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Il carciofo

 

 

carciofo in fiore

Il carciofo, la pianta più amata da Venere

 

Luciano Luciani

 

Famiglia delle Compositae, ignoto allo stato selvatico, il carciofo, grossa pianta erbacea perenne, deriva da progressive selezioni del cardo (Cardo cardunculus): la botanica lo conosce come Cynara scolymus.

Si presenta con lunghe foglie lanceolate e pendenti e termina con un ‘capolino’, ovvero un’infiorescenza soda, piena e non ancora aperta, che costituisce la parte commestibile. È formato da un ricettacolo carnoso, tenero e bianco compreso tra brattee di color verde violaceo, giallognole alla base, chiamate comunemente e impropriamente foglie, che in alcune varietà possono terminare con una spina. Ogni anno, alla base del fusto, si formano nuovi polloni detti ‘carducci’ utili alla riproduzione.

Coltivata ai nostri giorni un po’ dappertutto - dall’Italia alla Spagna, dall’Egitto alla California - si porta dietro, sin dalla notte dei tempi, la fama di pianta afrodisiaca. Una nomea dovuta probabilmente al suo aspetto fallico e diffusa già nel Medioevo, quando il carciofo, conosciuto ancora col nome di cardo, era vietato alle giovinette, “inducendo il suo succo alle tentazioni del demonio”. Idea che giunge sino all’età rinascimentale se è vero che Pier Andrea Mattioli (Siena, 1501 - Trento, 1578) umanista, naturalista e medico dei potenti del tempo nei suoi Discorsi afferma che “la polpa dei carciofi cotti nel brodo di carne si mangia con pepe nella fine delle mense e con galanga per aumentare i venerei appetiti”. Anche un altro botanico contemporaneo, a sua volta un’autorità in materia di cibo e buona salute, Costanzo Felici da Piobbico (Casteldurante, 1525 - Pesaro, 1585), concorda attestando che i carciofi: “servono alla gola e volentieri a quelli che si dilettano de servire madonna Venere”. Una convinzione ribadita anche da Bartolomeo Boldo, professore di medicina ed erudito, che nel suo Libro della Natura et Virtù delle cose che nutriscono, 1576, conferma che “Il carciofo ha la virtù di provocare Venere sia nella donna che nell’uomo: la donna la rende più desiderabile, mentre dà una mano all’uomo un po’ ‘pigro’ in queste cose…”.

Le donne, beate loro, invece “non sono giammai minacciate da simile sventura, perché tutti i mesi, tutte le stagioni, tutti i tempi sono loro propizi”. A sostenerlo è un maestro assoluto in materia: Pietro di Bourdeille, abate e signore di Brantome che con le sue ‘dame galanti’, o meglio Vie des dames galantes, 1584, inaugurò quel genere letterario tra il mondano e lo scandaloso che tanto successo avrebbe avuto nei secoli successivi e fino ai nostri giorni. La superiorità delle donne dipende dal fatto che le donne sanno nutrirsi in maniera tale da sostenere sempre e comunque il desiderio: “…se pur vi sono alcuni frutti che possono recare refrigerio, altri ve ne sono che riscaldano terribilmente, ed è a questi cui le dame ricorrono più sovente, come gli asparagi, i carciofi, i tartufi… E da quanto ho udito dire, alcune dame fan gran consumo di pasticci composti con le minutaglie dei galletti e cuori di carciofi e tartufi e altre simili leccornie”. Una convinzione questa condivisa anche dal dottor La Framboisière, medico personale di Luigi XIII di Francia (1601-1643), per il quale “I carciofi scaldano il sangue e spronano in modo naturale al gioco amoroso di Venere…”

Ancora oggi, usato metaforicamente e in senso burlesco, il carciofo – così come il cardo – può indicare il membro virile, oppure l’ano se ci riferiamo al suo cuore nascosto.