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Botanici del Rinascimento: Niccolò Leoniceno

 

Niccolò Leoniceno

Botanici del Rinascimento: Niccolò Leoniceno

 

Silvia Foglato 

 

 

Un medico-filologo

 

La botanica (che all’epoca nessuno si sognava di chiamare così) ri-nasce nel Rinascimento, nelle vesti ancillari di medicina farmaceutica, ovvero come studio delle piante da cui si ricavavano medicamenti. E, se non suo padre, almeno suo nonno può essere considerato il medico veneto Niccolò da Lonigo, meglio noto con il nome umanistico Niccolò Leoniceno (1428-1524) (foto 1): nonno per la sua veneranda età (morì ultranovantenne dopo aver insegnato per oltre sessant’anni all’università di Ferrara) e per essere stato il maestro di almeno due dei “padri della botanica”: sicuramente il tedesco Euricius Cordus e probabilmente l’italiano Luca Ghini.

Leoniceno era un ottimo medico (fu tra l’altro medico personale del duca di Ferrara e scrisse un importante saggio sul mal francese, respingendone l’origine soprannaturale) ma anche un filologo e un grecista, uno dei primi a leggere nella lingua originale i testi di Galeno (di cui fu importante traduttore e commentatore) e De materia medica di Dioscoride. È considerato il più importante esponente del gruppo dei “medici filologi”, impegnati a riscoprire il dettato originale dei testi medici antichi, che il Medioevo conosceva per lo più attraverso traduzioni dall’arabo, spesso poco attendibili. Il suo metodo coniugava lo studio dei testi antichi con la verifica diretta, attraverso la pratica medica e la ricerca e l’osservazione delle piante.

Fu così che, mettendo a confronto alcune piante trattate sia da Plinio sia da Dioscoride, si rese conto che nel testo pliniano c’erano delle incongruenze e degli errori che non potevano essere attribuiti ai soli copisti. Nel 1490 inviò al famoso poeta e filologo Poliziano (di cui era amico personale) una lettera e un manoscritto in cui segnalava errori di Plinio e di altri autori, per lo più arabi. Poliziano rispose in modo molto garbato, ma con dotte citazioni cercò di smontare le critiche e di difendere lo scrittore latino, che in nessun modo poteva essere messo sullo stesso piano dei “barbari” arabi; la sua autorità era troppo grande per essere messa in discussione; se voleva attaccarlo, l’amico Leoniceno doveva farlo in modo ben più deciso (foto 2) .

Fu esattamente quello che fece il combattivo medico veneto due anni dopo con l’opuscolo De Plinii et plurium aliorum in medicina erroribus, “Sugli errori medici di Plinio e di molti altri”: egli se la prende con i suoi colleghi che considerano Avicenna oro colato o confondono addirittura i nomi delle piante officinali; quanto a Plinio, non di rado aveva mal interpretato i nomi delle piante citate dagli autori greci, ad esempio confondendo le parole greche kisthos, “cisto rosso” e kissos, “edera”, come risultava chiarissimo confrontando il suo testo con quello di Dioscoride e con le caratteristiche rispettive delle due piante (foto 3). Un errore non imputabile ai copisti, ma allo stesso Plinio e al suo metodo di lavoro: «non scrivendo egli di cose di cui avesse conoscenza diretta, ma che piuttosto aveva raccolto da autori diversi e scritte in modo diverso, sembra più volte che egli abbia considerato differenti tra loro cose uguali e viceversa uguali cose tra loro differenti».

 

 

foto 2 foto 3  

Era dunque ora di tornare alle fonti, ovvero a Dioscoride e Galeno, loro sì «medici di valore», e dunque affidabili. Senza mai dimenticare di verificare di persona: ad esempio, a proposito della radice del ciclamino, scrive: «Questo non si trova in nessun altro autore. E l’esperienza non lo prova».

Su invito dello stesso Poliziano, nel 1493 gli rispose Pandolfo Collenuccio con Pliniana defensio adversus Nicolai Leoniceni accusationem, “Difesa di Plinio contro le accuse di Niccolò Leoniceno”, in cui cercò di dimostrare la correttezza dei passi pliniani posti sotto accusa dal medico veneto. Secondo lui Niccolò non si era davvero basato sull’esperienza diretta, ma piuttosto stava sostituendo un’autorità (quella di Plinio) con un’altra (quella di Dioscoride); contestò inoltre le identificazioni botaniche di Leoniceno, appoggiandosi sui nomi in uso presso gli speziali veneziani. Nella polemica si inserì anche Ermolao Barbaro che proprio intorno allo stesso anno portò a termine le Castigationes plinianae, frutto di un lungo lavoro sui codici di Naturalis historia, in cui si vantò di aver rinvenuto nei vari manoscritti non meno di cinquemila errori, causati dall’ignoranza e dalla trascuratezza di generazioni di copisti. Anche per lui l’autorità di Plinio rimaneva intatta, e, ascrivendo allo scrittore romano errori che andavano attribuiti unicamente ai copisti, Leoniceno non ragionava da filologo. La Naturalis historia era un testo letterario, e andava interpretato con l’armamentario della critica testuale, e non in termini di verità fattuale.

 

 

Una polemica annosa e la fondazione di nuove pratiche

 

La polemica si trascinò per una decina di anni, con risposte e contro risposte. Da parte di Leoniceno culminò nel 1507 con De Plinii et plurium aliorum medicorum erroribus novum opus, “Nuovo opuscolo sugli errori di Plinio e molti altri medici” in cui è evidente che per il medico veneto non si tratta più di una disputa tra filologi, ma della priorità dei fatti sulle parole. Come fa notare C. G. Nauert jr., il suo approccio era completamento diverso rispetto a quello degli umanisti come Collenuccio e Barbaro: «Il suo interesse principale non era restaurare il testo di Plinio in sé, ma scoprire la verità sulle sostanze usate dai medici e dai loro pazienti». Prendere una pianta per l’altra poteva essere fatale: da una buona interpretazione dei testi, dipendeva letteralmente la salute dei pazienti.

Per stabilire l’esatta identificazione delle specie, Leoniceno, che credeva erroneamente che i capitoli di Naturalis historia sulle piante officinali dipendessero da Dioscoride (in realtà dipendevano da una fonte comune, ovvero Teofrasto), mise a confronto vari passi pliniani con De materia medica, ma non di rado si basò anche sulle sue osservazioni dirette. Anche se egli era ancora convinto dell’autorità dei suoi prediletti Dioscoride e Galeno, questa presa di posizione segna una svolta, «il primo inequivocabile passo verso una concezione indipendente della medicina e l’elaborazione di nuovi concetti epistemologici», per riprendere le parole di D. Mugnai Carrara.

Anche il richiamo all’autorità di Dioscoride può essere letto in senso, per così dire, “progressista”: nella gran confusione dei nomi delle piante medicinali, con lo stesso nome attribuito a piante diverse, e viceversa la stessa pianta chiamata con più nomi, appoggiarsi sull’autorità certa di Dioscoride, anziché sull’uso comune che varia di luogo in luogo e di epoca in epoca (come pretendeva Collenuccio, che si basava sull’uso degli speziali veneziani) è un primo passo per stabilire denominazione univoche; anche l’odierna nomenclatura botanica si basa su un’autorità iniziale, quella di Linneo e del suo Species plantarum.

Un’altra pratica che possiamo farsi risalire a Leoniceno è l’escursione botanica in campo aperto. Ovviamente, da sempre speziali e erboristi (tra questi ultimi, molte erano donne) andavano per campi e boschi in cerca di erbe medicinali, ma un medico di formazione umanistica e universitaria come Leoniceno non attribuiva a queste conoscenze popolari ed empiriche alcuna autorità. Quando, insieme ai suoi studenti, percorreva e ripercorreva le campagne ferraresi, il suo scopo, testi di Dioscoride e Plinio alla mano, non era fare incetta di erbe più o meno benefiche, ma paragonare le piante raccolte in natura con quelle descritte dagli autori antichi, in modo da giungere a una corretta identificazione.

Fu grazie a lui, e ai suoi allievi, se lo studio diretto delle piante, incluse le escursioni botaniche, incominciò ad essere introdotto nel curriculum dei futuri medici. Da quella esperienza presero le mosse Antonio Musa Brasavola e Euricius Cordus, sicuramente suoi allievi, e Luca Ghini, che probabilmente seguì le sue lezioni.

 

Bibliografia

 

P. Collenuccio, Pliniana defensio adversus Nicolai Leoniceni accusationem, Andreas Belfortis, Ferrariae 1493

G. Cristofolini, Nicolò Leoniceno, il medico umanista all’origine della Botanica moderna, in «Notiziario della Società Botanica Italiana», 4 (2020), pp. 1-6

N. Leoniceno, Plinii ac plurium aliorum auctorum qui de simplicibus medicaminibus scripserunt errores, Laurentius de Valentia e Andreas de Castronovo, Ferrariae 1492

N. Leoniceno, De Plinii in medicina erroribus, a cura di L. Premuda, Il Giardino di Esculapio, Milano - Roma 1958

D. Mugnai Carrara, Nicolò Leoniceno e Giovanni Mainardi: aspetti epistemologici dell’umanesimo medico, in Alla corte degli estensi. Filosofia, arte e cultura a Ferrara nei secoli XV e XVI, a cura di M. Bertozzi, Ferrara 1994, pp. 19-40

C. G. Nauert jr., Humanists, scientists, and Pliny: changing approaches to a classical author, in «The american historical review», Vol. 84, 1, pp. 72-85

P. Pellegrini, «Niccolò da Lonigo», in Dizionario Biografico degli Italiani, Istituto dell’Enciclopedia italiana, Roma, vol. 78, https://www.treccani.it/enciclopedia/niccolo-da-lonigo_(Dizionario-Biografico)/