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L’esplorazione floricola del Sudafrica 2. Un giardino al Capo

 

Amigdalus aethiopica, dai Prodromi fasciculi di Breyne, ovvero Brabejum stellatifolium che Boom piantò attorno all’insediamento

L’esplorazione floricola del Sudafrica 2. Un giardino al Capo

 

Silvia Fogliato

 

L’insediamento olandese di Table Bay

 

Tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento, le navi inglesi e olandesi in viaggio per le Indie orientali presero a fare scalo sempre più regolarmente al Capo di Buona Speranza, non solo per rifornirsi di acqua e cibo fresco, ma anche per far riprendere i marinai colpiti da scorbuto. Ad esempio, nel 1627 il navigatore olandese David de Vries scrive: “Questo Capo di Buona Speranza è un eccellente luogo di ristoro: noi abbiamo portato a terra in tenda 75 malati e tutti dopo tre settimane sono tornati a bordo sani, grazie alle erbe che qui si trovano, trifoglio e acetosella”.

Decisiva per convincere la Compagnia olandese delle Indie orientali (Verenigde Oostindische Compagnie, d’ora in avanti VOC) a stabilirvi un insediamento permanente, magari prima che ci pensassero i concorrenti inglesi o francesi, fu la disavventura della Haarlem, che tornando dalle Indie con un carico di spezie il 25 marzo 1647 si arenò sulla spiaggia di Blaauwberg. Il carico e buona parte dell’equipaggio furono imbarcati su altre navi, ma una sessantina di persone dovettero rimanere a terra. Recuperati solo un anno dopo, se l’erano cavata brillantemente costruendo un forte con il materiale recuperato dal relitto, coltivando ortaggi e acquistando bestiame dai nativi. Tornati in Olanda, i capi del gruppo presentarono ai "Diciassette signori”, ovvero al direttivo della VOC, una dettagliata relazione per illustrare i vantaggi di un insediamento permanente al Capo.

Di conseguenza, la VOC decise di inviare al Capo una piccola flotta di tre navi, al comando del mercante Johann van Riedebeeck; sbarcato il 7 aprile 1652 a Table Bay, egli provvide in primo luogo alla costruzione di un forte per proteggere l’insediamento. Pochi giorni dopo il giardiniere Hendrik Boom, che era stato ingaggiato proprio a questo scopo, nei pressi del forte dissodò il terreno per un orto dove sarebbero state prodotte le verdure fresche per rifornire le navi della Compagnia di passaggio, incluse piante che si erano dimostrate efficaci contro lo scorbuto. Boom si era imbarcato con l’intera famiglia: cinque figli e la moglie Annette Joris che in patria aveva avuto esperienza di produzioni lattiero-casearie. Un anno dopo il terreno venne ampliato a quattro morgen (circa 3,4 ettari). Tuttavia, rivelatosi troppo esposto al vento, nel 1656 il giardino venne spostato sul lato est della Table mountain, nel luogo che oggi si chiama Rondebosch, dove venne impiantato anche un frutteto. Il governatore van Riedebeeck fece costruire la propria residenza poco lontano. Per segnare i confini dell’insediamento e dividere i campi, Boom provvide anche a piantare siepi del cosiddetto “mandorlo selvatico”, la proteacea Brabejum stellatifolium (vestigia di queste siepi sono ancora conservate, come monumento nazionale, nell’orto botanico di Kirstenbosch).

La Compagnia incoraggiò l’insediamento di coloni (molti di loro erano ugonotti francesi in cerca di una nuova patria) e concesse terre gratuite ai dipendenti che si impegnassero a metterle a coltura; ne approfittò anche Hendrik Boom, che si trasformò in libero coltivatore e nel 1661 fu sostituito da Jacob van Rosendael di Leida, seguito già l’anno successivo da Harman Gresnich di Utrecht. Lo stesso anno van Riedebeeck, promosso governatore generale delle Indie orientali olandesi, lasciò il Sudafrica. Durante la sua gestione, aveva incoraggiato l’allevamento di animali, l’agricoltura, la coltivazione di alberi da frutto e fatto piantare le prime viti; aveva promosso prima l’esplorazione della Table Mountain e delle sue risorse, poi le prime spedizioni all’interno: nel 1657 nella valle del fiume Berg, nel 1658 a Roodezandkloof (oggi Tulbagh), nel 1660 verso nord alla ricerca del leggendario regno di Monomotapa. È probabile che già ai tempi di van Riedebeck un settore del giardino della VOC fosse riservato alle piante sudafricane, in particolare quelle officinali necessarie per mantenere in salute ufficiali, agenti e coloni.

 

Visitatori di passaggio

 

bulbosa di Hermann 2 Una delle bulbose sudafricane giunte a Leida e pubblicate da Hermann, Lilium africanum polyanthos, oggi identificato come Ammocharis longifolia  

L’interesse per le piante ornamentali e i primi invii a collezionisti privati e all’orto botanico di Leida datano forse agli anni ’60: il catalogo dell’orto botanico di Leida del 1668 elenca già alcune sudafricane, soprattutto bulbi e succulente, le più adatte ad affrontare il viaggio. Nel 1669 il soldato tedesco al servizio della VOC Johannes Schreyer, gravemente colpito da scorbuto, venne sbarcato a Table Bay. Vi sarebbe rimasto alcuni anni, accompagnando come chirurgo diverse brevi spedizioni nell’interno, che avevano soprattutto lo scopo di procurarsi bestiame. Ebbe così modo di osservare i costumi degli “ottentotti” (il nome dispregiativo con cui gli olandesi chiamavano i khoi) e di raccogliere informazioni sulla fauna e, in misura minore, sulla flora, che poi affidò al suo libro Neue Ost-Indianische Reisz-Beschreibung (Saalfeld 1679). Le prime raccolte di un botanico professionista si devono però a Paul Hermann, che, inviato a Ceylon dalla VOC come ufficiale medico, visitò la colonia sia all’andata (1672) sia al ritorno (1680); divenuto prefetto dell’orto botanico di Leida, pubblicò diverse piante sudafricane sia nel catalogo del giardino (1687) sia nel suo capolavoro Paradisus batavus (pubblicato postumo in due edizioni, nel 1698 e nel 1705).

Un anno dopo la prima visita di Hermann fece scalo al Capo un altro medico della VOC, Willem ten Rheine; diretto a Giava, si fermò qui per due settimane tra l’ottobre e il novembre 1673, facendo raccolte sulla Table Mountain e attorno a Saldanha Bay. Nel suo unico libro, Schediasma de Promontorio Bonae Spei (1686), si legge la prima descrizione del giardino della VOC: “Era uno spettacolo incantevole con le sue piantagioni di limoni, agrumi e aranci, racchiuse tra siepi di rosmarino e alloro […]. È l’essenza stessa della verzura incastonata tra spine e boscaglie aride”. Nel 1681 il giardino della VOC misurava 21 morgen (cioè circa sette ettari), era presieduto da un capo giardiniere e coltivato da tre aiuto giardinieri e 75 schiavi. Comprendeva campi di granaglie, un frutteto, un orto e una piccola collezione di piante native.

Al Capo Willem ten Rheine raccolse circa 85 piante, che poi vennero pubblicate da uno dei suoi corrispondenti, il mercante e collezionista di Danzica Jacob Breyne, nei suoi libri dedicati ai giardini olandesi (Prodromi fasciculi rariorum plantarum primus et secundus, 1688-89). Breyne, figlio di un mercante olandese che commerciava con il Baltico, aveva vissuto a lungo in Olanda dove aveva frequentato altri collezionisti, tra cui i maggiorenti della VOC e della Repubblica Caspar Fagel, Simon van Beaumont e Hieronymus van Beverningk, che facevano a gara nell’ostentare nei loro giardini (i “paradisi” descritti da Hermann nel suo Paradisus Batavus) le piante più belle e rare. Per la diffusione delle piante sudafricane, il personaggio più importante è proprio Beverningk, che aveva fatto parte del Consiglio direttivo dell’Università di Leida, aveva promosso la carriera di Hermann e corrispondeva e scambiava piante, oltre che con Breyne, con gli inglesi William Sherard e James Petiver.  

 

  

Il giardino della VOC diventa orto botanico: Oldenburg e Hartog

 

Una delle prime raffigurazione del popolare agapanto Agapanthus africanus, dal catalogo dell’orto botanico di Amsterdam redatto da Commelin Aloe humilis, una delle piante raccolte da Oldenburg durante spedizione Schrijver, ritratta insieme a Tulista marginata nel magnifico Moninckx Atlas, che ritrae le piante più belle e rare dell’orto botanico di Amsterdam Ancora dal Moninckx Atlas, un’altra specie oggi molto coltivata Stapelia hirsuta    

 Attraverso l’orto botanico di Leida e questi collezionisti l’interesse per la flora sudafricana andava assumendo una dimensione europea. Un passaggio importante fu poi la trasformazione dell’orto botanico di Amsterdam che, nato come piccolo hortus medicus della corporazione dei farmacisti, nel 1682 fu traferito nel nuovo quartiere De Plantage e affidato dai reggenti della città a due commissari: il ricco mercante di prodotti farmaceutici Jan Commelin e Joan Huydecoper van Maaessevein, uno dei principali investitori della VOC e sei volte borgomastro della città. In tal modo, l’orto di Amsterdam divenne una diretta emanazione della VOC e fece dell’introduzione delle piante esotiche la sua principale vocazione.

Come possiamo notare dal catalogo del giardino (Horti Medici Amstelodamensis rariorum plantarum historia, in due volumi, 1697-1701), con oltre 250 specie le piante sudafricane costituivano circa la metà delle collezioni. Conseguenza del fortissimo legame che si instaurò tra i commissari, il governatore della colonia del Capo e i due giardini, quello di Amsterdam e quello di Table Bay. Nel 1679 fu nominato comandante della colonia Simon van der Steel (dal 1699 primo governatore), che conosceva di persona sia Commelin sia Huydecoper. Oltre a incoraggiare nuovi insediamenti (si deve a lui la fondazione di Stellenbosch), diede grande impulso all’esplorazione del territorio, per la quale necessitava di personale preparato. Fu così che nel 1686 si rivolse ai commissari di Amsterdam perché gli inviassero un botanico e qualcuno che sapesse disegnare. La persona giusta fu individuata in Hendrik Bernard Oldenland (circa 1663-1697), che per tre anni aveva studiato medicina e botanica a Leida con Paul Hermann. Oldenland arrivò in Sud Africa nel maggio 1686 e nel 1689 prese parte come naturalista e medico alla spedizione di Isaq Schrijver, inviata nel Namaqualand alla ricerca di miniere di rame; con i suoi compagni, egli percorse circa 1600 km nell’entroterra. Era la prima volta che un botanico professionista si spingeva così all’interno del Karoo; raccolse molte nuove piante, tra cui Aloe humilis.

Nel 1690 i direttori della VOC (presumibilmente su suggerimento di Huydecoper) scrissero a van der Steel per chiedergli di incaricare Oldenland di raccogliere e coltivare piante medicinali per rifornire gli insediamenti della VOC a Ceylon e a Batavia. Contemporaneamente, inviarono al Capo il giardiniere Jan Hartog (1663-1722), fratello dell’hortulanus di Leida. Dato che nel frattempo Oldenland aveva tentato di avviare una propria fattoria, per qualche tempo Hartog si occupò da solo del giardino, finché nel 1693 Oldenland fu nominato capo giardiniere e agrimensore, con Hartog come assistente. Incoraggiati del governatore e dai committenti olandesi, i due trasformarono il giardino della VOC, in precedenza quasi totalmente destinato alla produzione di ortaggi, in un orto botanico, con sezioni riservate alle piante indigene e un vivaio di acclimatazione di arbusti e alberi esotici, da spedire a Leida e Amsterdam ma anche ad altre sedi della VOC, soprattutto a Batavia.

Entrambi parteciparono a spedizioni di raccolta e Oldenland, che era anche un eccellente disegnatore, creò un vasto erbario di specie indigene ed esotiche, arricchito da disegni e copiose note che secondo François Valentijn, un sacerdote e naturalista olandese che visitò la colonia quattro volte tra il 1685 e il 1714, comprendeva 13 o 14 volumi; a suo parere, gli esemplari erano particolarmente attraenti, essiccati in modo perfetto e montati da mano esperta. Insieme al catalogo che lo accompagnava, era probabilmente l’abbozzo di un libro sulla flora sudafricana che Oldenland non poté scrivere, essendo morto nel 1697 a soli 

a trentaquattro anni. Anni dopo l’erbario fu acquistato da Johannes Burman.

Omaggio postumo a questo pioniere dello studio della flora sudafricana è il genere pantropicale Oldenlandia L. (famiglia Rubiaceae); vasto e dai confini discussi, raggruppa specie molto diversificate, che comprendono erbacee annuali o perenni, suffrutici, rampicanti, arbusti o piccoli alberi. Da quando Linneo ha creato questo genere, è stato ripetutamente separato o unito ai generi affini Hedyotis e Houstounia, da cui differisce soprattutto per le caratteristiche dei semi, piccoli e numerosissimi, spigolosi o globosi, per lo più obpiramidali o triedrici, non compressi né incavati. Non mancano rappresentanti anche nella flora sudafricana, con una decina di specie, incluso l’endemica O. muscosa.

Dopo la morte di Oldenland, Hartog gli succedette come capo giardiniere; anche se il suo compito principale rimaneva la coltivazione di ortaggi per rifornire le navi della VOC, non cessò di arricchire il giardino di piante indigene e prese parte a diverse spedizioni che penetravano nell’interno per procurarsi bestiame. Tra il novembre e il febbraio 1700 partecipò a una spedizione a Riviersonderend guidata da Olof Bergh nel corso della quale raccolse sessantadue tipi di semi, due bulbose, quattro aloe e una collezione di piante essiccate. Nel 1705 fu la volta di una spedizione verso nord all’Olifant River e nel 1707 di una ampia spedizione che toccò la confluenza tra i fiumi Riviersonderend e Breede, le Bredasdorp Mountains e le sorgenti termali nei pressi dell’odierna Caledon. Più tardi Hartog venne trasferito a Ceylon, dove raccolse altre piante anch’esse utilizzate da Burman, che accluse una lista di piante sudafricane raccolte al Capo da Oldenland e Hartog in appendice a Thesaurus Zeylanicus (1737).

Grazie ai due giardinieri, Simon van der Steel e suo figlio Adriaan, che gli succedette come governatore nel 1699, furono in grado di inviare annualmente piante, semi e bulbi sia a Amsterdam sia ad altri orti botanici. Molti materiali d’erbario risalenti all’uno, all’altro o ad entrambi raggiunsero Paul Hermann, che era loro legato anche personalmente, come insegnante del primo e presumibilmente anche del secondo che, come giardiniere dell’orto botanico di Leida, dovette seguire anche lezioni di botanica. La presenza di piante raccolte da Hartog nell’erbario di Francois Kiggelaar, il curatore del giardino di Simon de Beaumont a Leida, dimostra che alcune consegne raggiungevano anche collezionisti privati.

Tra le piante che Oldenland e Hartog fecero conoscere all’Europa vale la pena di segnalare le Proteaceae, così legate al paesaggio del Capo. Nel 1720 Boerhaave, all’epoca professore di medicina, chimica, botanica dell’Università di Leida e prefetto di quell’orto botanico, nel catalogo di quest’ultimo (Index alter plantarum quae in Horto Academico Lugduno-Batavo aluntur) pubblicò 24 Proteaceae del Capo, 11 delle quali appartenenti al genere Protea, basandosi su disegni ricevuti da Jan Hartog. La loro alta qualità fa pensare che non fossero di mano di quest’ultimo, ma piuttosto di Oldenland.

 

 

Bibliografia e sitografia

 

J. G. Brand, A Short History of the Company's Garden, Cape Town https://www.theheritageportal.co.za/article/short-history-companys-garden-cape-town

M. Gunn, L.E. Codd, Botanical exploration of southern Africa, Balkema, Cape Town 1981

H. F. Glen, G. Germishuizen, Botanical exploration of southern Africa, 2. ed., “Strelitzia” n. 26, Pretoria 2010

Oldenland, Henrik Bernard (1663-1699), https://plants.jstor.org/stable/10.5555/al.ap.person.bm000056022

Oldenland, Mr Heinrich Bernhard, https://www.s2a3.org.za/bio/Biograph_final.php?serial=2062

Hartog, Mr Jan, https://www.s2a3.org.za/bio/Biograph_final.php?serial=1231

S. Huigen, J. L. de Jong, E. Kolfin, a cura di, The Dutch Trading Companies as Knowledge Networks, Brill, London-Boston 2010