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Storie

Storie

di Marco Piccolino

 

Storie è un titolo forse un po’ generico per una rubrica all’interno della pagina dedicata alla storia della scienza, ma permette a chi scrive di parlare di cose che non si inseriscono facilmente negli schemi un po’ convenzionali di classificazione delle cose che si scrivono o si raccontano. Io, che ho la fortuna di collaborare con NATURALMENTE già da  qualche anno, approfitto della grande libertà di scrivere che questa rivista un po’ fuori dagli schemi mi offre per presentarvi una storia che ha preso lo spunto da una ricerca su uno strano pesce elettrico d’Africa. La storia si è poi arricchita poi via via, man mano che cercavo di andare in fondo alle notizie su questo pesce, e, in particolare, alle circostanze in cui all’inizio del Seicento i letterati europei vennero a sapere della sua esistenza.

Vi racconterò storie composte di varie storie, che si intersecano l’una nell’altra in modo un po’ complesso. Queste storie cercherò di raccontarvele, come in un famoso lungo racconto di Potocki, perdendo un po’ il filo, per poi tentare con voi di ritrovarlo. Parlano delle cose più disparate, per esempio di un Gesuita spagnolo, Pedro Paez, che nel tentativo di giungere in Etiopia tra il Cinquecento e il Seicento, nonostante i severi controlli dei sultanati turchi, si traveste da mercante armeno e arriva a imbarcarsi come cuoco sulla nave di un trafficante musulmano. Oltre che di storie si parla di leggende, e tra queste di quella del misterioso Prete Gianni che nel Medioevo invia lettere ai sovrani d’Europa; e poi nel corso dei secoli migra col suo sterminato impero di settantadue regni dall’India all’Etiopia, cercato a lungo invano da papi e re che gli inviano, senza successo, ambascerie. Parlano anche di Salomone e della Regina di Saba, queste leggende, di Tommaso Apostolo delle Indie, e dei Re Magi, di Alessandro Magno e del Paradiso, e dei cinocefali e di palazzi incantati.

 

La ricerca storica può a volte essere come l’Orlando Furioso in cui - Calvino ce lo ricorda - i personaggi si inseguono l’un l’altro senza trovarsi e trovando a volte quel che  non cercavano (o che non sapevano di cercare). Può esserlo anche se il cammino dello storico non si snoda tra gli spazi magici e dilatati di un poema ma negli ambienti spesso polverosi e, almeno in apparenza, ristretti di una biblioteca.

 

Quello che è capitato a me, seguendo la pista di questo misterioso pesce d’Africa (che ora designiamo  col termine di Malapterurus electricus ma che venne indicato, nella prima menzione moderna, come  peixe tremedor  o Thinta) è così singolare che vorrei approfittare di NATURALMENTE per condividere con chi legge il fascino (e anche un po’ l’ossessione)  che mi ha accompagnato nel mio percorso di ricerca.

 

Ho forse detto troppo per una breve Introduzione.

 

 

 

 

Per darvi il gusto un po’ variato delle cose che vi racconterò, se non vi stancherete troppo presto di starmi  a sentire, vi trascrivo qui sotto due dei testi che incontreremo nel nostro percorso.

Per iniziare, la riproduzione del passo di Ethiopia oriental e varia historia de cousas notaveis do Oriente  di Dos Santos nel quale per la prima volta si parla di questo strano pesce in un libro a stampa.  Non vi traduco il testo, con l’idea,  magari, di stimolarvi a imparare il Portoghese, come ho fatto io nel corso della mia ricerca. Vi aiuto solo un pochino dicendovi che Cafres (Cafri) sta per gli indigeni d’Africa, che “tomar” vuol dire “prendere”, “largar” “lasciare  andare”, "ficar"  "rimanere" restare, “torrada e moida” “, vuol dire “tostata e macinata”, che "couado" è  "braccio" (come unità di misura cioè "cubito");  che “cação”  è il  pesce che noi indichiamo come  “palombo”, che, "preta” vuol dire “nera”; e che infine, la lettera che sembra una effe si legge s.

 

Poi la storia di quel che avvenne tra Salomone e la Regina del Sud (Maqueba, o Bilquis, la  Regina di Saba insomma), tradotta per la prima volta dall’antica lingua letteraria e liturgica dell’Etiopia, proprio da Pietro Paez, lo straordinario gesuita che fu missionario in Etiopia dal 1603 al 1622, anno della sua morte. Il passo è tratto dal Kebra Nagast (Gloria dei Re), uno dei libri sacri della Chiesa d’Etiopia. Fu scritto per giustificare l’apocrifa pretesa di discendere da Salomone della stirpe degli imperatori d’Etiopia che si autoproclamava “salomonica”.

Qui faccio io lo sforzo di traduzione dal Portoghese all’Italiano. Per non trascrivere un brano troppo lungo, riassumo il testo che precede. La Regina di Saba, venuta a conoscenza attraverso un mercante del suo regno, Tamarin, della grande saggezza di Salomone (allora in procinto di costruire il Tempio di Gerusalemme), si reca con una lunga carovana di preziosi doni dal Re d’Israele  e trascorre un lungo periodo alla sua corte, apprendendo da lui la saggezza, il modo di governare e la vera religione.

Sebbene saggio, Salomone era però molto sensibile al fascino femminile e fu infine attratto dalla bellezza della giovane Regina. Fors’anche per ispirazione divina (così vorrebbe indurci a credere l’autore del Kegra Nagast) il Re concepì un piano astuto per vincere le resistenza della Regina, e la invitò nel suo palazzo proprio quando questa si apprestava a far ritorno nel suo regno. Per completare la sua educazione di regina accorta avrebbe dovuto, disse Salomone, assistere, non vista, al banchetto di corte e constatare di persona  come Salomone trattava i grandi del suo regno. Durante il banchetto, mentre la Regina osserva, da un luogo celato alla vista, la sala del banchetto, Salomone le fa portare dei cibi molto speziati. Al termine  della cena Salomone la invita a passare la notte nel palazzo reale. La giovane Regina, che comincia a intravedere gli effetti delle sue grazie sul poco saggio Re, accetta, a patto che Salomone le giuri di non usare verso di lei alcuna violenza.

La storia continua così (nella traduzione di Paez, che omette, forse ad arte, qualche passo un po’ osé).

 

Salomone disse che avrebbe giurato, ma che anch’ella avrebbe dovuto giurare di non portar via nulla dal suo palazzo. Rispose la Regina ridendo: “Com’è possibile che voi,  che siete tanto saggio, parliate così? Pensate davvero che io potrei rubare dalla casa del Re quello che il Re stesso non mi desse di sua volontà? Non dovete immaginarvi che io sia venuta qui in cerca di ricchezze, perché, con vostra grazia, anche il mio regno è ricco e non manca di nessuna delle cose che io desidero. Non venni qui con null’altro intento che per cercare la vostra saggezza.

Giurarono entrambi e il Re si mise a riposare su un letto proprio di fronte a quello della Regina e ordinò a un servitore che prendesse dell’acqua e la versasse in una caraffa in modo che la Regina potesse vederla, e che uscisse poi serrando le porte.

Quando  la Regina ebbe dormito il primo sonno, si svegliò con una grande sete e desiderò molto bere l’acqua che aveva visto versare dinanzi a lei; e sembrandogli che Salomone dormisse, si alzò e con molta accortezza prese l’acqua. Ma Salomone, che con malizia era sveglio, la prese per mano e le disse: perché rompi il giuramento? Rispose ella con timore: Forse che bere dell’acqua sarà considerato rompere il giuramento?  Disse il Re: Vedeste mai sotto il cielo cosa più preziosa dell’acqua? Lei rispose: Peccai sopra il mio capo; voi invece  avete mantenuto il vostro giuramento. Allora il Re la prese con sé; mentre dormiva, gli apparve in sogno un sole molto luminoso, che discendeva dal cielo e che, dopo aver illuminato Israele, si diresse subito verso la terra d’Etiopia illuminandola  molto e in modo duraturo. Si svegliò Salomone spaventato da questa vista e alzandosi raccontò alla Regina quello che gli era apparso in sogno. La Regina gli chiese con grande insistenza di lasciarla ritornare alla sua terra; Ed egli, entrando nella stanza del suo tesoro, le  dette molte ricchezze e vestiti preziosi, caricando molti animali e settemila carri. Quindi trasse un anello dal suo dito e lo porse a lei dicendo: Mi invierai questo come  segno, se Dio vorrà darmi  qualche  frutto […]

La Regina si mise in cammino con tutti questi onori e apparati, e giunse nella sua terra di Bala Disana, e dopo nove mesi e cinque giorni da quando si era dipartita da Salomone diede alla luce un figlio che fece allevare con molti onori…

 


 

La prima rappresentazione scientifica del Malapterurus electricus (da Broussonet 1782)




 

Una immagine ottocentesca del Malapterurus electricus.