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Dente per dente

 

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Dente per dente

Spunti per una storia critica dell’igiene orale occidentale

 

Luciano Luciani

 

Filologo insigne, dotto umanista, figura centrale della cultura europea del suo tempo e quindi anche maestro di buon gusto e buone maniere, Erasmo da Rotterdam (1466-1536) non poteva certo trascurare un aspetto della vita quotidiana socialmente importante come la cura dei denti e dell’alito: “Le particelle di cibo dovrebbero essere rimosse dai denti non con un coltello o con le unghie, come fanno i cani e i gatti, e neppure con un tovagliolo; piuttosto con uno stuzzicadenti di legno o una piuma, oppure piccole ossa prese da una coscia di pollo o dalle galline”. Insomma, purché sottile e insieme resistente ed elastico, tutto può tornare utile per rimuovere con qualche delicatezza i residui di cibo dalla chiostra dei denti.

Da sempre, fin dalla notte dei tempi, tutte le culture hanno individuato nello stuzzicadenti lo strumento più funzionale per prevenire i disturbi gengivali e contrastare l’alitosi. Raccontano che nel 1539, in occasione della visita del duca Filippo di Baviera alla corte inglese di Enrico VIII, con lo scopo, neppure tanto recondito, di sposarne la figlia Maria, una dama di corte inglese, Lady Lisle, dopo aver notato che Filippo di Baviera usava un pericoloso spillone come stuzzicadenti, regalasse al nobile tedesco uno stuzzicadenti meno invasivo e “personalizzato”: il suo! Quello che lei usava per la propria igiene orale da più di sette anni.

Meno funzionali alla bisogna di tenere netti e tersi i denti, invece, i pannicelli di cui pure si faceva allora largo utilizzo: per strofinare e pulire la regale dentatura, la regina inglese Elisabetta I (1533-1603) ne possedeva quattro, di ruvido tessuto olandese illeggiadriti di seta e merletti. Dono modesto e di dubbia efficacia, glieli aveva regalati la signora Twist, lavandaia di corte, e la sovrana, comunque, ne alternava l’uso a quello degli stuzzicadenti, ovviamente d’oro.

Un bel problema, quello della salute dei denti per i nostri avi! Oltre a conoscere sulla propria pelle e sul proprio corpo la diffusione e l’incidenza di altre gravissime patologie, erano anche costretti ai disagi e alle sofferenze di bocche mal curate e dolenti. Non restava, allora, che fare ricorso ai poteri soprannaturali: per esempio, raccomandarsi a sant’Apollonia di Alessandria, martire cristiana del III secolo, che ebbe i denti strappati con le tenaglie dai suoi aguzzini pagani. Da allora protegge, oltre ai sofferenti di mal di denti, anche dentisti, odontotecnici e igienisti dentali.

Solo qualche secolo - e qualche milione di carie - più tardi incontriamo il primo spazzolino da denti dell’età moderna: alla metà del XIX secolo, infatti, negli Stati Uniti fa la sua comparsa il “Miracoloso Spazzolino a ciuffi del dott. West”. Al suo impiego, nel 1872, l’industriale e filantropo Samuel B. Colgate (1822-1879) aggiunse la prima pasta dentifricia del mondo moderno che prese il nome dal suo inventore ed era composta di sali minerali ed essenze rinfrescanti. Ma la diffusione dello spazzolino da denti anche tra le classi meno abbienti si deve a Booker T. Washington (1856-1915), il più importante cittadino nero statunitense del XIX secolo, fondatore del Tuskegee Institute in Alabama rivolto all’educazione degli americani di origine africana. Un’istituzione basata sull’idea dell’igiene assoluta del corpo e sul “vangelo dello spazzolino da denti”, l’una e l’altro destinati a garantire ai loro praticanti “un livello più elevato di civiltà”: Washington, infatti, credeva fermamente che quando un allievo del suo collegio si abituava a sostituire uno spazzolino consumato con un altro e poi un altro ancora... ebbene, i suoi educatori non sarebbero mai rimasti delusi dall’avvenire di quello studente così zelante verso la propria igiene orale.