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Se magari ti sogni una rapa...

 

cimerape e Bracciodiferro

Se magari ti sogni una rapa...

  

Luciano Luciani

 

 

Rape in sogno

E se mai ti capitasse di sognare rape? Allora corri al più vicino Banco Lotto e affrettati a giocare il 21. Se poi le rape fossero cotte, opterai per il 90, se tagliate per il 56. Il rapaiuolo, ovvero il venditore di rape, fa 79. Qualora, poi, volessi avventurarti in un tentativo di lettura del sogno, tieni presente che le rape rappresentano un antico simbolo di fecondità familiare e quindi punta sul 52 … E che la rapa sia con te!

 

Motti di rapa: generosità e resistenza

È nei motti, quelle frasi ad alta intensità di significato che accompagnavano l’impresa araldica, che la rapa, spesso fatta oggetto di disprezzo, si prende inopinatamente le sue più belle soddisfazioni. Per esempio, in Cunctis enascor, nasco per il bene di tutti, (uomini e animali aggiungiamo noi), che ricorda in maniera sinteticamente esemplare la generosità di questa radice che ha sfamato per millenni quanti si siano avvicinati alla sua altruistica bontà. Un concetto ribadito da Dat omnibus escam, dona cibo a tutti, mentre Frigore gaudet, gode del freddo, Frigore fit amplior, per il freddo diventa più grande, e A rigore, vigorem, dal freddo rigido la salute, ribadiscono le doti di pazienza e resistenza al freddo, e in genere alle dure prove della vita, che non fiaccano questa pianta ma la migliorano, irrobustendola. Un esempio per gli uomini a non piegarsi alle avversità dell’esistenza, anzi ad approfittarne per maturare e progredire, come confermano anche Frigore fit dulcior, diventa più tenera col gelo, e Iovis inclementia crescit, con le calamità del cielo si fortifica.

 

Rape onomastiche

Abbondanti i resti di rapa rintracciabili nella onomastica del Bel Paese. Il cognome Rapa e le sue varianti - Rapi, Rava e Ravi - con i suoi alterati e derivati – Rapetti e Repetto, Rapini e Rapino, Rapillo, Rapucci e Rapizzi, Raponi e Rapone, Rapacci, Rapaccini, Rapaccioli e Rapacciuolo, Rapaccione, Ravelli e Ravella, Ravetti e Ravetta, Ravina, Raviola, Raviotti, Ravaccia, Ravazza e Ravazzi, Ravazzolo, Ravizza, Ravaglia e Ravagli, Ravaglioli e Ravaioli, Ravaldi, Ravalli, Ravano e Ravani, Ravagni, Ravanelli, Ravara e Ravaro, Ravera e Ravero, Ravasco e Ravaschio - sono equamente distribuiti lungo tutta l’Italia continentale. Due le tipologie dominanti: il toscano Rapa che si allarga a tutto il Centro sud e il settentrionale e pervasivo Rava, capace di arrivare sino alla regione di Dante e Boccaccio. Si tratta di cognomi originati evidentemente da soprannomi che indicano attività o luoghi connessi con la rapa e la sua coltivazione.

Una qualche attenzione la merita il cognome Magnarapa/e rarissimo, forse estinto, specifico del territorio di un unico Comune: quello di Casalbordino in provincia di Chieti che ricordo personalmente per una bella spiaggia tanto larga quanto poco frequentata, un mare placido e verdecupoverde e dei vigili urbani un po’ troppo severi. Di area esclusivamente molisana, invece, il più delicato Mangiarapa/e.

 

Rape toponomastiche

Più labile la scia che la rapa ha lasciato nella toponomastica. Non Rapallo che deriva, forse sì forse no, dal gotico rappa trasferitosi nei dialetti italiani col significato di “piega, ruga, fenditura”, ma Rapolano Terme in provincia di Siena, che rimanda al fitonimo latino rapa. Come pure sembra che facciano il modenese Ravarino, duramente colpito come tante altre località emiliane dal terremoto del maggio 2012, e il piccolissimo Comune carnico di Ravèo, 509 abitanti in provincia di Udine, di qualche notorietà per i suoi eccellenti biscotti a forma di S che riproducono la forma del colle su cui sorge il paese.

Incerta, ma secondo alcuni al vago sentore di rapa, l’origine dei toponimi di Rapone (Pz), Rapino (Ch), Ravello (Sa).

 

Rapare a zero e altre storie

Liscia al tatto, la nostra radice ha da sempre suggerito all’immaginario collettivo il paragone con una testa priva di capelli, cioè rapata a zero. E, sino a non molti anni fa, rapati a zero si presentavano ad amici e familiari, in occasione della loro prima licenza, i soldatini agli inizi del servizio militare presso i CAR, Centri Addestramento Reclute disseminati lungo tutto lo Stivale. Apparivano goffi, questi giovanotti appena appena usciti dall’adolescenza a cui era demandata nientemeno che la difesa della Patria, insaccati com’erano in divise troppo larghe e privati dell’onore della chioma, estirpata da rozzi barbitonsori reggimentali privi di grazia e di gusto.

In una parola brutti da suscitare tenerezza.

Solo in tempi più recenti, i rapati a zero sarebbero diventati un paradigma della bellezza maschile e di una nuova, glabra, discutibile virilità.

Interessante, poi, l’uso di rapa come sinonimo di soldi, quattrini, valsente, conquibus, diffuso in area veneta a testimonianza di un antico valore di scambio protrattosi sino ai nostri giorni di una sempre più precaria moneta unica: ghe ne vol de rape par tor un bel bricolo, ce ne vogliono di quattrini per comperare un bell’anello.

Rimane, invece, ancora piuttosto enigmatica l’espressione, prevalentemente settentrionale, la rava e la fava che si utilizza di solito in contesti del tipo raccontava la rava e la fava di tutti. Ovvero per filo e per segno, entrando in ogni minimo dettaglio, senza trascurare il minimo particolare: detto con un tono irritato che sottolinea l’inutile pedanteria dell’impiccione, la noia che ne è derivata, e l’infastidita riprovazione per l’intrigante pettegolo troppo interessato agli affari altrui.