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L’erbario con immagini vive di Otto Brunfels
  Otto Brunfels  

 L’erbario con immagini vive di Otto Brunfels

 

Silvia Fogliato

 

Nell’area tedesca, Magonza fu presto superata come centro di produzione del libro a stampa da Strasburgo, all’epoca una città libera dell’Impero. Intorno al 1458 Johannes Mentelin vi aprì una tipografia che tra il 1461 e il 1462 allestì una Bibbia monumentale, seguita da una notevole produzione di testi sacri. Ma la grande specialità di Strasburgo divennero i libri illustrati in lingua volgare, che poterono giovarsi della importante tradizione artistica strasburghese e della presenza in città di abili scultori, pittori e incisori.

La città renana, punto d’incontro tra la Francia, la Germania e le Fiandre, era uno dei maggiori centri di diffusione dell’Umanesimo; presto divenne anche una delle capitali della Riforma. Nel 1519 le tesi di Lutero vennero affisse alle porte della cattedrale, nel 1525 la città adottò la Riforma e nel 1532 sottoscrisse la Confessione augustana. Proprio a quegli anni di svolta risale il secondo e decisivo soggiorno nella città alsaziana del protagonista di questa storia, Otto Brunfels (1488 ca.-1534), il primo in ordine di tempo dei tre «padri tedeschi della botanica».

 

Un teologo protestante prestato alla botanica

Brunfels era nato proprio a Magonza; spirito inquieto, dopo aver studiato filosofia e teologia all’università della città natale, si fece monaco ed entrò prima nella Certosa di Magonza, poi in quella di Königshofen presso Strasburgo. Qui entrò in contatto con gli ambienti umanistici e pubblicò i suoi primi scritti, di argomento teologico, pedagogico e morale, sulla scia di Erasmo da Rotterdam. La Riforma protestante lo vide in prima fila, schierato al fianco di Lutero ma ancora di più di Ulrich von Hutten, il leader della guerra dei cavalieri. Le sue posizioni erano dunque decisamente radicali e lo costrinsero prima ad abbandonare il monastero, poi a diventare una specie di pastore itinerante, in conflitto non solo con la Chiesa cattolica ma anche con Zwingli e lo stesso Lutero. 

Negli anni caldi della nascita della Riforma, tra il 1519 e il 1524, egli scrisse copiosamente di argomenti morali e teologici, che spesso avevano anche risvolti politici: in particolare, denunciò l'arbitrarietà delle decime, anche se non fino al punto di invitare i contadini a non pagarle; la sconfitta della guerra dei cavalieri e la morte di von Hutten (che difese ancora dopo la sua scomparsa contro le critiche di Erasmo, ai suoi occhi un opportunista che non aveva avuto il coraggio di schierarsi apertamente con la Riforma) lo spinsero a moderare le sue posizioni e soprattutto ad abbandonare la polemica religiosa, per tornare a Strasburgo. Città dell'Impero, ma in posizione decentrata, e dominata dalle posizioni conciliatrici di Martino Bucero, rispetto alla Germania poteva essere un asilo abbastanza sicuro e quasi un'oasi di tranquillità.

Secondo i dettami dello stesso Lutero, nei locali del disciolto convento dei Carmelitani aprì una delle prime scuole destinate all’alfabetizzazione dei ragazzi del popolo.

Presto incontrò il mondo dell’editoria. Oltre a curare la pubblicazione degli scritti di Jan Hus che aveva ricevuto da von Hutten (dedicò il primo volume a Lutero), divenne un poligrafo che scriveva degli argomenti più diversi, forse in connessione con la sua attività di maestro. Nel 1527 iniziò a collaborare con l’editore Schott, per i cui tipi pubblicò due volumi sull’Antico e Nuovo testamento e una raccolta di biografie di medici; nel 1530 fu la volta dalla prima parte di Herbarum Vivae Eicones, cui seguirono nel 1532 e nel 1536 la seconda e la terza parte (postuma).

Non sappiamo se in precedenza Brunfels si fosse già interessato di botanica, o meglio di piante officinali (visto che all'epoca la botanica come la intendiamo noi non esisteva ancora). Ma si appassionò tanto all'argomento che, benché avesse ormai superato la quarantina, andò a Basilea a studiare medicina e, dopo essersi laureato nel 1532, si trasferì a Berna come medico della città. Qui morì nel 1534.

 

  Herbariun vivae eicones - Frontespizio  

Un nuovo erbario, tra «piante nude» e immagini vive

Herbarum Vivae Eicones è un prodotto editoriale così innovativo che Julius von Sachs, seguito da altri studiosi soprattutto di area tedesca, ha fatto iniziare la botanica moderna nel 1530, anno di pubblicazione della sua prima parte, e ha proclamato Otto Brunfels «padre della botanica». Il merito va certo ai testi: per la prima volta non si tratta di un copia-incolla o di un maquillage dei testi ereditati dalla tradizione manoscritta medievale, ma di un testo originale; ma ancora più innovativo, come vedremo meglio tra poco, è l’apparato iconografico, che era poi l’elemento a cui l’editore teneva di più e sui cui contava per conquistare il mercato. L’idea di corredare il testo con immagini di estremo naturalismo fu certamente di Schott, così come fu lui a imporre il titolo e il sottotitolo «Immagini vive delle piante, a imitazione delle natura». Il progetto iniziale di Brunfels andava in una direzione diversa: sotto l’influenza dagli scritti di Leoniceno e Giovanni Manardo, ben noti in Germania attraverso i loro allievi che avevano studiato a Ferrara, si proponeva di superare i vecchi erbari tedeschi attingendo direttamente alle fonti antiche, prima tra tutte la Materia medica di Dioscoride.

Probabilmente intendeva presentare le piante in ordine alfabetico, dando la precedenza o forse l'esclusiva alle specie medicinali trattate dagli antichi. Per identificarle correttamente, anche lui, seguendo l'esempio degli italiani, percorreva le campagne attorno a Strasburgo cercando di identificare nella ben diversa flora del centro Europa le piante mediterranee nominate da Dioscoride, con l’ovvio risultato che le sue identificazioni sono spesso forzate o arbitrarie.

Se le cose non andarono come avrebbe voluto, la colpa (o il merito) fu del pittore e incisore Hans Weiditz. Doveva essere uno spirito indipendente (e intraprendente) e prese l'iniziativa di ritrarre dal vivo anche piante non previste dall'autore, non solo mai citate da Dioscoride o Plinio, ma spesso pure prive di proprietà officinali. Insomma, vere e proprie erbacce. Brunfels le avrebbe espunte volentieri, o almeno relegate in un'appendice, ma l'editore premeva perché il lavoro procedesse in fretta, e, man mano che le matrici erano pronte, faceva stampare le xilografie con i testi relativi. Così l'ordine previsto da Brunfels saltò, e le specie vennero disposte in un ordine casuale, dettato dalle esigenze editoriali.

Fu in questo modo che in Herbarum vivae eicones entrarono quasi cinquanta piante native mai descritte in precedenza (circa un quinto del totale); per Brunfels fu uno smacco, tanto che egli si scusa addirittura con i lettori di averle inserite nel corpo del testo, invece di confinarle in un’appendice, e le chiama spregiativamente plantae nudae, indegne di essere descritte e pubblicate perché non rivestite del prestigio di una designazione autorevole. Eppure sono proprio le spregevoli piante nude a rendere interessante il libro di Brunfels per noi: sono le uniche per le quali egli scrive ciò che vede con i suoi occhi o ha saputo dai suoi informatori, e non ciò che riprende diligentemente dalle fonti antiche. Per scoprire i loro nomi e sapere qualcosa dei loro eventuali usi, senza alcuna spocchia intellettuale, egli si rivolse infatti agli erboristi e anche alle «vecchiette espertissime» che «non conoscono le piante grazie ai libri, ma sono state ammaestrate dall’esperienza». E sicuramente non gli spiacque che l’editore prendesse l’iniziativa di affiancare all’edizione latina una versione tedesca, il Contrafayt Kreüterbuoch (ovvero «Libro d’erbe illustrato»), con l’aggiunta di una cinquantina di illustrazioni originali.

Oggi si tende a ridimensionare il valore storico dell’opera di Brunfels, giudicata un lavoro sostanzialmente compilatorio: con la notevole eccezione delle plantae nudae, egli antologizza con diligenza ciò che dicono le fonti antiche (sempre puntigliosamente citate), ma raramente aggiunge informazioni di prima mano. L’importanza di Herbarum vivae eicones risiede dunque in gran parte nelle illustrazioni di Hans Weiditz (1497-1537 circa), anche noto come Hans Weiditz il Giovane per distinguerlo dal padre Hans Wydyz o Weiditz il Vecchio, un importante scultore attivo a Strasburgo e Friburgo in Bresgovia. Il giovane Weiditz fu sicuramente allievo di Dürer, da cui apprese l’osservazione diretta della natura, l’attenzione ai particolari e la tecnica del chiaroscuro al tratto.

Probabilmente si deve a lui la maggior parte delle immagini dei primi due volumi, anche se fu assistito da altri pittori e da uno o più incisori. Weiditz, come abbiamo già visto, scelse con una certa autonomia le piante da ritrarre; le disegnò e le dipinse dal vivo, non in modo idealizzato, ma estremamente realistico tanto che in alcune tavole vediamo fiori appassiti, foglie strappate o mangiate dagli insetti. Da questo punto di vista, le sue immagini sono abbastanza lontane dalle future convenzioni dell’illustrazione botanica che rappresenta le piante non in modo individuale, ma ideale; invece troviamo già le piante decontestualizzate, disposte sul foglio bianco separate dal loro habitat; in alcuni esemplari sono presentati diversi stati della vita della pianta, con fiori e frutti insieme.

Nel 1930 a Berna, in un volume appartenuto a Felix Platter, furono ritrovati settantasette acquarelli botanici di Weiditz: si tratta di una parte degli originali da cui furono tratte le xilografie dei volumi di Brunfels. Rispetto a queste ultime, sono ancora più notevoli per virtuosismo e naturalismo; gli incisori non di rado le adattarono alla pagina, spesso disponendole in posizioni innaturali e le riprodussero con un tratto piuttosto sottile, senza chiaroscuro; inoltre le dimensioni delle xilografie sono molto variabili, dalla pagina piena a pochi centimetri, con il testo che si dispone intorno in modo un po’ disordinato. Probabilmente, erano previste copie di lusso acquarellate a mano, di cui gli originali di Weiditz potrebbero costituire il modello per i colori.

Le illustrazioni di Weidnitz imposero un nuovo standard, tanto che furono immediatamente piratate: nel 1533 il disinvolto editore Egenolph ne fece copiare alcune (ruotate di 180° e ridotte nelle dimensioni) per illustrare il Kreutterbuoch di Eucharius Rösslin; Schott gli fece causa e l’editore rivale fu costretto a desistere. Qualche anno più tardi, gli artisti che illustrarono De historia stirpium di Fuchs ne furono profondamente influenzati, e a volte preferirono rifarsi alle immagini di Weidnitz piuttosto che a esemplari reali.

 

  Brunfelsia_pauciflora_Curtis  

Una Brunflesia a tre colori

Anche Brunfels è uno dei botanici omaggiati da Plumier con la dedica di uno dei suoi generi americani; egli ne sottolinea il ruolo di precursore: «Per primo in Germania cercò di strappare la botanica medica, quasi estinta, da profondissime tenebre». Al di là del tono lievemente apocalittico, è vero che Brunfels, oltre a scrivere il primo erbario in un certo senso «moderno» della botanica tedesca, esercitò un importante ruolo di stimolo: fu lui a persuadere Hieronymus Bock a pubblicare il suo erbario tedesco, sobbarcandosi un viaggio a piedi da Strasburgo a Hornbach per convincerlo di persona; in appendice a Herbarum vivae eicones, pubblicò i primi scritti dello stesso Bock e di Fuchs; e fu certo l’interesse suscitato dal libro di Brunfels a spingere Euricius Cordus a scrivere e pubblicare il suo Botanologicon.

Dunque l’omaggio del genere Brunfelsia è più che meritato; anch’esso fu validato da Linneo. Brunfelsia L., appartenente alla famiglia Solanaceae, comprende una cinquantina di specie di piccoli alberi e arbusti, più qualche liana, diffusi esclusivamente nell’America tropicale, dalle Antille all’Argentina. Hanno grandi fiori profumati tubolari, piatti, lievemente irregolari, con cinque grandi lobi, simili a quelli delle petunie (i due generi sono piuttosto affini e appartengono alla medesima tribù). Come molte piante di questa famiglia, contengono sostanze medicinali e alcaloidi, le cui proprietà sono state scoperte e sfruttate dalle culture indigene; tuttavia varie componenti sono tossiche e possono causare problemi sia all’uomo sia agli animali domestici.

Diverse specie di Brunfelsia sono coltivate nei paesi a clima mite per il grande valore ornamentale. Le più note sono B. americana e B. pauciflora. La prima è un piccolo albero originario delle Antille, dove lo vide e lo descrisse padre Plumier; sempreverde, ha grandi fiori solitari dapprima bianchi poi giallo crema, che si aprono di notte diffondendo un forte profumo che gli ha guadagnato il soprannome di «signora della notte». Da noi è però più coltivata l’arbustiva B. pauciflora, originaria del Brasile, che al momento della fioritura dà spettacolo con le sue corolle in tre colori. Infatti i suoi fiori hanno la curiosa particolarità di cambiare colore: al momento dell’apertura sono viola purpureo, quindi lavanda, infine, poco prima di appassire, bianchi. Ecco perché gli inglesi la chiamano yesterday-today-tomorrow, «ieri, oggi, domani».

Nessuna delle due specie è rustica. Garantisce invece una buona resistenza al freddo B. australis, che come dice il nome specifico ha una distribuzione più meridionale (dal Brasile meridionale all’Argentina); è simile a B. pauciflora, ma con portamento più compatto e fiori più piccoli, anch’essi in tre colori.

 

Bibliografia

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