raccolte cd
timberland euro, timberland uomo 6 inch stivali, timberland uomo barca stivali, timberland uomo earthkeepers, timberland uomo euro hiker stivali, timberland uomo nellie chukka, timberland uomo rotolo top stivali, timberland uomo scarpe da spiaggia, timberland donna 6 inch stivali
Antoine-Laurent Lavoisier - Prime memorie sulla respirazione degli animali
Lavoisier 1

 

 
Prime memorie sulla respirazione degli animali 

 

Armand Seguin e Antoine-Laurent Lavoisier 1790

 

La respirazione non può mai essere sospesa, senza che ne risulti il maggior

disordine nell’economia animale e questa sospensione non può essere prolungata

senza che la morte non sia una conseguenza pronta e necessaria.

La respirazione è dunque una delle più importanti fra tutte le funzioni animali.

Ciò nonostante sino a non molto tempo fa, si era ignorato del tutto quale fosse

il suo uso e quali fossero i suoi effetti e tutto ciò che era relativo alla respirazione

veniva considerato uno dei segreti che la natura sembra essersi riservata.

Il ritardo delle nostre cognizioni sopra un oggetto così importante è dovuto a

una concatenazione necessaria nel succedersi delle nostre idee, un ordine

indispensabile nel cammino dello spirito; e perché era impossibile saper qualcosa

sulla respirazione prima, che si fosse conosciuto.

Che il calorico (la materia del calore) è un principio costitutivo dei fluidi (1) e che a questo principio essi devono la loro volatilità, la loro espansibilità, la loro elasticità e le altre proprietà che conosciamo.

Che l'aria dell'atmosfera è essa stessa un composto di due gas mescolati insieme, cioè di un quarto di ossigeno, ossia aria vitale, e di tre quarti di gas azoto.

Che la base dell’aria vitale, ossia l'ossigeno, è un principio comune a tutti gli acidi e ne costituisce la acidità (2).

Che l'aria fissa, ossia l’acido carbonico (3), altro non è che una dissoluzione di carbone ovvero per parlar più correttamente di carbonio nell'aria vitale, ossia gas ossigeno, e che quest'acido è il risultato della combinazione di circa 72 parti di ossigeno e di 28 di carbonio (4).

Che è necessario meno calorico per costituire l’acido carbonico in forma gassosa, di quanto non ne sia necessario per costituire l'ossigeno, nella stessa forma e che per questa ragione appunto si sprigiona del calorico durante la combustione del carbonio, cioè durante latrasformazione dell’ossigeno ossia aria vitale in acido carbonico.

Che l'acqua stessa non è già un elemento, una sostanza semplice, come credevano gli antichi; ch'ella è composta di 84 parti di ossigeno e di 16 d'idrogeno, ossia gas infiammabile.

Uno di noi, Lavoisier, ha stabilito tutte queste verità in una serie di Memorie che fanno parte della Raccolta dell'Accademia e ora che queste verità hanno ricevuto la sanzione del tempo e l'assenso generale di quasi tutti i Fisici ed i Chimici dell'Europa, possiamo dire con fiducia che non esiste in chimica niente che sia fondato su prove più evidenti.

Per lungo tempo è stato impossibile verificare sperimentalmente gli effetti della respirazione, in quanto non vi erano mezzi semplici, e rapidi per fare l’analisi dell'acqua; questo è un servizio che Seguin ha reso alla chimica.

 

Lavoiser 2

Boyle, Haller, Black e Prièstley sono i primi che si sono accorti, che la respirazione agiscesull'aria atmosferica, alterandola, diminuendone il volume, cambiandone le caratteristiche, tanto che questa in breve tempo perde la proprietà di poter conservare la vita degli animali. Senza tener conto di queste esperienze, i chimici seguaci della dottrina di Stalh tentarono di spiegarne i risultati; vi giunsero con quella facilità che è loro propria, grazie al loro principio consueto, il flogisto, che, come un Proteo, si può adattare a tutto, prende tutti i colori e tutte le forme. Supposero dunque che esalasse flogisto dal polmone degli animali durante la respirazione, come avevano ammesso la flogisticazione a causa della combustione. Per l’ossidazione dei metalli e così via e dato che i prodotti di queste diverse operazioni sembravano loro uguali, in ciò trovavano nuovi motivi per concludere che il flogisto è un essere identico nei tre regni della Natura.

Le esperienze di comparazione che L. fece subito dopo, gli permisero di conoscere i principali effetti e i diversi prodotti della combustione, calcinazione, e respirazione e lo misero in grado di apprezzare il grado di analogia di questi diversi fenomeni. Dimostrò che in tutti vi è decomposizione di aria vitale contenuta nell'aria dell'atmosfera e fuoriuscita di una parte del suo calorico specifico, che da tutto il resto, dopo lavaggio con alcali, (alcali caustici) (5) resta un residuo identico, il gas azoto, che non è un prodotto dell'operazione, ma è una parte costitutiva dell’aria atmosferica.

Nel 1777, infine egli fu in grado di comunicare che la respirazione è una combustione lenta di una parte del carbonio presente nel sangue e che il calore animale proviene da una parte del calorico che si libera al momento della trasformazione dell'aria vitale dell'atmosfera in gas acido carbonico, come succede in tutte le combustioni del carbonio. Le esperienze pubblicate nel 1780 da De Laplace e Lavoisier, non soltanto hanno confermato quanto detto, ma hanno dato anche un risultato del tutto inatteso, che al momento non è stato possibile apprezzare in tutta la sua importanza e cioè che la quantità di calore che si libera in un certo intervallo di tempo dagli animali è maggiore di quella che dovrebbe risultare dalla quantità di acido carbonico che si forma nello stesso tempo dalla respirazione. Infine nel 1785 L. in una memoria pubblicata nella Raccolta della Società di Medicina che molto probabilmente la respirazione non è soltanto una combustione di carbonio, ma anche la combustione di una parte di idrogeno contenuta nel sangue e di conseguenza la respirazione non produce soltanto il gas acido carbonico, ma anche acqua e questo spiega perfettamente il fenomeno osservato da Laplace e L. Seguin ha dato nuovo sviluppo a questa teoria e l’ha confermata con nuovi esperimenti, pubblicati in una memoria presso la Società di Medicina. Ha presentato un estratto dei lavori di Priestley, Crawford, Hamilton e altri sull’argomento e ha esposto le conseguenze che se ne possono trarre.


Qui noi presentiamo i principali risultati da noi ottenuti sulla respirazione.

 

Lavoisier 3

Partendo dalle conoscenze acquisite e riconducendole a concetti facilmente comprensibili da tutti, possiamo dire in generale che la respirazione non è altro che una lenta combustione di carbonio e idrogeno, simile a quanto avviene in una lampada o in una candela che brucia e che, da questo punto di vista gli animali che respirano sono dei veri e propri corpi combustibili che brillano e si consumano.

Nella respirazione come nella combustione c’è l’aria dell’atmosfera che fornisce l’ossigeno e il calorico; ma, come per la respirazione c’è la sostanza stessa dell’animale, c’è il sangue che fornisce il combustibile, se gli animali non reintegrano continuamente ciò che perdono attraverso la respirazione, l’olio mancherà completamente alla lampada e l’animale morirà, nello stesso modo in cui una lampada si spenge quando manca il nutrimento.

Le prove di questa identità di effetti fra la respirazione e la combustione si deducono immediatamente dall'esperienza. Infatti l'aria che è servita alla respirazione non contiene più -quando esce dai polmoni- la stessa quantità di ossigeno. Contiene non solo del gas acido carbonico ma una quantità di acqua superiore a quella contenuta prima della inspirazione. Ora, poiché l'aria vitale si converte in acido carbonico solo mediante una addizione di carbonio e si può convertire in acqua solo mediante addizione di idrogeno, e poiché questa doppia combinazione non può avvenire senza che l'aria vitale perda una parte del suo calorico specifico, risulta chiaro che l'effetto della respirazione consiste nel sottrarre al sangue una certa quantità di carbonio e di idrogeno e nel porre al loro posto una parte del calorico specifico dell’aria vitale., che, grazie alla circolazione, si distribuisce attraverso il sangue in tutte le parti dell’organismo animale e mantiene pressoché costante quella temperatura che si osserva in tutti gli animali che respirano. Si potrebbe dire che questa analogia fra combustione e respirazione non erano sfuggite ai poeti, o piuttosto ai filosofi dell’antichità, di cui essi erano gli interpreti e i cantori. Quel fuoco sottratto al cielo, quella fiaccola di Prometeo, non rappresenta soltanto un’idea ingegnosa e poetica, ma una pittura fedele delle operazioni della natura; si può dire con gli antiche che la fiaccola della vita si accende nel momento in cui il fanciullo respira per la prima volta e si spenge quando egli muore. Considerando rapporti così felici, saremmo a volte tentati di credere che gli antiche fossero penetrati più di quanto noi non pensiamo nel tempio della conoscenza e che la favola non fosse altro che un’allegoria sotto la quale celare le grandi verità della medicina e della fisica.

Tutto ciò che abbiamo da dire sulla respirazione non è altro che lo sviluppo dell’idea che abbiamo enunciato. Abbiamo cominciato questa memoria dal punto in cui avremmo dovuto finirla, ma abbiamo pensato, a rischio di ripeterci, di offrire inizialmente al lettore un filo che lo conduca. Il viaggiatore è meno soggetto a smarrirsi se vede di fronte a sé la metaa cui si è proposto di giungere.

Abbiamo lavorato sui porcellini d’India; si tratta di animali docili; la natura non ha dato loro alcun mezzo per nuocere; sono di costituzione robusta, facili a nutrirsi; sopportano per lungo tempo la fame e la sete; infine sono sufficientemente grossi per produrre in breve tempo delle alterazioni sensibili nell’aria in cui respirano.

La quantità di aria vitale che consumano in un’ora è da 40 a 50 pollici (6) cubici, a secondo l’attività e le grossezza dell’animale, dal momento però che l’acido carbonico è per loro, come per tutti gli animali, un veleno mortale, è necessario, per continuare a lungo gli esperimenti sul medesimo animale senza che essa ne soffra, assorbire l’acido carbonico man mano che si forma.

Per far questo, si comincia col far passare una quantità nota di aria vitale sotto una campana di vetro; poi vi si introduce il porcellino d’India, facendolo passare attraverso l’acqua; quando l’animale è sotto la campana, si solleva e si sostiene a galla per mezzo di una specie di conca di legno montata su un tre piedi e ricoperta di una tela di crine; i piedi del sostegno devono essere sufficientemente lunghi, in modo che l’animale sia posto a 6, 8 pollici sopra la superficie dell’acqua. Naturalmente la conca di legno si riempie passando attraverso l’acqua, perciò si vuota con un sifone, si introduce poi un alcale attraverso un imbuto adattato a un tubo ricurvo. Queste operazioni si fanno con facilità, quando uno è abituato.

Per maggiore sicurezza si mette anche fra i tre piedi una capsula che galleggi sulla superficie dell’acqua, riempita ugualmente di alcali. Con queste precauzioni, il gas acido carbonico è tutto assorbito man mano che si forma e l’animale non è più danneggiato di quanto non sarebbe se stesse all’aria aperta. Se l’esperienza dura a lungo, per esempio diversi giorni, è necessario sostituire con quantità note di aria vitale l’aria assorbita dall’animale con la respirazione, o piuttosto che è stata impiegata a formare acido carbonico ed acqua. Si deve anche aver cura di rinnovare l’alcale che è stato saturato dall’acido carbonico. Si sa che la combustione è tanto più rapida, quanto più l’aria in cui avviene è pura; così, ad esempio si consuma molto più carbonio o altro combustibile in aria vitale che in aria atmosferica. Si pensava che fosse lo stesso per la respirazione, cioè che essa accelerasse nell’aria vitale e che si sprigionasse sia a livello dei polmoni che nel corso della circolazione una maggior quantità di calorico. L’esperienza, però, ha distrutto tutte queste opinioni che erano fondate solo su analogie. Sia che gli animali respirino in aria vitale pura, sia che respirino nella stessa mescolata in diverse proporzioni con l’azoto, la quantità di aria vitale che consumano è sempre la stessa, a parte leggere differenze. Diverse volte ci è successo sia di tenere lo stesso maialino d’India diversi giorni in aria vitale pura sia di tenerlo in un miscuglio di 15 parti di azoto e una di aria vitale, otteniamo costantemente le stesse proporzioni; la sua respirazione e la sua circolazione non appaiono sensibilmente né accelerate, né ritardate; il suo calore rimane uguale; accade soltanto, allorquando la proporzione di azoto diviene più elevata, una leggera disposizione all’assopimento.

Lavoisier ha già annunciato che il gas azoto contenuto nell’atmosfera, non produce alcun cambiamento alla respirazione ed esce dal polmone nella stessa quantità in cui è entrato. Crediamo di aver dimostrato questo fatto attraverso esperimenti molto rigorosi. Perciò è da presumere che si possa sostituire l’azoto che entra nella composizione dell’aria con un volume uguale di gas qualunque purché non sia un acido o un alcale e non abbia alcun carattere nocivo.

 

L’esperienza ha ancora una volta confermato questa congettura

 

Abbiamo provato ad introdurre dei porcellini d’India sotto campane di vetro contenenti aria vitale ed idrogeno puro in proporzioni volumetriche uguali a quelle esistenti fra l’aria vitale e l’azoto nell’atmosfera. Ci sono rimasti a lungo, apparentemente senza dar segni di sofferenza e solo dopo 8-10 ore hanno dato segni di malessere. Il gas idrogeno non sembra aver subito alcuna diminuizione ed è uscito dai loro polmoni presso a poco tale e quale è entrato. Ripetiamo ancora che in tutte queste esperienze è necessario assorbire con alcali l’acido carbonico che si forma, altrimenti l’animale morirebbe in poco tempo a causa dell’azione irritante che il gas esercita sul polmone. Queste prime esperienze ci hanno dato delle idee generali sulla respirazione; abbiamo anche osservato che essa si accelera durante la digestione e che gli animali allora consumano una maggior quantità di aria; abbiamo anche visto che il movimento e l’agitazione aumentano ulteriormente questi effetti; eravamo però ancora lontani dal bersaglio che ci eravamo proposti di colpire, in quanto, invece di lavorare su animali, desideravamo compiere esperienze più particolari sulla respirazione umana.

Seguin ha desiderato che gli esperimenti, malgrado fossero penosi, fastidiosi e anche pericolosi, fossero condotti su lui medesimo. Li abbiamo ripetuti molte volte e la precisione dei risultati ottenuti è andata ben al di là delle nostre speranze. L’Accademia ha sotto gli occhi una parte degli apparecchi di cui ci siamo serviti. Daremo la descrizione dettagliata in un’altra memoria. Dalle esperienze alle quali si è sottoposto Seguin è risultato che un uomo a digiuno e a riposo, posto a una temperatura di 26° del termometro a mercurio diviso in 80 parti (7),1210 pollici cubi d’aria vitale. di aria vitale all’ora; che questo consumo aumenta a causa del freddo e che lo stesso uomo, ugualmente a digiuno e a riposo, ma a una temperatura di soli 12 gradi consuma 1344 pollici cubi. Al momento della digestione questo consumo aumenta sino a 1800-1900 pollici. Il moto e l’esercizio aumentano considerevolmente questi valori. Seguin, stando a digiuno e sollevando per un quarto d’ora un peso di 15 libbre sino ad un’altezza di 613, ha portato il suo consumo di aria vitale a 800 pollici, vale a dire a 3200 pollici l’ora.

Lo stesso esercizio, infine, se fatto durante la digestione, porta ad un consumo di 4600 pollici l’ora. Gli sforzi che Seguin aveva fatto in questo intervallo equivalevano al sollevamento di 15 libbre ad un’altezza di 650 piedi per un quarto d’ora. La temperatura del sangue resta pressoché la stessa in tutte queste esperienze, ma il numero di pulsazioni delle arterie e il ritmo delle inspirazioni variano in modo notevole. Siamo pervenuti, a questo proposito, a stabilire due leggi importanti: la prima è che l’aumento del numero di pulsazioni delle arterie è sempre pressoché proporzionale alla somma dei pesi sollevati ad una certa altezza, purché la persona che fa l’esperimento non porti i suoi sforzi troppo vicino ai limiti delle sue possibilità, perché se è in stato di sofferenza, esce dal suo stato naturale. La seconda è che la quantità di aria vitale consumata aumenta sempre in uguali circostanze e allorché la persona respira tanto spesso quanto il bisogno lo esige, in ragione dipendente dal numero di inspirazioni e di pulsazioni, cioè proporzionalmente al numero delle pulsazioni moltiplicato il numero delle inspirazioni. In questo momento noi possiamo parlare solo di rapporti; naturalmente il consumo assoluto varia considerevolmente da individuo a individuo, dipende dall’età, dallo stato di salute e di forza fisica, dal fatto che la persona sia più o meno abituata a fare sforzi fisici, ma non è men vero che esiste per ciascuno una legge quando le esperienze sono fatte nelle stesse circostanze ed in intervalli di tempo ravvicinati.

Queste leggi sono abbastanza costanti, in quanto, quando un uomo fa un esercizio fisico, osservando l’accelerazione della sua circolazione, si può desumere la quantità di peso sollevato ad una determinata altezza corrispondente alla somma degli sforzi che egli ha fatto nel corso dell’esperienza. Questo genere di osservazioni ci permettono di comparare sforzi che sembrerebbero non avere fra loro alcun rapporto; si può così conoscere, per esempio, a quante libbre in peso corrispondono gli sforzi di un uomo che recita un discorso, di un musicista che suona uno strumento; si potrebbe anche valutare che cosa vi sia di meccanico nel lavoro di un uomo che riflette, dell’uomo di lettere che scrive, del musicista che compone. Questi sforzi, considerati come puramente morali, hanno qualcosa di fisico e di materiale che permette di comparare l’uomo di penna con un facchino.

Non è dunque senza ragione, che la lingua francese ha mescolato, con il termine comune di travaille, gli sforzi dello spirito con quelli del corpo, il travaille dello studio con quello di fatica. In conclusione la quantità di aria vitale che consumano i diversi individui è molto variabile, e non è rigorosamente la stessa durante le varie circostanze della vita o nei vari momenti della giornata. Ciò che vogliamo dire, in conclusione, è che la quantità di aria vitale che consumano i diversi individui non è rigorosamente la stessa in tutti i momenti della vita o in ogni istante della giornata. Si può però supporre in prima approssimazione che la quantità media di aria vitale consumata sia di 1728 pollici cubici all’ora (un piede cubo l’ora) cioè al giorno 24 piedi cubi, corrispondente, in peso a due libbre un’oncia un grosso (8).

In una successiva memoria comunicheremo con grande esattezza le quantità di acido carbonico e di acqua fuoriusciti dai polmoni; nell’attesa si può supporre che queste quantità siano di 2 libbre, 5 once, 4 grossi di acido carbonico e 5 grossi e 51 grani di acqua.

Poiché l’acido carbonico è formato da 72 parti di ossigeno e 28 di carbonio e l’acqua è fatta di 85 parti di ossigeno e 15 di idrogeno, o gas infiammabile e infine poiché si formano al momento della respirazione nelle 24 ore 2 libbre, 5 once e 4 grosse di acido carbonico, ne risulta che la respirazione toglie dal sangue, nelle 24 ore, 10 once e 4 grosse di carbonio e 1 oncia, 5 grosse e 51 grani di idrogeno

Le considerazioni che abbiamo fatto sulla respirazione circa il consumo d’aria, fanno capire come la sorte del ricco e del povero sia la stessa, l’aria, infatti, appartiene ugualmente a tutti e non costa niente a nessuno; l’uomo di fatica che lavora di più, approfitta maggiormente di questo bene della natura. Ugualmente l’esperienza ci fa comprendere che la respirazione è una vera combustione che consuma in ogni momento una parte della sostanza dell’individuo; che questo consumo è tanto maggiore quanto più la circolazione e la respirazione sono accelerate, che aumenta proporzionalmente quanto più l’uomo è laborioso e attivo; da questi risultati della fisica nascono perciò molte considerazioni morali.

Per quale fatalità si arriva al fatto che l’uomo povero, che vive del lavoro delle sue braccia, che è obbligato a impiegare per la sua sopravvivenza tutte le forze che la natura gli ha donato, consuma più dell’ozioso che non ha bisogno di reintegrare niente? Perché l’uomo ricco vive nell’abbondanza che non gli è affatto fisicamente necessaria e che dovrebbe esser destinata all’uomo laborioso? Guardiamoci bene dal calunniare la natura e di accusare il fato per eventi dovuti alle nostre istituzioni sociali e che forse sono fra loro legate. Limitiamoci a benedire la filosofia e il senso di umanità che insieme ci promettono istituzioni sagge, che tendono a render più vicina l’uguaglianza, ad aumentare il costo del lavoro, ad assicurare la giusta ricompensa, ad offrire a tutte le classi povere più giustizia e benessere.

Soprattutto auguriamoci che l’entusiasmo e l’esagerazione non travolgano un’impresa iniziata con prospettive così belle e non distruggano la speranza della patria; queste, infatti, si mescolano assai facilmente fra gli uomini riuniti in assemblee numerose, le passioni travolgono la moltitudine spesso contro i propri interessi e trascinano nel loro vortice il saggio e il filosofo insieme a tutti gli altri .

L’ordine fisico, soggetto a leggi immutabili, è giunto in uno stato di equilibrio che non può disturbarsi, né è soggetto a quei movimenti tumultuosi presenti talvolta nell’ordine morale.

Questo risultato di forze continuamente variabili e continuamente in equilibrio, che si osserva ad ogni passo nell’economia animale e che permette all’individuo di prestarsi a tutte le circostanze a cui il caso lo sottopone, è una cosa veramente ammirabile. L’uomo, riguardo a ciò è stato più favorito di qualunque altro animale: vive ugualmente bene a tutte le temperature e in tutti i climi: il suo temperamento si presta al moto e al riposo, all’astinenza e agli eccessi di nutrimento; quasi tutti gli alimenti gli son graditi, siano essi succosi o no, appartengano a un regno o a un altro. Si trova in un clima freddo? Da un lato l’aria è più densa, la respirazione si accelera e maggiore quantità si decompone nei polmoni; si libera più calorico che va a riparare la perdita causata dal raffreddamento esterno; da un altro lato la traspirazione diminuisce , si ha meno evaporazione e quindi meno raffreddamento. Lo stesso individuo passa ad una temperatura molto più calda? L’aria è più rarefatta, non si decompone più in grande quantità, si libera meno calorico dai polmoni,, una traspirazione abbondante elimina l’eccesso di calorico prodotto dalla respirazione; è in questo modo che si stabilisce una temperatura pressoché costante di 32° Reamur che la maggior parte dei quadrupedi, e in particolare l’uomo conservano in tutte le circostanze in cui si trovano. Esistono tali compensazioni che permettono all’uomo di passare da una vita attiva ad una vita tranquilla secondo i suoi bisogni e la sua volontà. È in uno stato di inattività e di riposo? La sua circolazione è lenta e così la respirazione; consuma meno aria, esala dal polmone meno carbonio e idrogeno; di conseguenza ha bisogno di minor nutrimento. È costretto ad impiegare le sue forze in lavori faticosi? La respirazione si accelera, consuma più aria, perde maggiore quantità di idrogeno e carbonio e, di conseguenza, ha bisogno di reintegrare più spesso e in maggior quantità attraverso il nutrimento.

Riassumendo, si può dire che la macchina animale è governata da tre leggi principali: la respirazione, che consuma idrogeno e carbonio e fornisce il calorico; la traspirazione che aumenta o diminuisce a seconda che sia necessario produrre più o meno calorico; infine la digestione che restituisce al sangue quanto è perduto per la respirazione e la traspirazione.

 

L’intensità dell’azione di questi tre agenti può variare entro confini assai ampi, ma vi sono limiti al di là dei quali le compensazioni non possono più aver luogo e allora comincia lo stato di malattia. Benché questo argomento si allontani da quelli di cui si occupa l’Accademia, ma dato che essa abbraccia l’universalità delle conoscenze umane, vogliamo fare qualche considerazione importante collegate all’argomento.

Nella corsa, nel ballo, in tutti gli esercizi violenti, qualunque accelerazione provino la respirazione o la circolazione, qualunque aumento vi sia nel consumo d’aria, di carbonio, di idrogeno, l’equilibrio dell’economia animale non ne è turbato finché la digestione supplisce le perdite, ma sella spesa che avviene nei polmoni è superiore alla riscossione che si fa attraverso la nutrizione, il sangue si spoglia sempre più di idrogeno e carbonio e questa è la causa delle malattie infiammatorie propriamente dette. In questi casi l’animale è avvertito del pericolo dallo spossamento, dalla stanchezza, dalla perdita di forze; sente il bisogno di ristabilire l’equilibrio col nutrimento e col riposo. Gli individui di costituzione debole sono avvertiti più presto degli altri ed è per questo che le persone robuste sono più esposte a malattie violente.

L’effetto contrario accade per la mancanza assoluta di moto, o per l’uso di certi alimenti o infine per un difetto degli organi della nutrizione o di quelli della respirazione. In questi diversi casi la digestione introduce nel sangue maggior quantità di sostanza di quanto la respirazione ne possa consumare , deve stabilirsi nella massa del sangue un eccesso di carbonio e di idrogeno, o dell’uno e dell’altro. La natura, allora, lotto contro questa alterazione di umori, preme la circolazione con la febbre, cerca di riparare con una respirazione accelerata il disordine che turba il suo cammino, sovente ci riesce senza alcun aiuto esterno e allora l’animale recupera la salute , altrimenti muore, in quanto la natura non trova altri mezzi per ristabilire l’equilibrio. Questo è forse ciò che accade per le malattie putride, per le febbri maligne ecc., classi di malattie ben conosciute quanto a sintomi, ma non quanto a cause e quanto a metodi per curarle Si comprende allora come l’arte della medicina consista spesso nel lasciare la natura alle prese con sé medesima e come sia possibile cambiare con la sola dieta la qualità del sangue e diminuire la quantità di carbonio e idrogeno che contiene. Si comprende ancora come una dieta troppo austera e prolungata troppo a lungo possa mutare alla lunga la natura della malattia, come i purganti, che sospendono le funzioni della digestione, diano alla respirazione il tempo di fare il suo lavoro e di togliere l’eccesso di carbonio e idrogeno accumolatosi nel sangue, come gli stessi purganti, somministrati imprudentemente in malattie i cui umori tendono all’infiammazione, siano contrari alle intenzioni della natura, in quanto impediscono agli organi della digestione di restituire al sangue l’idrogeno e il carbonio che gli mancano, per cui aumentano l’infiammazione e portano il paziente a morte.

Infine si comprende come le alterazioni dell’aria possano causare malattie epidemiche, febbri di ospedale e di prigioni e come l’aria aperta, una respirazione più libera, un cambiamento nello stile di vita siano il rimedio più efficace per queste malattie.

 

Non nascondiamo l’obiezione che può essere fatta e che noi stessi ci siamo fatti contro la teoria che abbiamo presentato e cioè se il gas acido carbonico che si libera durante l’espirazione si sia formato immediatamente dai polmoni o nella circolazione per la combinazione dell’ossigeno dell’aria e del carbonio del sangue. Sarebbe possibile che una parte si formi attraverso la digestione dal carbonio che è stato introdotto nella circolazione dal chilo o infine che, giunto dai polmoni, venga liberato dal sangue mano a mano che l’ossigeno si combina con lui. Le esperienze che abbiamo intrapreso sulla digestione e sulla traspirazione probabilmente chiariranno questo dubbio e noi speriamo che sciolgano le incertezze che ancora rimangono sull’argomento. Forse allora saremo obbligati ad apportare qualche cambiamento alla dottrina che abbiamo presentato in questa memoria. Le modifiche delle prime idee non costano affatto a chi cerca la verità per se stessa, con l’unico desiderio di trovarla. Crediamo inoltre che in breve avremo eliminate tutte le incertezze e la teoria della respirazione non lascerà più niente a desiderare. Termineremo queste memorie con una riflessione consolante: non è necessario, per essere benemerito dell’umanità e per pagare il proprio tributo alla patria, di essere chiamato a quelle funzioni pubbliche straordinarie che concorrono all’organizzazione e alla rigenerazione degli imperi. Il fisico può ugualmente esercitare funzioni patriottiche nel silenzio del suo laboratorio e del suo gabinetto; egli può sperare, col suo lavoro, di diminuire la massa di mali che affligge l’umanità, di aumentare le sue gioie e la sua felicità. Se egli avesse contribuito, mediante le nuove strade da lui aperte, anche solo a prolungare di qualche anno o soltanto di qualche giorno la vita media degli uomini, potrebbe aspirare al titolo glorioso di benefattore dell’umanità.

 


 

 

1 Con questo nome generico L. comprende l’aria e i gas

2 L. ipotizza le caratteristiche degli acidi siano dovute alla presenza di ossigeno; si tratta di un errore, anche

perché non tutti gli acido presentano nella loro molecola ossigeno, ma è un passo avanti rispetto alle definizioni del tempo che erano esclusivamente di carattere qualitativo.

3 Qui si intende il biossido di carbonio

4 I rapporti ponderali trovati da L. sono straordinariamente vicini a quelli conosciuti attualmente

5 si tratta di CaO

6 pollice = 12 piedi piede = 0,348 m

7 si tratta della scala Reamur

8 valore oscillante fra 350 e 500 grammi, in Inghilterra è stata in uso sino al 1968 e valeva 4535,9 g; oncia = 30 g; grosso=?