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Citazioni alla leggera per la Giornata mondiale degli Insegnanti

 

da aforismi di Maria Montessori

Citazioni alla leggera per la Giornata mondiale degli Insegnanti

5 ottobre 2021

Luciano Luciani

 

Senza prendere in esame la saggistica specifica e la memorialistica, la complessità del rapporto educativo docente-discente ha meritato pagine e pagine di narrativa buona e meno buona, per non parlare del cinema. Da un trentennio a oggi, chi non si è commosso alla vicenda del prof. John Keating - il professore che tutti vorremmo avere avuto - e dei suoi studenti nel film di Peter Weir, L’attimo fuggente? Eppure, chi ha esercitato questo mestiere, l’insegnamento, sa che si tratta di un’attività quanto mai complessa e delicata, laboriosa e problematica. Né poteva essere diversamente visto che insegnare non è finalizzato alla sola trasmissione di dati e informazioni, pratiche e tecniche… Dovrebbe, invece, favorire un processo formativo di non poca lena che oltre alla conoscenza di questa o quella disciplina, comprende anche l’affermazione di sé, la ricerca di rapporti autentici con gli altri e una faticosa autonomia individuale da realizzare nella testa e nel cuore.

Il prossimo 5 ottobre sarà celebrata in tutto il pianeta la Giornata mondiale degli Insegnanti, il World Teacher’s Day. L’hanno indetta fin dal 1994 l’Unesco, l’agenzia dell’Onu per l’educazione, la scienza e la cultura, l’Oil, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, ed Education International, la Federazione mondiale dei sindacati e delle associazioni professionali degli insegnanti a cui aderiscono oltre trenta milioni di docenti, dalla scuola materna all’università. Tra le loro finalità quella di mobilitare il sostegno agli insegnanti di ogni Paese e fare in modo che i bisogni formativi delle generazioni a venire siano sempre più garantiti da docenti sensibili e preparati. Per meglio comprendere la fatica dell’educare e i suoi complicati percorsi comunicativi, noi, in tutta modestia, proveremo a “salire sulle spalle dei giganti” e a usarne le parole che ci aiuteranno a isolare alcuni punti irrinunciabili di quello che qualche inguaribile romantico continua a definire “il lavoro più bello del mondo”.

Intanto, perché insegnare? Perché, secondo lo scrittore latino di origine spagnola e maestro di retorica Marco Fabio Quintiliano (35 – 95), Indoctos a Musis atque Gratiis abesse, “gli ignoranti sono lontani dalle Muse e dalle Grazie” e vanno dunque recuperati alla conoscenza e alla bellezza, senza le quali la vita non è più godibile e quindi indegna di essere vissuta.

Strategica, al centro di ogni riflessione pedagogica, rimane, però, l’affermazione del poeta satirico latino Decio Giunio Giovenale (50/65 – 140), secondo il quale Maxima debetur puero reverentia, “al bambino è dovuto il massimo rispetto”. Come dobbiamo interpretare queste parole che ci giungono da un tempo lontano, quasi due millenni or sono. Come possiamo leggerle oggi? Forse così: non è più ammessa nessuna condiscendenza paternalistica nei confronti di chi muove i primi passi sulla strada della conoscenza di una disciplina, di sé, dei rapporti con gli altri; è legittima, invece, un’accogliente empatia non solo per i successi dei discenti, ma anche per i loro errori, le loro lentezze, i loro inevitabili ritardi nell’apprendere e nel crescere. Anche perché il rapporto tra chi insegna e chi apprende è interscambiabile. Bene esprime questa strettissima relazione, il filosofo stoico Lucio Anneo Seneca (4 – 65) nelle sue Epistulae ad Lucilium, per cui Homines dum docent discunt, “Gli uomini, mentre insegnano, imparano”, riproposto anche dal più corrivo Docendo discitur, che contiene comunque lo stesso concetto: insegnare è il modo migliore per imparare.

Trascorriamo velocemente di quasi un paio di millenni: per il premio Nobel Anatole France (1844 – 1924), scrittore transalpino di raffinata cultura e superba eleganza, l’insegnamento corrisponde a una difficile abilità: “l’arte di insegnare consiste tutta e soltanto nell’arte di destare la naturale curiosità delle giovani menti, con l’intento di soddisfarla in seguito”. Insegnare, ma cosa? Per il giornalista e uomo politico francese, alfiere del pacifismo europeo, Juan Juares (1859 – 1914) “non si insegna quello che si sa o si presume di sapere: si insegna e si può insegnare solo quello che si è”.

C’è un metodo privilegiato per esercitare questo difficile mestiere’ Certo, basta tener sempre presente quello che suggerisce Gianfranco Contini (1912 – 1990), critico, filologo e docente universitario in Germania, a Firenze e a Pisa: “Ogni problema pedagogico è d’amore”. E se quest’ultima affermazione sembra farvi librare ad altezze troppo rarefatte, allora, cari professori, tornate alla prosaicità del quotidiano con l’irriverente, caustico commediografo irlandese, George Bernard Shaw (1856 – 1950): “Chi può, fa. Chi non può, insegna”.