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Sangue perduto, vita ritrovata?

 

salasso

Sangue perduto, vita ritrovata?

 

Luciano Luciani

 

Cavar sangue o salassare è un’antica pratica medica volta a liberare il corpo dai  malumori nocivi capaci di provocare malattie come il cardiopalmo, il senso di soffocamento, la congestione della milza, l’asma, la pleuropolmonite, la podagra fino a divenire, in tempi non lontanissimi della storia umana, l’antidolorifico per eccellenza prescritto per ogni tipo di malanno … Corrisponde probabilmente ai riti magici con cui, nella notte dei tempi, stregoni e sacerdoti tentavano di liberare l’uomo dalla presenza dei demoni maligni che ne infestavano il corpo. Il mondo greco-latino, il medioevo cristiano e quello arabo hanno salassato con larghezza e convinzione. La Scuola Medica Salernitana che applicava l’astrologia medica e metteva in relazione il salasso con le diverse posizioni zodiacali, lo teneva in gran conto: esso, infatti, “rende chiara la vista, purifica la mente e il cervello: fa in modo che le midolla siano calde. Purga le viscere, trattiene lo stomaco e il ventre, rende puri i sensi, fa dormire, elimina la noia, produce e aumenta l’udito, la voce e le forze”; anche, il medico arabo Avicenna (980-1037) sosteneva che le prescrizioni mediche erano in funzione dell’astronomia. Per lui, infatti, “orologi, clessidre, astrolabi sono assolutamente necessari al medico per la prognosi delle malattie, per regolare i giorni in cui somministrare un purgante e praticare un salasso, tanto più che ogni astro equivale a una parte del corpo”.

Salassare: un’attività affidata non di rado ai barbieri, ai quali, a partire dal Cinquecento, competeva lo spillare sangue agli ammalati, medicare piccole ferite, estrarre denti guasti: non a caso l’Università e il Collegio dei barbieri romani avevano come propri protettori i santi medici martiri Cosma e Damiano. Un’insegna indicava le botteghe in cui i titolari erano provvisti delle competenze necessarie per esercitare la bassa chirurgia: la scritta “qui si cava sangue” era corredata dalla immagine di un braccio o di una gamba da cui zampillava, incontenibile, un fiotto del “sugo della vita”, oppure da un cilindretto lungo e sottile attraversato da due spirali colorate, una rossa e una blu, per indicare la doppia circolazione, venosa e arteriosa. Una medicina popolare quella esercitata dai barbitonsori, romani e non solo, di qualche secolo or sono, che affondava le proprie radici addirittura nella scuola medica ippocratea (V secolo avanti Cristo) per attraversare, inossidabile, i secoli e i millenni. Il Rinascimento, con il suo rinnovato fervore per il mondo classico, tornò, sia pure con qualche modesta correzione, a una flebotomia frequente e abbondante. Una prassi terapeutica non priva di rischi, se, come pare, il grande pittore urbinate Raffaello Sanzio morì nel 1520 a soli 37 anni proprio per un eccesso di salassi unito alle conseguenze di una forte polmonite. Già Aulo Cornelio Celso (25 a. C.- 45 d. C.) e Galeno di Pergamo (129-201) in età romano-imperiale avevano messo in guardia i loro contemporanei circa i pericoli in cui si poteva incorrere con l’uso ricorrente e indiscriminato a tale pratica terapeutica: un avvertimento reiterato un millennio più tardi dal medico francese Pierre Brissot (1478-1522) della scuola medica parigina che, controcorrente rispetto alle abitudini del suo tempo, invitava alla prudenza nell’uso del salasso da rapportare sempre all’età del paziente, alle sue condizioni generali, al tipo e alla gravità della malattia. Una raccomandazione evidentemente non pervenuta alle orecchie del dottor James Craik, medico curante di George Washington (1732-1799), che esagerò nel sottoporre il suo paziente a tale cura cruenta, condannando a una fine relativamente prematura il primo presidente degli Stati Uniti d’America. Frequenti anemie da salasso e complicanze derivate da un’imprudente sottrazione di sangue, per di più praticata con leggerezza da un personale medico spesso raccogliticcio e incompetente, questi, nel secolo scorso, i principali motivi del progressivo abbandono della flebotomia che oggi, però, sta conoscendo una rinnovata attenzione da parte dei medici soprattutto come “salasso terapeutico”, cioè ristretto a particolari e specifiche circostanze. Per esempio, nel caso di malattie da eccesso di ferro come l’emocromatosi, la porfiria cutanea, la policitemia primaria e secondaria determinata da broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO).