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La ballata degli elefanti

ISTITUTO COMPRENSIVO CAPANNOLI SCUOLA DELL’INFANZIA DI TERRICCIOLA (PISA) A.S. 2011/2012

  

Il progetto didattico programmato dalla sezione prototipo dei 5 anni della Scuola dell’Infanzia è stato questo:

 

ballata degli elefanti

PROGETTO DIDATTICO: “LA BALLATA DEGLI ELEFANTI”

  

Attività programmate:

  

1.      Gioco “Regina reginella” (passi degli animali: formica, elefante, gatto, uccellino, pulcino, coccinella....)

 

2.      Gioco “ Avanti e indietro”: 1° tutti su una riga, 2° ognuno in posizionediversa.

 

3.      Ascolto e ballo libero della canzone “La ballata degli elefanti”

 

4.      Gioco: ognuno decide da dove partire si segna con lo scoch e poi esegue i passi avanti e indietro segnandoli (ogni passo avanti con un tappo rosa, ogni passo indietro con un tappo bianco). Si decide come fare lunghi i passi e se usare come unità di misura la mattonella.

 

5.      Provare e riprovare finchè tutti non sono padroni della linea dei numeri: sopra e sotto lo zero. Notare le difficoltà.


 

Obiettivi di partenza

-        Acquisire il concetto di avanti e indietro ( gioco 2 - 3).

-        Saper contare fino a cinque rappresentando ogni numero con un passo (gioco 1).

-        Eseguire passi secondo un comando, saper abbinare il movimento – passo ad un numero (gioco 1 – 3 – 4 – 5).

-        Acquisire la capacità di elaborare soluzioni personali di fronte ad un problema (gioco 4 – 5).

-        Accettare soluzioni condivise di un gioco insieme agli altri (gioco 4 –

 

 

ATTIVITA’ SVOLTA

 

30 novembre 2011                                                 Gioco: "Regina mia regina”

 

Eseguono il gioco 8 bambini, gli altri guardano. La maestra Lucia fa la regina, spiega il gioco e lo conduce. La maestra Paola osserva e annota.

 

I bambini dicono:

Regina, mia regina quanti passi devo fare per arrivare al tuo castello con la chiave e il chiavistello?

 

L’insegnante fa eseguire ad ogni bambino prima 3 passi, poi 4 passi di un certo animale: (uccellino, gallina, gatto, giraffa, leone, elefante....). I bambini si trovano in posizioni diverse: più avanti o più indietro rispetto alla posizione della regina.

 

Filippo non conta i passi, ne fa 3 invece di 4, tende ad arrivare allo stesso livello di Noemi, copia. Anche Federico tende a copiare. Daniele non conta e fa i passi senza interpretare l’animale che deve fare.

Noemi e Filippo si spostano in avanti, quando non sono visti, per vincere. Gli altri bambini del gruppo, la maggior parte, non segue il gioco e disturba.

 

Alla fine l’insegnante chiede:

Perchè ci sono dei bambini avanti e dei bambini indietro pur avendo tutti fatto il solito numero di passi?

 

Bianca           Perchè alcuni hanno fatto i passi lunghi perchè erano animali grandi e altri sono rimasti indietro perchè gli animali erano piccoli.

Sofia              Lunghi passi e corti passi.

 

L’insegnante Paola deve rientrare con il gruppo più numeroso in classe.

 

 

 

2 dicembre 2011                                                                Gioco: "Regina mia regina”

 

Si ripete il gioco con 4 bambini: Federico, Jacopo, Diego, Matteo V.

 

Osservazioni dell’insegnante:

Matteo V.       al primo animale proposto fa i passi diseguali, al 2° e 3° tentativo fa ogni

passo uguale all’altro.

 

Jacopo          all’inizio è timido, è come se avesse paura ad andare avanti, guarda il compagno, si ferma accanto a lui. Al 2° animale è più sicuro.

 

Federico        Quando riunisce il piede lo conta come se fosse il passo. Questa cosa a volta si verifica ed a volte no. È un po’ incerto sul concetto di passo.

 

Difficoltà incontrate fino ad ora

Il gruppo numeroso (29 bambini,quasi sempre presenti) comporta la necessità di essere in due insegnanti quando si eseguono le attività che comunque vanno sempre fatte in piccoli gruppi di 3- 5 bambini per volta per poter osservare meglio le difficoltà di ciascuno.

 

 

Obiettivi in itinere

Oltre agli obiettivi descritti nel progetto iniziale, a mano a mano che si eseguono le attività ne emergono di nuovi, o meglio, si osserva la necessità che i bambini acquisissero i pre – requisiti necessari per eseguire l’attività richiesta.

Occorre che ogni bambino abbia il concetto di avanti e indietro, acquisire sicurezza in sè per non copiare il compagno, stabilire una unità di misura (1 passo, 1 mattonella) ed avere la capacità di mantenere questa unità, quindi di perseverare su una unità di misura.

Sono tutti obiettivi che per i bambini del nostro gruppo devono essere ancora conquistati.

 

 

Pensiamo di proseguire su questo percorso lentamente, riproponendo alcune attività fino a che la maggioranza dei bambini non ha acquisito i concetti base.

 

Paola e Lucia

 

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Commento “matematico” a “la ballata degli elefanti”

 

Paolo Guidoni

 

<È la ballata – degli elefanti – tre passi indietro – due passi avanti …>

Per un avvio al gioco vedere il corrispondente capitolo della tesi di Maria Pezzia, che documenta quello che è successo in una delle (tante) situazioni in cui il gioco è stato utilizzato.

Il commento che segue non è una “ricetta per come giocare”: un gioco-prototipo (come questo, e altri) “serve” se è giocato (in quanto è giocato) in maniera aperta (e progressiva) rispetto alle infinite variazioni/elaborazioni possibili – sia da parte degli adulti che dei bambini.

Questo commento è ad uso degli adulti che, dopo aver avviato il gioco e motivato i suoi primi sviluppi, vogliano vedere un po’ più in chiaro <dove si può andare a finire> - dal solo punto di vista di un percorso di progressiva appropriazione del <senso del numero> da parte dei bambini. (Sempre tenendo presente che si tratta soltanto di un punto di vista parziale, rispetto alla validità globale del gioco stesso).

I capoversi del commento non sono in alcun ordine (né “logico”, né di gioco – giocando, i corrispondenti “problemi” si presentano sempre aggrovigliati tra loro): però sono separati per cercare di “mettere un po’ in ordine” quello che può succedere, e numerati per potervisi riferire in eventuali discussioni.

 

(1) <cosa si conta quando si conta?>

“Contare” significa raccordare fra loro diversi ritmi: uno, soggettivo-interno, fondamentale e “profondo”, che scandisce le <centrature di attenzione>; altri (almeno un paio) soggettivi-esterni, fatti di parole e di una varietà di possibili gesti: gesti che possono lasciare tracce ritmiche sull’esterno (spostare oggetti, fare passi, incidere segni, riportare ordinatamente “unità” … etc); infine, una varietà di ritmi oggettivi-esterni (dalla scansione temporale di un metronomo a quella spaziale di un pavimento a piastrelle, da un ordine di arrivo a un ordine di distanza …), e così via e così via. Sempre di “contare” si tratta, ma con che varietà di significati! (E se si conta il proprio o altrui respiro … o un tempo di attesa interna …).

 

(2) <zero è un numero?>

Zero è un numero. Non si tratta di un postulato da (far) accettare apriori, come molti preferirebbero

(far) credere per liberarsi dei sottostanti problemi cognitivi, ma una conquista-obiettivo. E se è un numero, va trattato come tutti gli altri numeri: così qualunque numero deve-poter-diventare zero con un opportuno cambiamento della convenzione del contare. (cfr. <da dove si conta, quando si conta?>).

Nella Ballata esplode subito (per i bambini ma anche per gli adulti) un problema fondamentale: si contano (si danno nomi di numero a) dei “posti-punto”, o dei “posti-intervallo”?

Comunque ci si trova davanti ad approssimazioni (cfr. mettere il piede “in mezzo” alla mattonella, o

“a cavallo” della riga di separazione fra mattonelle): ma non è questo il problema. Quello che spesso più spontaneamente si fa è marcare con “zero” un punto sulla linea-percorso (<si fa una riga trasversale, così è come la linea di partenza di una gara, o il traguardo di arrivo>), e poi marcare con “uno avanti” (1a) la prima mattonella verso avanti e con “uno indietro” (1i) la prima mattonella verso indietro; etc. Ma in questo modo 1a e 1i sono due numeri contigui, e zero non è un numero

…, e il disastro è pronto. (Notare che sono di questo tipo molte delle difficoltà che si incontrano spesso nel primo contare adoperando le dita come supporto senza una mediazione adulta attenta, nel contare i “pezzi” o i “tagli”, e così via). Se zero è un numero deve essere “realizzato” come tutti i numeri: p.es., tutti con confini consecutivi di mattonelle (come in una “linea delle misure”) o tutti con intervalli-mattonella (come nella “battaglia navale”).

Vale la pena di pensare autonomamente perché “conviene” scegliere il primo modo e abituarcisi presto (salvo chiarirsi, mano a mano che si va avanti, perché conviene); mantenendo però anche la modalità “battaglia navale”, in cui il numero ha “soltanto” un significato ordinale (tanto è vero che allo stesso modo “funzionano” anche le lettere dell’alfabeto).

 

(3) <cosa serve – cosa si deve decidere, per poter giocare?>

Dopo un po’ di prove diventa evidente che <serve mettersi d’accordo> su: una linea lungo cui muoversi e fermarsi (non è necessario che sia una linea retta, si può anche utilizzare una “traccia” curva); il verso di movimento lungo la linea che si chiama avanti (quindi l’opposto indietro); la lunghezza di passo che vale uno, che non si può (almeno all’inizio) né cambiare né frazionare; il posto di partenza che si marca con zero; il ritmo numerico, che si assume condiviso nella sua sequenza elementare (sotto il 10, per cominciare).

È importante rendersi conto della difficoltà intrinseca alla nozione di avanti / indietro, in quanto nozione intrinsecamente relativa: avanti / indietro rispetto a qualcuno che si sta muovendo (magari in versi opposti lungo la stessa linea, o lungo linee parallele); avanti / indietro rispetto a qualcosa fissato esternamente (p.es. lungo la linea, o in riferimento all’ambiente); etc. Mentre una difficoltà frequente nasce con la (quasi ovvia) domanda: <ma per fare i passi indietro mi devo girare?> … etc

 

(4) <posti o passi?>

Se i diversi ritmi spaziali possibili sono definiti da legacci fra le caviglie che “bloccano” la lunghezza dei passi (ma poi bisognerà pur fare dei <segni per terra> …); oppure se i passi possibili sono pre-definiti da “mattoncini” spaziati regolarmente; oppure … può essere più facile indirizzare l’attenzione sulle due nozioni-significato cruciali che comunque intervengono nel gioco, e comunque vanno esplicitate e padroneggiate al più presto: quella di <posto> e quella di <passo>. Posto vuol dire (serve a descrivere) <dove si è>; passo vuol dire (serve a descrivere) <come si cambia posto>. Parlando fra adulti (il linguaggio con i bambini va creativamente inventato e “aggiustato”, finché non diventa chiaro “cosa sta sotto” le parole che si usano) possiamo dire che con posto e passo si esemplificano (e si rendono significative sul piano percettivo-motorio- linguistico) due nozioni “astratte” che sono alla base di ogni “discorso scientifico”: quelle di <stato> e <trasformazione>.

In altre parole. Gli “ordini elementari” che possono animare il gioco sono due, una volta che siano definite (cfr (3)) le “regole-base”: <vai in un certo posto>, indicato con un numero e una marca di avanti o indietro, senza badare al percorso necessario; <fai un certo numero di passi>, avanti o indietro, senza badare al posto da dove parti. Così <due passi indietro, tre passi avanti>, o <tre passi indietro, due passi avanti>, … etc, si presta a una varietà di movimenti, coreografici e divertenti, di singoli o di gruppi, proprio perché l’ordine è indipendente dal posto in cui le persone si trovano (e anche dalle convenzioni (3) adottate da ciascuno, o da ciascun gruppo).

Vale la pena, gradualmente (e secondo l’età) ma con sufficiente fermezza, indirizzare i bambini ad adottare simbolizzazioni efficaci e efficienti di quello che succede / si fa succedere (solo così il gioco si può complicare, può essere padroneggiato bene, può diventare più divertente …). Per esempio: l’ordine di movimento (indipendentemente dal posto) può avere simbolizzazioni del tipo

3a (fai tre passi avanti); mentre l’ordine di posizione (indipendentemente dal percorso) può essere simbolizzato sul tipo di 3i (vai nel posto “3 passi indietro”).

È “evidente” (per noi?), ma costituisce un obiettivo cognitivo cruciale per i bambini, accorgersi che mentre per gli ordini di movimento lo “zero” è inessenziale (insieme alla marcatura numerica dei “posti”), la stessa marcatura dei posti dipende strettamente dalla scelta dello “zero”: <si chiama 3i il posto dove si arriva eseguendo l’ordine 3i a partire dal posto 0>. Etc. E “quindi” (!) accorgersi “al tempo stesso” (!) che la marcatura numerica del posto corrisponde esattamente a definire/vedere la distanza del posto stesso dal posto-riferimento che abbiamo deciso di chiamare “zero”, riferita alla (“misurata” secondo la) “distanza campione” che abbiamo deciso di chiamare uno (un passo). E in questo senso si può ben dire che la nozione stessa di misura è una delle basi semantiche (non una “applicazione”!) su cui si costruisce e articola l’idea stessa di <numero>.

(Acquisizioni “semantiche” di questo tipo possono richiedere anche anni per radicarsi in tutti i bambini, in maniera stabile e padroneggiata, ai livelli di età 5-7 di cui stiamo discutendo - e sempre lavorando con numeri “piccolissimi”: ma è importante rendersi conto che esse vanno a costruire econsolidare un “imprinting” culturale flessibile e “creativamente” potente, su cui si potranno poi sviluppare senza grande sforzo e soprattutto senza blocchi o esclusioni acquisizioni sempre più raffinate e “difficili” … fino al calcolo differenziale e integrale! Del resto, qualcosa di simile avviene già nelle più primitive situazioni di “contare” – cfr appunto specifico).

 

(5) <ordini composti-complessi>

D’ora in poi, per brevità, si scrivono gli “ordini” simbolicamente in neretto: con i bambini … ce ne

vuole perché tutti si abituino a simbolizzazioni stabili e coerenti (anche se molto meno di quello che si potrebbe supporre, trovando simboli adatti).

<Prima vai in zero, e poi fai tre passi avanti>: come si può simbolizzare <cosa succede>? Servono simboli per “comporre” gli ordini facendoli diventare più (e più) “complessi”, e per rappresentarne efficacemente i risultati. Prima o poi bisognerà arrivare ai tre simboli canonici della struttura additiva: + - =. Ma, assolutamente, non prima di aver capito a fondo il gioco che si sta giocando, soprattutto i suoi aspetti “universali” (cioè comuni ad altri giochi): nel frattempo, si possono inventare con i bambini simboli adatti per i significati che si vanno via via scoprendo nel gioco. Qui per semplicità decidiamo di scrivere da sinistra a destra gli ordini consecutivi, e di introdurre i due simboli -> per indicare “si va in” e # per indicare “è come”. Allora chiaramente (!)

0  3a  ->  3a   ,   2i  3a  -> 1a  ,   5a  3i  ->  2a  ,  etc

- “ovviamente” ci sono (infiniti) ordini complessi che sono comunque eseguibili consecutivamente,

ma a cui manca un semplice significato di messa-in-relazione complessiva: a cui cioè manca una

evidente equivalenza con un altro ordine: p.es. 2i  3a  , oppure  2i  3a , …  etc

- “ovviamente” gli ordini possono essere sempre specificati simbolicamente marcando i “posti” con un esplicito riferimento allo zero: per esempio il secondo e terzo ordine della prima riga diventano così (attenzione al cambiamento di significato e di nome del simbolo-legame!)

0  2i  3a  #  0  1a  ,  0  5a  3i  #  0 2a  , etc

- “ovviamente” questa simbolizzazione spiana la strada a stabilizzare l’idea che gli “ordini-passo”

si combinano fra loro (i) indipendentemente dal punto di partenza, (ii) in numero qualunque, (iii) con “proprietà ovvie” che si possono chiamare “commutativa”, “associativa”, “dissociativa” (o con nomi più adatti alla prima comprensione): così si può (scoprire e ) scrivere che “comunque” (!)

2i  3a  #  3a  2i  #  1a  #  5a  8i  4a  #  …  ,  etc

mentre risulta evidente anche a livello simbolico che ordini nel complesso “opposti” si annullano

3i  3a  #  0  ,  dove 0 corrisponde all’ordine <non muoverti> oppure (!) all’assenza di ordine.

 

(6) <Inciampi>

Ci sono, fin dall’inizio, due “pietre di inciampo” di tipo semantico che (come sempre!)

condizionano tutta la comprensione di <cosa sono / a cosa servono i numeri>. E il motivo per farci (fare) attenzione fin dall’inizio è sempre il solito: qui non si discute tanto dell’abilità-competenza “sintattica” di “fare calcoli giusti dietro un ordine”, quanto della necessariamente parallela abilità-competenza “semantica” (cruciale per ogni fare-scienza) di “trascrivere correttamente e in modo autonomo” il significato che si vuole guardare-vedere in una situazione concreta in termini simbolici (p.es. linguistici e numerici, ma non solo!): termini simbolici che permettano di rappresentare correttamente il punto di vista che si è scelto per guardare la situazione, e di elaborarne correttamente le implicazioni e le conseguenze.

(Sembra complicato, ma è molto importante: basta pensare alla lingua, <se mio nonno avesse avuto sei ruote avrebbe potuto fare il robot-esploratore sulla Luna> è una frase sintatticamente perfetta ma semanticamente insensata … etc: è importante “giocare-da-subito” con i bambini (anche) sulla lingua naturale, proprio per avviarli alla necessaria padronanza metacognitiva di quello che, comunque, si trovano a imparare).

Primo inciampo.

Consideriamo l’ordine 2i  3a,  e la constatazione che 2i  3a  #  1a  ,  etc. C’è (a volte addirittura prima) una diversa constatazione sempre possibile (e ben presente ai bambini), che possiamo simbolizzare con  2i  3a  (#) 5p : fare due passi indietro e tre passi avanti  comunque “è come” (implica) fare cinque passi in tutto. Notare che il simbolo (#) ha un significato diverso da #, a cui deve corrispondere una diversa marcatura linguistica e cognitiva: infatti in ambedue i casi <è come> (i) non si può sostituire con <uguale>, e comunque (ii) corrisponde a uno specifico <modo di guardare/valutare> quello che succede, ben diverso nei due casi.

<Ma allora …> 2i  3a  (#) 4a  1i  (#) 5p … e così via: le possibilità di giocare sull’intrinseca ambiguità legata ai modi di guardare la situazione - cioè agli interessi e agli scopi che la caratterizzano, differenti di situazione in situazione - sono praticamente infinite (e … salutari!). (D’altra parte una simbolizzazione all’inizio un po’ più complicata può aiutare a essere più chiari: per esempio invece di  3i  2a  #  1i  si potrebbe scrivere 3pi  2pa  #  1pi , e quindi semplicemente

3pi  2pa  (#) 5p … e così via). Secondo inciampo.

Se, p.es., in corrispondenza del posto 3i c’è un muro, l’ordine  0  5i  3a  non può essere eseguito, mentre può essere eseguito l’ordine  0  3a  5i : solo uno dei due “percorsi”, che comunque se eseguiti raggiungerebbero lo stesso posto 2i , è di fatto possibile. (In realtà ci sono sempre infiniti “percorsi” possibili per andare da un posto a un altro …). Questo allora “significa” che il <gioco dei numeri-posto e dei numeri-passo> si può giocare in qualunque modo purché <i posti avanti e indietro non finiscano mai…>: altrimenti, bisogna <regolarsi> tenendo presenti gli ostacoli (i “vincoli”) posti di volta in volta dalle situazioni concrete.

 

(7) <Il senso del numero>

Il <senso del numero> (contrariamente a quanto spesso si crede) si sviluppa solo se possono essere confrontate fra loro (per variazioni, per analogie, per contrasti) molte situazioni diverse caratterizzate (“vincolate”!) dagli stessi numeri, e molte situazioni simili caratterizzate da numeri diversi. [Reiterare situazioni standard con criteri standard per imparare a “dare i numeri” in modo corretto spesso sbocca nel puro condizionamento, senza comprensione e senza appropriazione perché senza “dialettica” fra le azioni e i loro significati].

Così (e solo per esempio) diventano cruciali movimenti individuali, di coppia, di gruppo … che si svolgono simultaneamente obbedendo agli stessi ordini ma secondo “regole di gioco” diverse (diverse linee di movimento, diverse convenzioni di “avanti”, diverse lunghezze di passo, diversi “zeri”, etc): cruciali non solo dal punto di vista del complessivo (e divertente!) coordinamento cognitivo-percettivo-motorio, ma anche per arrivare a intendere (parole loro!) <cosa ci stanno a fare gli stes si numeri, che sono uguali per tutti, se poi tutti fanno cose diverse – veramente, un po’ diverse e un po’ uguali …>. Un’acquisizione “intuitiva” di questo tipo è quanto di meglio ci si può aspettare per motivare l’approfondimento concettuale – e comunque (di fatto!) “scatena” l’interesse e la “creatività progettuale” nell’inventare condizioni di gioco sempre più complesse, con la soddisfazione di risultati sempre più “belli” e divertenti.

E poi … <ma i numeri servono anche per …>.

 

(8) <Ma allora è come …>

La prima esperienza di interpretare-descrivere-trasformare … il mondo in termine di numeri (numeri-strumento e numeri-oggetto, come diceva qualcuno) avviene di solito attraverso il “contare”: contare, in corrispondenza, gesti (interni ed esterni) e “cose”. In realtà il contare implica anche  “operazioni” già a livello elementare (si “conta” fino a 3 o 4 e con operazioni tipo più due, meno uno, etc, già verso i 6-8 mesi di etaà – ma questa è un’altra storia, affascinante e profonda): l’aspetto più evidente del “contare primitivo” essendo quello di trasferire le “cose” (meglio se uguali, comunque equi-valenti fra loro, inizialmente “non divisibili”) da un “mucchio da contare” a un “mucchio contato”.

Fermiamoci, anche qui, a numeri piccolissimi di “cose”: è ovvio che se prima Prendo tre cose e poi ne due “è come” (dal punto di vista delle azioni combinate) se ne avessi presa una: in simboli ovvii (dopo quanto detto sopra) 3P 2D  #  1P , qualunque sia il numero di cose che ho inizialmente; e così via. Ancora è ovvio che se ho tre cose (avendole ottenute in un modo qualunque) e poi ne due, alla fine ne ho una:  3P 2D  ->  1P , e così via e così via: in analogia, presto rilevata dai bambini, con quello che succede con i passi avanti e indietro. In analogia …

Ma fra i due tipi di gioco ci sono anche delle grosse diversità – semantiche, come al solito.

- Innanzitutto diversità di significato “primario”: nel gioco dei passi si tratta di essere (“trovarsi”) in un certo posto, e di spostarsi in un altro, avanti o indietro; nel gioco delle cose si tratta di avere un certo “patrimonio”, e di aumentarlo o diminuirlo prendendo o dando cose. E le conseguenze non sono affatto banali.

- Da subito, “sembra” evidente che non si possano avere meno di zero cose: così 2P 3D  4P  è un ordine “impossibile”, mentre 2P 4P 3D  ->  3P descrive fatti perfettamente realizzabili. E’ ovvio che qui ci si scontra con il “muro” dell’<insieme vuoto>, che condiziona le operazioni “lecite” nella struttura additiva “canonica” che coinvolge gli interi positivi: lasciando da parte le costruzioni teoriche sull’<essenza> dei numeri che possono essere sviluppate a partire dall’approccio insiemistico, per i bambini diventa facilmente evidente che ci si trova di fronte a qualcosa di analogo a una situazione di “posizioni solo in avanti” nel gioco dei passi, con un muro fisico che si trovi in corrispondenza allo “stato-zero”. Allora? …

Da molti anni, e fin dai cinque anni, si sa che i bambini sono perfettamente “attrezzati” a giocare giochi di “avere” in cui siano contemplati debiti e crediti, purché si giochi con numeri piccoli e con significati (e linguaggi) ben comprensibili. (<Avevo solo una biglia, e l’ho persa subito. Allora me ne sono fatte prestare due, e così ne ho potute vincere tre, e poi ho restituito le due, e adesso ne ho di nuovo una per giocare ancora…>: le “storie” sono essenziali, come le variegate “liste” di debiti e crediti variamente “scrociati” reciprocamente nel tempo …).

Tutto perfettamente uguale nei due giochi, allora? Non si direbbe – “avere” dei debiti è comunque difficile da digerire: e le diversità semantiche, anche sottili, sono molteplici ed emergono giocando. L’importante però resta sempre imparare a “dare ai numeri quel che è dei numeri, e alle cose quel che è delle cose”.

- Ancora per esempio. Alcune diversità sono ancora intrinsecamente legate alla stessa diversità profonda fra “essere” e “avere”. Se due bambini si trovano in due diverse posizioni lungo la linea dei passi, non c’è niente di operativamente semplice che corrisponda al “mettere insieme” le loro posizioni (se mai “andare in una posizione a metà strada”: ma questo è già ad un secondo livello del gioco). Se invece due bambini hanno due quantità di cose (cose-reali o debiti-di-cose che siano) il “metterle insieme” è un’operazione perfettamente lecita, che può terminare con uno o l’altro che “ha” “tutto”, oppure con l’individuazione di ancora un terzo soggetto del gioco … e così via.

- Ancora, e con un ruolo cruciale per tutto lo sviluppo cognitivo in ambito matematico e scientifico. Un ordine del tipo 3i implica uno spostamento da un posto qualsiasi a quello indicato: e di per sé

uno spostamento non lascia tracce nella realtà, se non un po’ di fatica in chi si sposta (ed eventuali impronte eventualmente predisposte). Un ordine del tipo 3P è invece, intrinsecamente, assai più complesso dal punto di vista dei fatti: significa disfarsi di cose se inizialmente se ne hanno più di tre (<e dove le devo mettere?...>), o procacciarsi altre cose se inizialmente se ne hanno di meno (<e da dove le devo prendere?...>). Serve, comunque, un <mucchio di riserva>: non necessariamente “contabile” di per sé, ma capace di assorbire o cedere qualunque quantità che può intervenire nelle “operazioni” sempre e comunque soddisfacendo un rigido vincolo di conservazione.

- Etc (quante cose vengono fuori giocando!...)

 

(9) <Giocare a confrontare giochi>

È possibile e utile arrivare, anche abbastanza presto, a “giocare” contemporaneamente il gioco dei passi e il gioco delle cose, con ordini simultanei (e gradualmente trasformati in <in più>, <in meno> etc): il divertimento e il capire sono garantiti, la confusione iniziale anche … Buon divertimento!

 

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