci rende adeguati, stabili e nello stesso tempo flessibili. 

Però la cultura umana ha percorso anche strade inverse: ha scoperto la possibilità, anche da adulti, di ripartire con gli occhi e i sensi della nostra infanzia, appoggiandoci però a idee che prendiamo in prestito dal gruppo sociale, come strumenti, raffinati nel corso della storia, per fare giochi intellettuali con la realtà: giochi di scienza, giochi d’arte, giochi di linguaggio, giochi di logica…

Quando l’insegnante si mette accanto ai bambini che guardano il mondo, accetta la condizione di iniziarli a questo tipo di giochi, giocando in prima persona. 

 

Scopriamo l'acqua  

Indagando il sapore dell’acqua, i bambini dicono:

L’ acqua del mare è salata perché c’è il sale”  

“Si sente bene che c’è il sale è amara amara”                                                                             

“Quella dei fiumi e dei laghi non si sa.. ma non è salata perché solo il mare c’ha il sale”   

“Quella delle pozzanghere sa di terra!”  

“Quella del rubinetto e delle bottiglie sa d’acqua” 

“Sa di acqua e non sa di nulla...”  

"Ci si deve aggiungere qualcosa e allora sì che sa” 

  

Il sapore dell'acqua  

 Assaggiando l’acqua che beviamo tutti i giorni: 

“E’ come si diceva, sa d’acqua!”   

“Mi sembra che sa... di niente!”  

“Forse se devo dire proprio qualcosa... è un po’ amarina” 

“Per me è acqua”….. 

(Scuola Infanzia di Legoli, ins. Michela Giorgi - Antonella Sartini)  

                                 

Aiutato dai bambini a ritrovare sguardi aperti che si confrontano con la concretezza resistente delle cose, si troverà nella condizione ideale per cercare nella sua esperienza culturale gli attrezzi, gli espedienti, le tecniche, per usarli con i bambini piegandoli alle esigenze della situazione, riscoprendone potenzialità di interpretazione, di espressione, di arricchimento del mondo.  

Abbandonarsi ai bambini e lasciarsi portare dai loro modi di mettersi in rapporto con le cose forse è la parte più facile (e piacevole) dell’impresa: quello che è difficile è non cadere nel comodo tranello di far finta di essere bambini!   

Molta della professionalità dell’insegnante, tanto più nei primi anni della scuola, riguarda la capacità di usare e far usare gli strumenti che la cultura mette a disposizione, però senza banalizzarli e senza riprodurre modi stereotipati ma sapendoli re-inventare così da arricchire i bisogni di conoscenza dei bambini pur rispettando i loro scopi.

 

Criticità e potenzialità della mediazione dell’insegnante  

                                                                                                                         

Per quanto riguarda le scienze naturali e la biologia, generalmente nelle scuole si intraprendono percorsi che prevedono di:  

- osservare e prendersi cura di piante e animali, 

- manipolare materiali, 

- far succedere piccoli fenomeni, 

- concentrarsi sul proprio corpo e le proprie sensazioni, fare confronti con altri e accorgersi di somiglianze e differenze. 

Cuore della riflessione è però la valutazione delle condizioni per svolgere queste attività, i modi di presentarle, i tempi necessari, le fasi, i modi di interagire con i bambini nei discorsi, in modo da capire quanto gli ambienti di apprendimento creati siano adeguati per aggiungere significato alle idee che i bambini hanno già sul mondo vivente, per confrontarle con altre. 

Bruner (2002) scrive: “Fare significato implica situare gli incontri con il mondo nel loro contesto culturale appropriato, al fine di sapere ‘di cosa si tratta in definitiva’. Benché i significati siano ‘nella mente’, hanno origine e rilevanza nella cultura in cui sono stati creati (…) Il punto non è se esistano o meno dei ‘significati privati’; quello che conta è che i significati costituiscono la base dello scambio culturale. In quest’ottica il conoscere e il comunicare sono per loro stessa natura profondamente interdipendenti, direi anzi praticamente inseparabili. (...) È la cultura che ci fornisce gli strumenti per organizzare e per capire il nostro mondo in forme comunicabili” (p.17).  

Più avanti Bruner sottolinea "la differenza dell’elaborazione di informazioni (il fare significato) è una operazione interpretativa, carica di ambiguità, sensibile al particolare contesto, e spesso avviene a posteriori” (p.20).

È dunque con questo tipo di processo che dialoga l’intervento didattico. Occorre domandarsi se e come le idee dei bambini possono evolvere verso le concezioni sul funzionamento della vita che la scienza mette a disposizione nella nostra cultura attuale, concezioni scientifiche che integrano conoscenze con modi di guardare ai fenomeni biologici, con modi di indagare e di organizzare informazioni nuove, e che permettono di muoversi meglio nelle situazioni di vita quotidiana, talvolta problematiche. Non sempre, infatti, anche da adulti si fanno scelte adeguate quando ci si confronta con il mondo biologico.

Qualche esempio. È una utile e spontanea strategia cognitiva quella di proiettare sugli altri viventi la conoscenza che si ha di se stessi, dei propri bisogni, intenzioni, cambiamenti. Nonostante sia rimproverata come visione antropomorfica da far rapidamente superare con l’istruzione, essa permette di capire abbastanza sulla natura dei viventi e induce rapporti di tipo affettivo che sono anche alla base di atteggiamenti di empatia e di rispetto. 

Invece l’ideologizzazione della realtà biologica (la “Natura”), la proiezione di criteri etici o sociali che appartengono alla cultura umana nell’interpretazione degli altri viventi non solo è inutile ma fa confusione tra i modi di funzionare della realtà biologica e quelli della società umana: quelli si sono evoluti all’interno di vincoli fisici e ambientali, questi dipendono da vincoli, regole e fini creati/scelti/subiti dalla comunità umana in tempi storici.

E ancora: molti aspetti sperimentabili trovano spiegazione in cose che appartengono alla struttura invisibile del vivente o comunque non sperimentabile; però, non si “smonta” una formica come si farebbe con un giocattolo meccanico o con un pezzo di legno. D’altra parte dare informazioni ai bambini su quello che non sanno può essere dannoso se acquieta una loro curiosità immediata, fornisce un termine corretto ma blocca il ragionamento e non introduce stimoli per andare avanti. 

Invece, attirare l’attenzione sul “cosa succede dentro quando…”, su “cosa entra e cosa esce … come e dove va”, su “cosa cambia dentro rispetto a ciò che vediamo cambiare fuori”, formulare domande giuste al momento giusto, ricordando e mettendo in relazione esperienze già fatte, sono strategie per cominciare a costruire modelli, magari passando attraverso analogie che possono funzionare bene per il momento e che solo più avanti saranno riconosciute come parziali o inadeguate. (2)

Sempre per citare Bruner: “L’arte di sollevare interrogativi stimolanti è probabilmente importante quanto l’arte di dare risposte chiare. E dovrei aggiungere: l’arte di coltivare queste domande, di tener vive le buone domande è importante quanto le altre due. Le buone domande sono quelle che pongono dei dilemmi, che sovvertono le verità ovvie o canoniche e impongono alla nostra attenzione le incongruità” (p.141).

I bambini cominciano fin dai primi mesi di vita a formare categorie di cose e di fenomeni per aggiustare le loro aspettative verso gli eventi della realtà che li circonda. Fanno molto presto distinzioni tra il dominio degli ‘oggetti’ viventi e del mondo fisico, e attribuiscono via via una specificità di principi che forse ha origine anche nella lunga storia evolutiva della specie, in quanto risponde a regole di adattamento all’ambiente in cui la specie umana si è evoluta. L’obiettivo scolastico di insegnare la distinzione tra vivente e non vivente appare molto ingenuo da una parte e dall’altra impossibile, dal momento che neppure la scienza moderna concorda su una definizione di vita. 

Prendersi cura per un certo tempo di organismi viventi crea le condizioni favorevoli dal punto di vista emotivo, cognitivo e sociale per accumulare tante piccole osservazioni sui modi di essere e di vivere che “naturalmente” evolveranno in conoscenza sulle peculiarità di categorie di viventi e su ciò che li accomuna in quanto viventi. (3)

Contemporaneamente, però, si può dire che i bambini hanno uno sguardo olistico, perché non separano in parti ciò che si manifesta nella sua globalità; in questo modo sono ancora capaci di cogliere o forse intuire l’intreccio tra le parti che è ciò che produce risposte coerenti. Per intenderci: non hanno un concetto di organismo, ma considerano e parlano di corpo e del funzionamento degli altri viventi in quanto appunto corpi.  

La scuola, invece, ha una gran fretta di distruggere questo sguardo e di presentare la realtà in pezzi, in parti di un tutto, in categorie di analisi senza poi preoccuparsi molto di rimettere tutto insieme e lavorare su connessioni, discontinuità, interazioni, scambi… Almeno la scuola dell’infanzia potrebbe sottrarsi a questa corsa! 

 

La conoscenza del vivente: le aspettative verso i processi di apprendimento

 

Del quadro che fa da sfondo e dà spessore ai percorsi d’apprendimento fanno parte le intenzioni che guidano l’educatore rispetto alle competenze da consolidare, spendibili sia nella vita personale che nella partecipazione civile, e riguardo a scelte di valori. Le nostre aspettative riguardano l’intero percorso di formazione inteso come un processo longitudinale coerente che si sviluppa negli anni dell’obbligo scolastico e non sono traducibili solo in capacità misurabili per la valutazione scolastica. Si può in una certa misura valutare il grado di comprensione di concetti che sono stati considerati come portanti all’interno di una conoscenza scientifica del mondo vivente, ma questi non garantiscono l’acquisizione di capacità. Queste possono prendere forma e rivelarsi se si danno le occasioni per usarle, per esercitarle e se scuola e famiglia collaborano nel creare queste occasioni

Con riferimento alle Competenze chiave di cittadinanza (4), le attese (ideali, se vogliamo) riguardano: 

- la gestione del proprio corpo e la salvaguardia del benessere fisico/psichico (decifrare i segni/segnali del corpo, conoscere le funzioni biologiche per controllare meglio le ansie che derivano dalle loro alterazioni e per interagire con i medici in modo consapevole, per vivere la sessualità, per fare scelte, prendere decisioni, affrontare rischi connessi con l’alimentazione, il fumo, le droghe, per affrontare il dolore e la morte);

- il senso di appartenenza al mondo degli altri viventi;

- il decentramento sulle esigenze degli altri, umani e non umani;

- la ricerca di modalità di convivenza e l’assunzione di responsabilità per questa capacità di guardare al paesaggio come ad una risultante tra azione umana e naturale e come prodotto storico; 

- l’interpretazione del proprio ambiente di vita (riconoscere tracce di eventi passati e segnali di eventi in corso, assumere ruoli attivi e reattivi ragionati in processi di mantenimento e di cambiamento);   

- la disponibilità a riconoscere l’esistenza di punti di vista e di interessi diversi da parte di diversi attori in un contesto ambientale; 

- la ricerca di relazioni tra fattori ecologici, sociali, economici in una prospettiva storica; 

- la capacità di interrogarsi sui propri comportamenti relativi all’uso di beni di consumo e di risorse, di mettere in relazione questi con cicli locali e globali;

- la capacità di convivere con problemi aperti, con approcci probabilistici nella ricerca di soluzioni, di accettare soluzioni approssimate, non univoche;

- la capacità di prendere in considerazione argomenti contrastanti e di fare delle scelte e giustificarle;

- la volontà e capacità di cercare (selezionare, interpretare, valutare) informazione su aspetti non conosciuti.

 

I viventi: modi di essere, di diventare, di entrare in relazione 

 

La progettazione di possibili percorsi d’apprendimento deve tener conto di uno sfondo che suggerisce la mappa e le mete. Quello che propongo è sintetico da una parte, e troppo generale dall’altra, ma contiene alcuni punti di riferimento validi a prescindere dai livelli specifici di insegnamento. A mio parere, la conoscenza del mondo vivente si dipana a qualunque età attraverso un gioco tra piani di attenzione in cui si mettono a fuoco ora: 

- il (unità corpo/mente – identità giocata tra permanenza e cambiamento);  

- gli altri (umani e non-umani, a cerchi via via allargati di vicinanza sia psicologica che fisica);                                                                                                                                      

- l’ambiente (psicologico, naturale, sociale, culturale…).                                                                                                                                       

Lo sviluppo della conoscenza avviene attraverso la combinazione di diverse strategie cognitive:

- un andirivieni tra distinzione e inquadramento reciproco di questi tre poli di attenzione;

- la ricostruzione di storie (che considerano archi di tempo ora a breve ora a lungo termine);

- l’uso di immaginazione sapiente delle cose e dei fenomeni che si collocano a livello di realtà non percepibile. 

Quando il conoscere percorre la strada delle distinzioni, si concentra sul riconoscimento (e organizza concetti) di individualità, di specificità strutturali e funzionali, di modi di abitare il mondo, fino a raggiungere la comprensione della bio-relatività dell’ambiente, cioè della impossibilità di definire cosa è un ambiente in assoluto. 

L’ambiente di ogni specie (e quasi di ogni organismo) può essere definito solo relativamente ad essa, cioè riconoscendo quali sono le specifiche relazioni che la collegano all’ambiente di vita (Von Uexküll, J. 2010). 

 

Quando la strategia scelta è quella di inquadrare nel contesto di riferimento (per esempio, il sé rispetto agli altri, rispetto all’ambiente, la realtà biologica rispetto a quella fisica, …), l’attenzione si sposta su ciò che mette in relazione (per es. strutture che connettono, che fanno circolare), sugli scambi (materiali, energetici, genetici), su interazioni, su comunicazione (per esempio, si prendono in considerazione segnali, linguaggi, intenzioni, scopi …). Ci si deve accorgere anche di ciò che ostacola o che regola l’interconnessione e i flussi per esempio confini, barriere, meccanismi non solo strutturali che funzionano da valvola e regolazione. 

Nella costruzione di storie emergono soprattutto i cambiamenti, i processi nel tempo (paralleli e intrecciati, sfasati, reversibili o irreversibili) ma anche le interrelazioni tra i protagonisti (accordi /conflitti /compromessi…), che variano secondo chi è implicato, secondo scale di grandezza, dimensioni spaziali e temporali. 

 

fiore di pisello  

Osservazioni e discorsi dei bambini durante l’iter didattico sul ciclo vitale delle piante.  

- Fase del riconoscimento dei semi 

”io mi ricordo: se metti un semino sotto la terra poi diventa una pianta, un fiore o un albero!”.                                                                                                                

- Fase della germinazione

“...hanno messo le gambine...una va in giù, è bianca, l’altra va in su ed e un po’ giallina e un po’ verde, in cima ha un pallino il piselllo!"

La gambina che va in giù ha dei pelini... è la radice,... quella che va in su è il gambo... forse di un fiore ...o di una piantina!..  

La pallina fa allungare il gambo e sparisce!!...la pallina fa allungare il gambo e la parte bianca e anche la radicina!!

  

Fase di osservazione del fiore e del baccello:

“Questi  sono i fiori dei piselli, sono bianchi, hanno la forma di una conchiglia!...  

le foglie sembrano dei ventagli...

poi ci sono dei piccoli filini a ricciolini...

poi c’è quello, è un baccello...

vedrai dentro ci sono i pisellini...

questi fiori sono bianchi ma ci sono delle piccole righine verdi, poi hanno quattro petali belli attaccati rotondi!.. 

I petali sono attaccati due ...e poi altri due!..

Poi lì c’è un baccellino...è quello dove ci sono i baccelli!!..

no i fagioli,.. 

ma no ci sono i piselli!... 

perché il seme era quello dei piselli !!!

Questi sono proprio quelli dei piselli...anche se poi è nato quel baccellino lì, ma dentro quello lì c’ha solo i piselli...

vedrai che tra un pochino si vedono! 

Il fiore ha due petali che si toccano e dentro ce ne sono altri due quando è chiuso sembra come il <boccio> di rose!!!  ...

i baccellini sono gonfi...sono pieni... c’è qualcosa!...i piselli!!! 

 Abbiamo tagliato alcuni baccelli e poi li abbiamo aperti...

”ci sono 3 piselli...sono usciti tanti piselli...quel baccello li teneva dentro... 

una piantina fa tanti piselli!!!...

Maestra ma se li secchi poi si seminano, rinascono le piantine e fanno tanti piselli!!!” 

(Scuola Infanzia di Musigliano, ins. Gina Grassi)

 

nascita dei semi  

  

Questi modi di guardare, di far esperienza, e la riflessione che deve accompagnarli sono necessari perché possa maturare in lunghi percorsi di apprendimento la consapevolezza della organizzazione sistemica e dinamica del mondo vivente che garantisce continuità e flessibilità, e che è garantita dalla diversità dei viventi e dalla comparsa di novità genetiche nell’arco di lunghissimi processi di cambiamento.

Natura della materia (non vivente e vivente) e regole di trasformazione della energia sono però le condizioni vincolanti per la vita e per questo è importante che i percorsi educativi facciano procedere in parallelo l’esperienza e conoscenza del vivente con l’esperienza delle proprietà e dei comportamenti della materia, del movimento di corpi in condizioni diverse.

 

Le operazioni cognitive importanti 

 

L’insegnante comincerà con l’aiutare i bambini a guardare le qualità di cose provenienti da organismi animali e vegetali, come per esempio foglie diverse (verdi e colorate) anche di piante grasse o di piante aromatiche, steli, legno fresco, gomma degli alberi, resina, frutti, chicchi di cereali, legumi, carne, latte, uova... interrogandosi anzitutto su quale parte siano di …, come siano connessi con l’intero organismo, su chi li ha prodotti e come cambiano nel tempo.

Il passaggio successivo sarà confrontare sensazioni ricevute da materiali organici diversi e rilevare comportamenti di interazione con diversi materiali, per esempio con acqua e con acidi. Sarà così possibile riconoscere somiglianze nelle percezioni ricevute (al tatto, odori), somiglianze e differenze di qualità, “famiglie” di cambiamenti.

 

Una gamma di possibili situazioni per fare esperienza 

 

Molte le esperienze che l’insegnante può proporre e che gli stessi bambini possono suggerire:

− toccare gli “oggetti” e descrivere le sensazioni ricevute;

− tagliare, pestare gli oggetti e descrivere il modo in cui si rompono; 

− aggiungere acqua agli oggetti pestati, fare osservazioni (subito e a distanza di un po’ tempo) sui cambiamenti che si osservano negli oggetti e nell’acqua (anche filtrando il miscuglio);    

− aggiungere gocce di acido (limone, aceto) a latte, acqua filtrata dai miscugli precedenti;

− lasciare in acqua per giorni, vegetali, acqua e carne, latte, legumi, cereali e fare osservazioni ripetute ogni giorno sulle trasformazioni che si possono via via percepire con vari sensi e che possono suggerire l’intervento di microrganismi;

− lasciare seccare all’aria e al sole vegetali diversi, carne, latte, uovo;

− osservare gli effetti prodotti dal calore: mettere gli “oggetti” (foglie verdi e di cavolo rosso, cereali, legumi, uova, carne, latte) a cuocere in acqua, a scaldare in assenza di acqua fino a bruciare: fare osservazioni sui cambiamenti, su tutto ciò che “esce” (odori, fumi, vapori), sulle trasformazioni che si producono, sul tempo che ci mettono a carbonizzare;

− portare in classe brodo di carne e ossa: osservare le qualità della carne cotta, delle ossa e del brodo;

−  fare caramellare marmellata o zucchero;

estrarre olio da semi di girasole, di mais, da noccioline americane (schiacciando,  scaldando, mettendo su carta assorbente da cucina e pressando); 

− bruciare una nocciolina e un fagiolo attaccati su un ferro da calza: confrontare questi modi di prendere fuoco/bruciare con la fiamma con quelli di “arrostirsi” nel tegame.

Si possono fare collegamenti tra la necessità di cuocere i cibi per potersi alimentare, la digestione e le trasformazioni prodotte dal calore.

− Osservare gli effetti del freddo (non solo il calore, anche il freddo trasforma):

− mettere in frigo brodo, marmellata. 

Noi non possiamo mangiare cose surgelate, ma neppure i microrganismi possono farlo! 

Ho elencato una gamma di materiali e di possibili esperienze, ma la scelta di quali e quante, di una sequenza a ragion veduta, è lasciata all’autonomia dell’insegnante e anche alla iniziativa dei bambini che certamente proporranno cose da osservare e “pasticciamenti” da fare.

  

La documentazione di esperienze altrui e i suggerimenti di lettura presenti sul sito di Naturalmentescienza possono servire per approfondire le idee che formano l’orizzonte verso cui camminare insieme ai bambini nell’ambito di un curricolo longitudinale.

 

Alcune proposte sperimentate nelle sezioni insieme agli insegnanti hanno come filo conduttore l’acqua. Si incomincia con i giochi per riscoprirne le proprietà attraverso l’uso dei cinque sensi”: si dipinge con i colori e poi si sperimentano alcune interazioni con materiali noti come il sale, lo zucchero, il caffè, l’olio, la farina, l’aria. Con i fiori e con le verdure si scopre l’infiltrazione dell’acqua, rendendola ben visibile con i colori. Il sapore, il colore e anche il suono dell’acqua non sfuggono all’attenzione indagatrice dei piccoli.

Un’ultima cosa non meno importante: tutta l’azione didattica ha bisogno di tempi distesi, inizialmente per progettare l’attività e poi per osservare, ascoltare e interpretare ciò che fanno e dicono i bambini. L’insegnante che non ha fretta passerà il messaggio che il tempo utilizzato per esplorare un oggetto o un fenomeno e per capire come funzionano le cose è ben speso. Si tratta di un investimento che darà frutti nel tempo. Fortunatamente nella scuola dell’infanzia il tempo non manca!

 

Note

(1)  Indicazioni nazionali, pag.21, scuola infanzia, in particolare I campi di esperienza  (il corpo e il movimento, immagini suoni colori, i discorsi e le parole)  e la conoscenza del mondo

(2)  Essere-Avere un corpo, Arca’ e Aiolfi, laboratorio formazione in servizio MCE, Udine 2018-2019

(3)   M. Arcà, P. Mazzoli, N. Sucapane Organismi Viventi - Forme, trasformazioni e sviluppo, Itinerari di lavoro per le classi prima, seconda e terza elementare, Emme Edizioni, Torino 1988.

(4)  Competenze chiave di cittadinanza  

  

Bibliografia essenziale

C. Ledrapier (2010) Découvrir le monde de sciences à l’école maternelle: quels rapports avec les sciences? Recherches en didactique des sciences et des technologies, N°2, pp. 79-103.

J. Bruner (2002) La cultura dell’educazione. Milano, Universale Economica Feltrinelli.

Von Uexküll, J. (2010). Ambienti animali e ambienti umani. Una passeggiata in mondi sconosciuti e invisibili. Quodlibet, Macerata