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La formica nera e il suo bestiame

La formica nera e il suo bestiame

 

Piero Sagnibene

 

Aphris citricola

Questa è la storia di una piccola guerra, parte di una immensa guerra che gli uomini combattono contro gli insetti per il possesso del pianeta.

 

Li stavo osservando. Da quando il sole aveva sciolto la brina notturna e l’aria era diventata tiepida, stavano su un tenero rametto del mio povero alberello di limoni, per predarlo, mungerlo, suc-chiargli la linfa vitale. Li conoscevo bene: Lasius niger, la formica nera, ed il suo bestiame, l’Aphis citricola di van der Goot, l’afide verde degli agrumi. Avevano scelto con accuratezza il germoglio più tenero, in cima all’albero, dove la pianta faceva arrivare linfa fresca per farlo crescere. La Lasius, come un abile pastore, sorvegliava, ed intanto mungeva l’afide. Non potevo odiarli, in fondo facevano il loro lavoro, quello per il quale l’evoluzione, in un centinaio di milioni di anni, aveva modellato e trasformato i loro organismi ed i loro istinti. Non potevo odiare la Lasius; in fondo noi, gli umani, eravamo fra gli ultimi arrivati su questo pianeta, da qualche centinaio di migliaia di anni; loro, le formiche, erano qui da almeno 100 milioni di anni. Eppure mi indispettiva che una pianta, venuta qui dall’India, ed un afide del Centro America, entrambi portati qui dall’uomo (diffusione antropocora), si fossero incontrati nel mio giardino.
L’alleanza tra formiche ed afidi ha una storia antichissima. Viene chiamata simbiosi trofica e mutualistica e consiste in uno scambio sui generis di prestazioni: certe formiche hanno imparato a nutrirsi, ed a nutrire le loro larve, del liquido zuccherino che gli afidi emettono in abbondanza; in cambio le formiche li governano e li proteggono, esaltandone varie attività fisiologiche. Molte specie di afidi possono sopravvivere agli inverni grazie al fatto che le formiche li portano a svernare nei loro nidi; inoltre, per molte specie, sono le formiche stesse che li portano da un luogo ad un altro maggiormente favorevole a succhiare linfa. Queste formiche hanno trasformato il loro registro alimentare da predatore ad onnivoro. La linfa, che gli afidi assorbono, è una soluzione acquosa ricca di saccarosio e contenete amminoacidi, amido allo stato libero, vitamine idrosolubili, tracce di altre sostanze nutritive e sostanze minerali, ma il loro canale alimentare è povero e contiene solamente invertasi e pepsidasi. Il liquido che emettono dai sifoni, la melata, è una soluzione di zuccheri mescolata a sostanze nutritive, che comprende circa 20 amminoacidi, proteine, vitamine B e sostanze minerali.
Gli afidi risalgono a circa 200 milioni di anni (Paleozoico, Permico superiore); allora sulla terra non vi erano né piante superiori, né formiche; queste ultime si presentarono nel Mesozoico (70-100 milioni di anni fa). Grinfeld (1961) suppone che l’incontro tra afidi e formiche fosse dovuto ad una congiuntura nella quale insetti predatori, le formiche, si trovarono di fronte ad insetti poco mobili, gli afidi, i quali si difendevano emettendo cellule cerifere contenute nel sangue. Questo mezzo di difesa favorì probabilmente la scoperta, da parte delle formiche, delle escrezioni degli afidi e la instaurazione iniziale delle simbiosi che trasformò le formiche in alleati e difensori degli afidi.
Il fatto è che l’alleanza tra formiche ed afidi, nel mio caso, aveva per finalità lo sfruttamento del mio alberello: non potevo abbandonare la povera pianta alla mercé di quei voraci succhiatori e dei loro pastori, i quali li stimolavano con le antenne a cedere loro le goccioline zuccherose. Già alcune foglie cominciavano ad accartocciarsi. Se non riuscivo a fermarli, avrebbero arrestato lo sviluppo dei germogli e provocato un sensibile rallentamento dello sviluppo della giovane pianta, debilitandola, succhiandole la linfa e magari trasmettendole virosi con la loro saliva. C’erano già i primi segni di colatura di fiori e di diminuita allegagione.
Le formiche presidiavano l’albero per difendere gli afidi dai predatori; se poggiavo soltanto una mano su un ramo, aggredivano pungendo con le loro piccole e perfide mandibole. Vigilavano e mungevano gli afidi via via che questi emettevano dai loro sifoni il liquido zuccherino che eccedeva dalla loro nutrizione. Già, perché un afide non smette mai di succhiare: ha trovato il modo di ricevere direttamente il liquido che risale la pianta per la pressione acropica (verticale). Gli basta infiggere il suo apparato boccale, una straordinaria ed efficacissima siringa, pungendo cellule o anche perforando un vaso linfatico (suzione floematica) per ricevere la linfa per capillarità, senza sforzo di aspirazione, venendo pertanto “direttamente alimentato” dalla pianta. In questo modo, però, gli arriva troppo nutrimento e deve disfarsene scaricandolo tramite i due sifoncini di coda (cornicoli). Le formiche non devono fare altro che raccogliere le goccioline e la Lasius si è attrezzata per il trasporto, con un addome semi-estensibile per contenere questi liquidi.
Gli afidi sono strane creature; hanno un problema, non posseggono reni, che negli insetti sono i tubi malpighiani. L’hanno risolto mediante un’alleanza coi batteri. Nel loro corpo vi è un grosso micetoma, composto da micetociti che, a loro volta, sono ripieni di batteri. Questi simbionti sono in grado di detossificare l’ammoniaca che deriva dalla degradazione delle proteine in luogo dell’acido urico, che non può essere prodotto per l’assenza dei tubi malpighiani.
Il loro apparato boccale, che un tempo serviva per masticare, come quello delle cavallette, si è trasformato in uno strumento formidabile per perforare le piante, finanche la dura corteccia degli alberi, come fanno i loro parenti cocciniglie, per aspirare la linfa ed immettere saliva nella pianta. Siamo di fronte ad una delle più straordinarie trasformazioni operata dall’evoluzione: ogni parte dell’apparato boccale è stata radicalmente trasformata, nella forma e nella funzione (un processo che è detto esattazione).

 

Apparato boccale dell'afide  

L’apparato boccale masticatore originario degli insetti si compone come in Fig. Nell’apparato boccale degli Afidi (e dei Rincoti , in generale) sono scomparsi i palpi , i lobi mascellari e labiali, le mandibole e le mascelle sono diventate allungate e stiliformi, il labbro inferiore si è trasformato in un corpo cilindrico (rostro) , scanalato dorsalmente per accogliere i 4 stiletti. Le mandibole e le mascelle partono dal capo e divengono sempre più sottili raggiungendo e superando l’apice del rostro. Le mandibole sono all’esterno e terminano con denticolazioni utili a perforare; le mascelle si accollano e determinano due canali, uno di suzione ed uno salivare per l’immissione della saliva.
La prefaringe diviene un organo complesso, incuneato tra gli stiletti nel punto dove questi formano un fascio unico; porta un sottilissimo canale che proviene dalla pompetta salivare. La saliva viene spinta nel canale mascellare salivare. Il canale di suzione è in diretta comunicazione con la pompa faringeale: il tutto funziona come da pompa aspirante. Il labbro inferiore porta una scanalatura dorsale (in parte coperta dal labbro superiore) dove accoglie gli stiletti. In certe specie, dotate di stiletti lunghissimi, il labbro inferiore presenta una sorta di pinzetta apicale con la quale gli stiletti vengono ed inseriti gradualmente nei tessuti. Gli stiletti sono in grado di penetrare da soli nei tessuti scorrendo alternativamente l’uno sull’altro.

 

Organo per la suzione  

Rappresentazione schematica del modo con cui l’esile fascio di stiletti di un rincoto si infigge

nei tessuti di un animale o di una pianta. Le due mascelle sono tratteggiate (all’interno) mentre

le mandibole (all’esterno) armate di denti, sono in bianco. (da Weber e Miles)

 

Che fare, allora? Ero interdetto, volevo meditare ed aspettai: e questo fu l’errore più grave. Gli afidi che vediamo sulle piante sono tutte femmine; si riproducono, scusate il termine complicato, per partenogenesi telitoca, cioè produzione di altre femmine senza accoppiamento. Ma questo è il meno. L’Aphis citricola è una specie vivipara, cioè non depone uova; le nuove femmine si sviluppano protette e nutrite nel corpo della madre che, sia nella forma alata che in quella attera, partorisce la prole. La viviparità, in combinazione con la partenogenesi, dà luogo al fenomeno detto “inscatolamento delle generazioni”, che è alla base della prodigiosa capacità riproduttiva degli Afidi e della loro voracità; la linfa assunta da una femmina deve alimentare ben tre nuove generazioni in essa già presenti: vale a dire che nella pancia dell’afide vi sono le figlie, le nipoti e le pronipoti, cioè al minimo trentaquattro individui. Bastarono pochi giorni affinché diventassero un numero smisurato che aveva invaso completamente foglie e rametti giovani del mio limone.

 

Iscatolamento delle generazioni Anolociclo  

E non è tutto. Nelle zone d’origine l’Aphis citricola svolge tipicamente un olociclo (cioè in un anno si ha una successione di generazioni partenogenetiche con una bisessuale) sia su piante del genere Spiraea (piante cespugliose spesso coltivate per ornamento – vedi scheda) che rappresenta l’ospite primario, che su numerose altre specie vegetali, che rappresentano gli ospiti secondari.
Nell’Italia meridionale, invece, svolge un ciclo continuo (anolociclo), cioè una successione di generazioni partenogenetiche con scomparsa della generazione bisessuale, su Spiraea o sul biancospino (Crataegus) e, quel che è peggio, sugli agrumi. Un ciclo continuo, cioè una successione di generazioni partenogenetiche con scomparsa della generazione bisessuale(anolociclo), su Spiraea o sul biancospino (Crataegus) e,quel che è peggio, sugli agrumi. Si ritiene che sia capace di trasmettere il virus della “Tristezza degli agrumi” nell’Italia meridionale.

 


Spiraea olmaria  

Spiraea olmaria 

 

Pianta erbacea perenne dotata di proprietà diuretiche, antinfiammatorie e calmanti. E' nota anche come “regina dei prati” o spirea.
La Spiraea olmaria fiorisce in maggio-agosto, producendo fiori piccoli, bianchi, gradevolmente profumati e riuniti in una pannocchia terminale ampiamente ramificata; i fiori essiccati, talvolta raccolti insieme alle parti aeree, costituiscono la droga nota come ‘spirea olmaria’.


Contiene buone concentrazioni di derivati dell’acido salicilico, dotati di effetti analgesici, antipiretrici ed antinfiammatori. Il più noto tra questi è l’aspirina (acido acetil-salicilico), ma, meglio ancora, la spirea non ha effetti gastrolesivi.


La Bayer chiamò questo composto “Aspirina” dal prefisso a (per acetile) e la radice –spir, dal nome latino della Spirea olmaria.

 


   

 

 Ma da cosa deriva il nefasto potere dell’Aphis? Dal fatto di essere straniero.

È giunto dall’America Centrale fino alle nostre regioni, involontariamente importato insieme ad altri vegetali. Nelle sue regioni di origine aveva un antagonista naturale, un formidabile Imenotteto Braconide che ne conteneva la popolazione, parassitandolo, cioè inoculando le sue uova nell’ afide.
Queste si schiudevano, le larve si nutrivano dei tessuti dell’afide ed alla fine dell’afide rimanevaa soltanto un involucro esterno, l’esoscheletro. Si chiama Lysiphlebus testaceipes, ma purtroppo nelle nostre regioni, la sua larva muore anch’essa dentro l’afide, ed il Braconide non può riprodursi. Formiche permettendo, qui vi sono altri predatori che attaccano gli afidi: Coleotteri Coccinellidi, Ditteri Sirfidi, Neurotteri Crisopidi ed anche qualche altra specie di imenottero Braconide che ha volte, riesce a mummificare intere colonie di afidi, ed altri come Aphidius, Trioxis ed qualche imenottero Icneumonide.
Tuttavia questi nemici naturali non riescono a controllare le popolazioni degli afidi. Inoltre l’afide ha un vantaggio enorme su di essi: nei climi miti, come il nostro, riesce a sopravvivere, durante il periodo invernale, come femmina partenogenetica o come uovo durevole, quindi comincia a riprodursi molto prima che arrivino i suoi predatori.

 

Larva ed adulto di Coleottero Coccinellide che predano afidi  

D’altra parte, se avessi usato un insetticida, oltre che inquinare il mio giardino, sarebbero stati uccisi non soltanto gli afidi, ma anche i suoi predatori, peggio ancora, gli impollinatori, gli insetti
pronubi, come le api, i ditteri Sirfidi ed altri insetti di grande utilità. Poi, qualche afide sopravvissuto
avrebbe generato una nuova orda di succhiatori.
Questo è il dilemma: da una parte dobbiamo combattere gli insetti che ci sottraggono alimenti, dall’altra proteggere noi stessi, gli alimenti, gli ambienti e gli insetti utili dai tossici che utilizziamo.
Accade però che l’insistenza nell’uso di un determinato insetticida operi come una selezione a vantaggio degli individui che possiedono geni di resistenza e questi dànno luogo ad una nuova popolazione, indifferente a tutta la famiglia di insetticidi a cui appartiene quello che abbiamo utilizzato.
Utilizzare gli antagonisti delle specie dannose in una “lotta biologica” il più delle volte si rivela insufficiente, ci dà soltanto una modesta limitazione del danno, molto al di sopra della soglia di dannosità. Sono stati escogitati molti altri sistemi, come insetticidi di origine naturale, insetticidi che si degradano facilmente, fotolabili, termolabili, lotta microbiologica, uso confusivo di feromoni, ecc. Purtroppo, ogni volta che si utilizza una nuova arma, prima o poi arriva la risposta degli insetti che la neutralizzano; e la guerra continua.