Impariamo a vedere?Nel 1688l'astronomo irlandese William Molyneux (1656 – 1698), in una lettera a Locke, sollevò il problema se un cieco dalla nascita, riacquistando la vista, sarebbe stato in grado di riconoscere due figure geometriche, per esempio un cubo e una sfera, di cui aveva già avuto in precedenza un'esperienza tattile, senza toccare gli oggetti. Locke si dichiarò convinto che non ne sarebbe stato capace e dello stesso avviso era Voltaire, che affermò che impariamo a vedere come impariamo a leggere e a scrivere. La discussione si protrasse a lungo negli ambienti intellettuali del tempo e in essa intervenne anche Diderot, che, nella Lettre sur les aveugles (1749) sostenne che un cieco, opportunamente educato e preparato, sarebbe stato in grado di orientarsi anche nel mondo per lui nuovo delle forme visibili. La neurofisiologia ha risolto questa secolare questione? Un non vedente dalla nascita (per esempio perché ha il cristallino opaco o la retina difettosa) se operato, anche se l'occhio ha perfettamente ristabilito le sue funzioni, non è in grado di utilizzare le informazioni che riceve, né di orientarsi nello spazio per mezzo della vista, anzi le sensazioni visive gli provocano un senso di fastidio. Da tempo si sa che se un occhio non viene mantenuto in attività in una fase critica dello sviluppo, perde le sue capacità funzionali, malgrado la retina sia sana. Anche un bendaggio prolungato, terapia a cui una volta si ricorreva in alcune forme di strabismo, può provocare questo danno, spesso irreversibile. Questo è dovuto al fatto che le colonne corticali di dominanza oculare di quell'occhio, presenti nella corteccia, si restringono progressivamente, mentre si espandono e prendono il sopravvento quelle corrispondenti all'altro occhio. Questi dati e numerosi esperimenti condotti su animali dimostrano che il cervello in genere e la corteccia visiva in particolare, per svilupparsi normalmente hanno bisogno di ricevere imput sensoriali. Se per esempio si impedisce ad un animale la visione, cucendo la palpebra per circa un mese, si può verificare che, una volta che l'occhio sia scoperto, le cellule della corteccia che erano binoculari, sono diventate monoculari. Se il bendaggio viene fatto a carico di entrambi gli occhi, il danno procurato è inferiore; ciò sta ad indicare che esiste una competizione per il territorio sinaptico e "vince" l'occhio attivo che va ad occupare anche le aree normalmente deputate all'altro occhio. Questi fenomeni di grande plasticità sono stati evidenziati anche a carico di molte altre strutture cerebrali. Sebbene il cervello dell'adulto sia meno plastico di quello di un bambino, molte osservazioni mettono in luce che conserva una certa dose di plasticità. Se per esempio ad un adulto vengono messe delle lenti prismatiche in modo che veda il mondo "capovolto" e gli si lasciano portare per un certo numero di giorni, inizialmente il soggetto avrà molti problemi, ma dopo circa un mese si osserva che egli si muove a suo agio in un mondo che si è nuovamente "raddrizzato", cosa che indica che si è avuto un adattamento corticale. Alla fine dell'esperienza, quando l'individuo sottoposto all'esperimento si toglie gli occhiali, avrà nuovamente grossi problemi perché il mondo gli apparirà nuovamente capovolto, anche se successivamente si assiste ad un nuovo adattamento. Tutte queste osservazioni fanno ritenere che la frase che un tempo molti insegnanti ripetevano ai propri studenti recalcitranti: il cervello è come un muscolo, va utilizzato, perché sia perfettamente funzionante, è per molti versi corretta.
Illustrazione tratta da La Dioptrique (1637), di Cartesio
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