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«Il futuro viaggia ad ammoniaca» - sicuri che sia verde?

«Il futuro viaggia ad ammoniaca» - sicuri che sia verde?

Presentato a Pontedera il primo veicolo: si risparmia sul pieno e la qualità dell’aria ci guadagna (?)

 

 

bifuel ad ammoniaca

L’articolo a cui si fa riferimento è stato pubblicato dal quotidiano “il Tirreno” il 13 febbraio 2012.

In rete si trovano numerose repliche, ve ne proponiamo alcune:

 

Dalla rivista Infomotori

Dalla rivista Quattroruote

Dalla rivista Jack

Dal forum di Energierinnovabili

 

 

Alcuni giorni dopo la pubblicazione dell’articolo Riccardo Lanzara, Professore Ordinario presso il Dipartimento di Economia Aziendale di Pisa, intervistato dalla simpatica presentatrice di Geo & Geo, intrattenne per alcuni minuti gli spettatori sui vantaggi di questa nuova tecnologia: qui potete vedere l’intervista completa, caricata su YouTube.

La presentazione dell’intervento del prof. Lanzara a Geo & Geo sul sito dell’Università di Pisa.

 

Noi di NATURALMENTE abbiamo richiesto un parere tecnico a vari esperti, di seguito riportiamo le loro riflessioni: dopo averle lette fateci pervenire le vostre, per dare carburante alla discussione!

 


 

Il commento di un fisico

Di Riccardo Govoni


L’articolo presenta diversi errori a cominciare dai consumi. 300 km con 18 litri, dice il testo.

Peccato che i dati ufficiali (Quattroruote) parlino di 100 km con 18 litri.

E poi l’idea che si fa trapelare è di una miscela ammoniaca idrogeno alla stregua del gasolio o del GPL. In realtà, da quel che capisco, si tratta di un motore a idrogeno che sfrutta l’ammoniaca (concordo sulla pericolosità) in fase di iniezione. Quello che l’articolo non dice è che la combustione dell’ammoniaca restituisce vapore acqueo e ossidi di azoto abbattibili con tradizionali sistemi catalitici. E che di fatto devi avere dei filtri particolari in marmitta.

Non si sa nulla (ovviamente) sui risultati a lungo termine, ovvero: quanto durano le marmitte?

Ogni quanto devi cambiare il (o i) filtro/i? Tra l’altro il motore deve avere dei sensori per evitare la fuga di ammoniaca, che è tossica a dosi significative, ma infastidente molto prima di tale quantità.

Dal punto di vista tecnico ogni sperimentazione ragionevole è lecita. Tuttavia mi pare che ci siano in giro soluzioni con idrogeno meno problematiche. Almeno a livello di emissioni.

Per quanto riguarda lo stoccaggio dell’Idrogeno, ci sono delle sperimentazioni che usano una polvere (simile a scaglie di sapone) da cui l’Idrogeno è relativamente facilmente estraibile all’interno dell’auto.

Dal punto di vista del bilancio energetico, non ho dati sufficienti. Ultimo argomento è quello del costo del "pieno". Mi pare strano che se ne parli solo in questo articolo!

 

Un chimico esprime il suo parere

di Sandro Sutti


Ho letto l’articolo di Quattroruote, che ovviamente è molto più realistico di quello redatto dal quotidiano locale. Non dispongo della descrizione precisa degli aspetti tecnologici dei vari componenti il "powertrain", né dei dati reali della sperimentazione, però mi sento di dire questo:

- a livello industriale dal 1913 NH3 si produce da H2 e N2 e non viceversa; sul piano industriale la produzione di H2 da NH3 non avrebbe senso;

- acquista senso se si considera NH3 come carrier di H2; NH3 è vantaggioso rispetto agli altri carrier su cui si concentra la ricerca da molti anni (gli idruri solidi) perchè la sua massa per il 17% è costituita da H2, contro il 3-4% degli idruri attualmente proposti dal mercato;

- sul piano della sicurezza gli idruri sono il carrier migliore: anche in caso di incrinatura o di foratura della bombola di idruri, H2 non esce perché la "rottura" del legame H---metallo" (qui dovrei essere più preciso, ma non è il caso) è endotermica e l’immediato raffreddamento della massa blocca la fuga del gas. Come dicevo l’ammoniaca è tossica, ne consegue che i relativi stoccaggi e usi impongono l’adozione di accurati e costosi sistemi di regolazione/controllo/allarme, un po’ come succede per H2 gas;

- l’articolo non parla (e si capisce perché) dei rendimenti energetici del processo, che sono nettamente sfavorevoli;

- e mi pare sottostimi il problema della produzione degli NOx; è tanto facile eliminare gli NOx che nessun veicolo a combustione interna lo fa!

- l’uso di veicoli a combustione interna è francamente desolante, per i bassissimi rendimenti energetici che comportano e perché, insistendo con questa tecnologia, si preclude la strada a tecnologie innovative e promettenti; per la stessa ragione considero senza prospettive la scelta di miscele di idro-metano in Panda a combustione interna effettuata da Regione Lombardia tre anni fa;

- avrei molte altre cose da dire in merito, ma mi limito ad un commento sull’autonomia prospettata, che mi sembra improponibile; i veicoli a FC a idrogeno a 700 bar hanno 400 km di autonomia e anche certi veicoli elettrici ormai sono prossimi a questi valori.

Conclusioni: non si devono porre limiti alla ricerca, siamo d’accordo.

A quella promettente però!

Buon lavoro!

 

Alcune osservazioni

di Riccardo Mansani (un altro chimico)

 

1)  il veicolo messo a punto a Pontedera è un ibrido dove il motore a combustione di ammoniaca aziona un generatore elettrico che a sua volta è utilizzato per la trazione. Non so perché abbiano scelto questa soluzione, ma ciò non toglie che il motore a combustione possa essere usato anche per la trazione diretta.

 

2) La  reazione che ha luogo in fase di scoppio, che avviene in presenza di un catalizzatore specifico, dovrebbe essere la seguente[1]:

2NH3  +  3/2O2    à   3H2O  +  N2

Un calcolo approssimato del DG0  della reazione produce -508 KJ/Vol*[2], esoenergetica ma meno efficiente rispetto, per esempio a un motore a metano dove si ha la reazione:

CH4  +  2O2    à    CO2   +   2H2O     (DG0 ≈ -810 KJ/Vol*2)

O alla combustione diretta dell’Idrogeno:

3H2  +  3/2O2   à   3H2O     (DG0 ≈ -711 KJ/Vol*2)

Teoricamente non si producono ossidi di azoto, in realtà una loro produzione minima ci sarà perché l’azoto che si forma, e soprattutto quello atmosferico, presente fin dall’inizio nella miscela di alimentazione, reagisce in minima parte con l’ossigeno. La produzione di NOx dipende però dalla temperatura di combustione che, nel caso specifico del motore ad ammoniaca, dovrebbe essere relativamente bassa rispetto a quella, per es., della combustione del metano che, notoriamente, produce elevate quantità di NOx e a quella diretta dell’idrogeno. Sotto questo aspetto il motore ad ammoniaca sembrerebbe essere il più vantaggioso, comunque, gli ossidi di azoto possono essere facilmente abbattuti dalla marmitta catalitica. Inoltre questo motore, non alimentando carbonio non produce altri tipi di inquinanti (idrocarburi incombusti, CO e, naturalmente, CO2 ).

3) Una corretta valutazione di carattere energetico e ambientale non può comunque prescindere da considerazioni sull’intero ciclo del combustibile comprendente anche la fase industriale della sua produzione. Da questo punto di vista l’ammoniaca (o più esattamente l’azoto contenuto nella sua molecola) deve essere visto come un carrier dell’idrogeno che è il vero combustibile impiegato nel processo globale. Rispetto alla combustione diretta dell’idrogeno l’impiego dell’ammoniaca come carrier  potrebbe essere un espediente per superare i grossi problemi di stoccaggio dell’idrogeno che allo stato attuale non vedono soluzioni soddisfacenti. L’ammoniaca, invece può essere distribuita e stoccata con problemi non sensibilmente diversi da quelli posti attualmente dal GPL.

L’ammoniaca viene prodotta da azoto e idrogeno per reazione diretta su catalizzatori specifici:

3H2  +  N2   à  2NH3    (DG0 ≈ -34 KJ)

con produzione di energia che viene quindi sottratta all’efficienza globale del ciclo.

La produzione industriale (Processo Haber) è matura e consolidata fin dagli anni ’20 del secolo scorso.

Un confronto economico dei costi di produzione rispetto a carburanti idrocarburici è cosa ardua essendo difficilmente reperibile, un costo di produzione di riferimento credibile per questi ultimi. Considerando un costo di produzione dell’ammoniaca intorno ai 150 E/ton e assumendo arbitrariamente un costo doppio per la benzina si può stimare un rapporto del costo della caloria Benzina/Ammoniaca intorno a 1,25 ma la cosa mi appare decisamente ottimistica soprattutto se si considera il fatto che l’aumento della richiesta di ammoniaca e le conseguenti possibili economie di scala contribuirebbero ad abbassarne ulteriormente il costo.

Si deve inoltre considerare che la disponibilità di idrogeno rimane comunque il collo di bottiglia alla produzione di ammoniaca a all’attivazione di un’eventuale ciclo energetico basato sulla sua combustione. Il metodo più economico di produzione dell’idrogeno rimane, ad oggi, lo steam-reforming del gas naturale:

CH4 + 2H2O  à  4H2  +  CO2   (DG0 ≈ +260 KJ/mole)

Che praticamente consente di immagazzinare nell’idrogeno l’energia contenuta nel metano. Questo ottimizza soltanto i costi ambientali in quanto le emissioni che vengono evitate con la combustione dell’idrogeno (ed eventualmente dell’ammoniaca) sono previamente pagati nella fase di produzione dell’idrogeno stesso.



[1] La coalimentazione di idrogeno in piccole quantità serve, a mio parere, per facilitare l’innesco della reazione e possiamo trascurarla in queste considerazioni

[2] I DG0 ai fini di un confronto approssimativamente omogeneo, sono riferiti a un volume arbitrario, Vol*, comune alle tre miscele dopo l’avvenuta combustione. I DG0 reali, espressi in KJ/mole, delle tre reazioni sono rispettivamente: -678; -810; -273 circa, ma non sono direttamente confrontabili tra loro a causa del diverso numero di moli coinvolte nelle reazioni