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Hippocampus
RAFINESQUE 1810
Syngnathidae
Piero Sagnibene
Fino a due secoli fa, tutti i trattati di zoologia riportavano la descrizione di un “Cavallo di Nettuno” (Nettuno=Poiseidone per i greci), con la testa e la parte anteriore del corpo simili a quelli di un cavallo in miniatura, gli arti anteriori terminanti in pinne e le parti posteriori a forma di pesce. Per i greci antichi l’ippocampo era la commistione di creature di due mondi che incarnava la connessione tra il mondo terrestre e quello marino. Il dio degli oceani, Poiseidone, a cui si attribuiva la creazione del cavallo, era raffigurato su un carro trainato sulle acque da ippocampi ed i greci ne avvicinavano la forma ai temibili mostri che, secondo gli uomini del tempo, popolavano la terra ed i mari.
Lo chiamavano, appunto, Ippocampo, da hippos=cavallo e kampos=mostro marino.
Sappiamo poco della storia naturale dei cavallucci marini. I più antichi fossili conosciuti sono due specie di Hippocampus ritrovati sulle colline di Tunjice (Slovenia) nel 2005 e risalenti al periodo sarmatico del Miocene superiore, circa 13 milioni di anni fa: Hippocampus sarmaticus ed Hippocampus slovenicus ŽALOHAR, HITI, KRIŽNAR, 2009.
La datazione molecolare dice che, durante il tardo Oligocene, i pesci Syngnathidae si differenziarono in due linee: i Syngnathinae, che comprendono i pesci ago ed i draghi di mare, e gli Hippocampinae che comprendono i cavallucci marini. Inoltre sembra certo che, nel corso della sua evoluzione, l’ippocampo abbia perso numerosi geni che generalmente sono invece conservati in altri animali per la loro importanza nella definizione della struttura del corpo. Altri suoi geni, invece, si sono duplicati assumendo nuove funzioni, come quella di permettere l’allevamento marsupiale della prole da parte dei maschi.
Gli Ippocampi sono 54 specie di pesci marini; abitano i mari caldi e temperati del mondo e frequentano le zone costiere ricche di praterie di alghe, posidonie e zostere; sono particolarmente diffusi nelle barriere coralline e nelle praterie di fanerogame marine; sono abbondanti anche sulle coste mediterranee. La curiosa posizione verticale degli ippocampi è una risultante della dislocazione, tipica della specie, della vescica natatoria e della coda ventrale.
Le loro dimensioni variano notevolmente a seconda della specie. I più grandi, come quelli dell'Australia e della Nuova Zelanda, possono crescere fino a 35 centimetri; le specie più piccole hanno lunghezze di pochi millimetri, come, ad esempio, l’Hippocampus denise LOURIE e RANDALL 2003 che raggiunge appena i 16 millimetri o l’ultima specie scoperta sulla costa orientale del Sudafrica, nel 2020, e che ha le dimensioni di un chicco di riso.
Si nutrono di piccoli crostacei, gamberetti, pulci d'acqua e zooplancton che aspirano con la particolare forma del loro muso, a (Syngnathidi significa “con le mascelle unite”) ma il loro apparato digerente ha dimensioni ridotte e ciò li obbliga a cibarsi più volte al giorno. Hanno una vita media di circa 5 anni e sono animali che soffrono molto gli sbalzi di temperatura.
La forma della loro testa ricorda quella di un cavallo, con il muso sottile e di forma tubolare al cui apice si apre una bocca molto piccola. Gli occhi sono posti in posizione latero superiore rispetto al muso; sono molto sviluppati e si muovono indipendentemente
l’uno dall’altro permettendo al cavalluccio una visione a 360°.
Le aperture branchiali sono piccole e precedono di poco le pinne pettorali che hanno forma a ventaglio e dimensioni ridotte. Il capo è congiunto col tronco per mezzo di una zona ristretta verso il punto di congiunzione da cui poi si allarga progressivamente, così che il collo ricorda la curva del collo di un cavallo da trotto. In realtà il collo rappresenta una parte notevole del tronco e contiene il numero maggiore di visceri. La testa, inclinata sul torace, è articolata col tronco formando quasi un angolo retto. Il corpo è fortemente compresso e, soprattutto nei maschi, rigonfio all’altezza del ventre, mentre va assottigliandosi verso la coda, bruscamente differenziata, lunga e prensile.
Gli organi della respirazione, le branchie, hanno una struttura molto particolare; sono collocate in un vano spazioso che comunica con l’esterno solo attraverso una stretta fessura e sono accostate le une alle altre formando una sorta di ciuffo mobile.
Il corpo dell’ippocampo è solitamente formato da una cinquantina di anelli ossei, spesso provvisti di spine ed apofisi che si allungano in appendici dermiche, semplici o ramificate, mentre sulla testa e su quasi tutto il dorso sono presenti evidenti ramificazioni. É rivestito da una corazza di placche ed anelli ossei, uniti da suture e che formano due strati fibrosi e calcificati. Sono presenti alcune creste longitudinali tubercolate: 2 dorsali, 4 laterali ed una ventrale e 2 ventrali che percorrono longitudinalmente la coda. La pinna dorsale, a forma di ventaglio a margine arrotondato, si eleva alla radice della coda e batte da 30 a 70 volte al secondo; la pinna caudale è assente, poiché la coda termina in una punta angolosa.
Caratteristici sono degli spigoli sopraoculari e una corona ossea intorno alla testa. La coda ha sezione quadrata e torna rapidamente alla forma originaria quando viene deformata o piegata. É presente una minuscola pinna caudale, che viene utilizzata anche come timone; la coda è prensile per ancorarsi alla vegetazione subacquea. Le pinne permettono all’ippocampo un lento movimento ma ha una eccezionale capacità di stabilizzazione nell’acqua, a cui compartecipa anche la vescica natatoria, che funge da serbatoio contenente una miscela di ossigeno e altri gas e che permette il galleggiamento ed il controllo della propria posizione nella colonna d'acqua. Nella stessa regione anale si apre una sorta di tasca, bene sviluppata nei maschi e rudimentale nelle femmine, priva di corazza e fornita di una apertura a sfintere (vedi più avanti). La colorazione dei tegumenti è varia (grigiastra, verdastra, bruna, rossastra,ecc.). In effetti, la sola difesa che possiedono gli ippocampi è il loro mimetismo; alcune specie, pur di confondersi con l'ambiente circostante, hanno sviluppato una serie di propaggini simili ad alghe, appunto per migliorare la propria "tenuta" mimetica". Inoltre possono restare immobili per molto tempo e fino al punto che si può osservare sul loro corpo un deposito di sedimenti.
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La fase più straordinaria della vita dell’Ippocampo è il suo ciclo riproduttivo. La specie è sessualmente dimorfica ed i cavallucci marini sono tra i rari animali monogami: quando raggiungono l’età della maturità sessuale e inizia il periodo del corteggiamento, scelgono un partner al quale saranno fedeli per il resto della loro vita.
Gli adulti sono sessualmente attivi tra i 6-8 mesi di vita ed il loro periodo di riproduzione, nel Mediterraneo, va da maggio a luglio. Il maschio presenta una tasca incubatrice posta nei pressi dell'apertura anale, dove, dopo un lungo cerimoniale amoroso, la femmina immette circa 500 uova mediamente. La gestazione dura circa 21 giorni, e ne fuoriescono neonati dal corpo trasparente di piccoli ippocampi già completamente formati. La struttura del cosiddetto “marsupio” è una tasca formata da due plicature cutanee che iniziano al di sopra della strozzature latero-ventrale della coda e si estendono per una certa lunghezza dalla papilla ano-genito-urinaria che nei maschi è presente all’esterno della tasca. La fenditura di acceso al marsupio si trova al di sopra di esso. Tale apparato, rudimentale nelle femmine, nei maschi raggiunge il massimo sviluppo e la massima efficienza, in modo da permettere ad essi una straordinaria funzione riproduttiva che in ogni altro animale è affidata invece alla femmina insieme alla custodia ed alla conservazione della prole. Le uova si accumulano nella tasca, disposte in un solo strato grazie ad appropriati movimenti del maschio. Ogni femmina può deporne in più riprese e, talvolta, più femmine le depongono nel marsupio dello stesso maschio. Poi i due lembi della tasca si richiudono ermeticamente e, da tale momento, le pareti della tasca si congestionano come quello di un utero gravido. La coppia si scinde e nel marsupio le uova si circondano poco a poco di una sorta di placenta, formata da villosità ricche di capillari sanguigni che, insieme con le pareti riccamente vascolarizzate, nutrono gli embrioni analogamente a quanto avviene in un utero gravido. Procedendo nello sviluppo, le uova appaiono avvolte in un alveolo dove avvengono gli scambi gassosi ed osmotici fra la parete dell’alveolo e l’embrione. Quando l’embrione ha raggiunto la lunghezza di 6-7 mm, esce dall’uovo e rimane per circa 1,5-2 mesi nel marsupio, dopo di che il maschio si porta in acque meno calde, le pareti della tasca cominciano ad allentarsi, si ammorbidisce lo sfintere e mediante contrazioni faticose, ma non dolorose, il maschio “partorisce” la prole. In questo momento i nuovi nati sono lunghi circa 12 mm, sono esili e trasparenti, ma già indipendenti, in grado di muoversi agilmente e di disperdersi. Il maschio, in breve, riacquista la sua sagoma normale e riprende la sua libera attività.
Il nutrimento che il maschio fornisce alle uova è la pro-lattina, il medesimo ormone della produzione di latte nei mammiferi gravidi. Il marsupio fornisce l’ossigeno, come una incubazione in un ambiente controllato. Quando le uova si schiudono viene regolata la salinità dell’acqua per permettere ai neonati di adattarsi alla vita nel mare. Il numero di giovani rilasciati dal maschio è in media di 100-1000 per la maggior parte delle specie, ma può essere inferiore a 5 per le specie più piccole, raggiungendo un massimo di 2.500.
La temperatura a cui vivono gli Ippocampi varia a seconda delle diverse latitudini e condiziona lo sviluppo delle gonadi, le dimensioni della covata, lo sviluppo e la sopravvivenza dei giovani. Molte specie sono esposte a fluttuazioni di temperatura durante i cicli giornalieri delle maree, le diverse stagioni ed a causa delle precipitazioni o del deflusso. Gli adulti migrano verso acque più profonde durante le stagioni fredde. Il più alto tasso di sopravvivenza e crescita dei giovani si è verificato a 28-29°C in allevamento. Inoltre esiste anche un'ampia gamma di concentrazioni di salinità a seconda della specie. La salinità più comune è compresa tra 25 e 35 ppm. Gli ippocampi sono tra gli animali più suscettibili ai cambiamenti ambientali. L’inquinamento e la riduzione dei loro habitat tipici, come le praterie di piante marine (Posidonia e Zostera principalmente) ed il riscaldamento globale li sta rendendo sempre più rari. Tuttavia, nonostante gli ippocampi sono specie protette dalla Convenzione di Washington, vengono abusivamente pescati ed essiccati per essere venduti come souvenir e persino come medicinali o come aromatizzanti per liquori. Il valore commerciale di questa pesca raggiunge quotazioni paragonabili al commercio di metalli preziosi. Tutti questi fattori li candidano alla estinzione.