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Balsamica, antisettica e anarchica: la salvia

 

 

Salvia officinalis

Balsamica, antisettica e anarchica: la salvia

 

di Luciano Luciani

 

 

Nomen omen: nel nome c’è un presagio e davvero si può dire che la salvia... salva! Non a caso Roma antica la chiamava l’herba sacra e la sua raccolta era riservata a pochi iniziati, resi tali da un processo rituale di purificazione. La medicina popolare medioevale assegnava alla salvia poteri cicatrizzanti sulle ferite e le ulcere difficili da rimarginare. I cinesi le attribuivano la facoltà di donare la longevità e addiritura di resuscitare i morti. Sì, questa pianta odorosa appartenente alla famiglia delle Lamiaceae, la stessa del timo e della menta per capirci, presenta non poche proprietà, sfruttate dall’uomo per il proprio benessere sin dalla notte dei tempi e registrate anche dalla saggezza popolare: “chi ha salvia nell’orto possiede salute nel corpo”, a cui fa eco un detto originario della Scuola Salernitana per il quale “se molto vuoi campare, salvia hai da mangiare.” Largamente usata in cucina, nella cosmesi e in erboristeria favorisce la digestione e la diuresi e va ricordata anche per numerose altre virtù farmacologiche: la emmenagoga, ovvero in grado di favorire l’afflusso del sangue nell’area pelvica e dell’utero; l’ipoglicemica che diminuisce il livello di zucchero nel sangue; coleretica, che stimola il fegato e aumenta la secrezione biliare; spasmolitica con effetto calmante sulle contrazioni muscolari; estrogenica che aiuta a sviluppare e a mantenere i caratteri femminili secondari... Qualità da attribuire soprattutto alla Salvia officinalis, di cui merita di essere segnalato il curioso processo d’impollinazione: i calabroni (Bombus hortorum) e altri insetti simili, visitando i fiori per succhiarne il nettare, spingendo avanti la loro proboscide si abbassano e coprono di polline la peluria che ricopre il loro corpo Poi, ritirandosi dopo aver succhiato, volano verso altri fiori ed entrandovi strofinano il dorso contro lo stimma depositandovi il polline. 

Pianta prepotente, in virtù del suo portamento vegetativo e delle sue foglie radicali molto lunghe e disposte a rosetta, la salvia tende a occupare molto posto e a togliere spazio allo sviluppo delle altre erbe. Ne esistono oltre 700 specie diffuse in tutti i continenti, soprattutto nelle regioni calde o temperate, perché la Salvia si adatta a qualunque terra purchè soleggiata. Oltre venti crescono in Italia, alcune spontanee, altre coltivate: la Salvia sclarea, grande erba con fiori rosso-violacei, le cui foglie sono usate in medicina e nella fabbricazione di vini e liquori; la verbenacea, a fiori azzurri; la Salvia glutinosa, a fiori gialli; la verticillata; la pratensis, con grandi fiori azzurri o viola... Quest’ultima, diffusissima, viene di frequente rifiutata dagli animali per l’intenso odore che emana. La sua palese azione purificatrice dell’organismo la rende ben accetta a ogni pratica gastronomica semplice: ottime le frittelle alla salvia che si ottengono immergendone le foglie nella pastella e friggendole nell’olio bollente. Come non ricordare, poi, che, fresca o essiccata, favorisce il sapore dei cibi, ne ostacola il deperimento, tiene lontani gli insetti da abiti o lenzuola, mentre i suoi fumi eliminano i cattivi odori in cucina e negli ambienti domestici?

 

Salvia anarchica

Perché gli abitanti di Savoia di Lucania, piccolo comune della Basilicata in provincia di Potenza, si chiamano ancora oggi salviani? Dal nome della nostra pianta che cresceva abbondante in quel territorio, ma anche come una forma di resistenza agli insulti della storia e degli uomini che dura da quasi 140 anni: una vicenda tristissima che merita di essere conosciuta. Il paese, infatti, fino a quel momento Salvia di Lucania, mutò denominazione in modo improvviso e crudele all’indomani dell’attentato contro re Umberto I di Savoia, in visita a Napoli il 17 novembre 1878. Chi minacciò la vita del re - o per meglio dire provò ad attentare, perché gli procurò solo alcune ferite superficiali usando un piccolo temperino comprato al mercato in cambio della propria giacca - fu Giovanni Passannante (1849-1910), nativo di Salvia, emigrato in cerca di lavoro, prima a Salerno e poi a Napoli, di convinzioni più mazziniane e repubblicane che anarchiche. Un ingenuo tentativo di vendicare le secolari sofferenze del sud, che, tra le sue conseguenze, oltre alla tragedia personale dell’autore dell’attentato, incarcerato, torturato e morto oscuramente nel manicomio criminale di Montelupo Fiorentino, conobbe anche l’imposizione del cambiamento di nome al paese “colpevole” di essere il luogo di nascita di Passannante. Così Salvia cambiò nome in onore della casa regnante, cui era stata recata offesa e si chiamò da allora Savoia di Lucania. Una rappresaglia di brutale, tetragona efficienza sabauda. Non solo. La famiglia dell’anarchico fu sconvolta e continuò a essere perseguitata per anni: la madre, Maria Fiore, venne ristretta nel manicomio di Aversa come espiazione per aver partorito un tale «mostro», la stessa sorte toccò ai fratelli. Ma il prezzo fu alto per tutti i salviani: da allora a Savoia di Lucania non c’è più stato nessuno con il cognome Passannante perché parenti e omonimi preferirono lasciare il paese.

“Così”, ha scritto lo storico Michele Fumagallo, “si cercava di cancellare ogni traccia che ricordasse l’uomo che aveva osato sfidare il re.”

Dal 2007 un comitato pro-Salvia chiede il ritorno del Comune al nome originario.