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I piaceri della carne

 

 

bistecche alla brace

I piaceri della carne

di Luciano Luciani

 

 

Alla griglia o alla fiorentina, alla tartara o come carpaccio, allo spiedo o in salsa, stufata, brasata, stracotta, ai ferri o con gin e peperoncino, la carne di manzo continua a mantenere il primato nel numero dei modi di preparazione. Circa centocinquanta e - per limitarsi solo ai principali – secondo Vincenzo Buonassisi, gastronomo e giornalista: una bella testimonianza di fantasia italica e delle straordinarie possibilità di manipolazione delle carni bovine… Peccato, però, che da cinquant'anni a questa parte i cittadini del Bel Paese, liberatisi finalmente dall’assillo della fame, abbiano assunto abitudini alimentari costose e distorte, consumando prevalentemente bistecche e filetto, dimenticando altri tagli di carne almeno altrettanto gustosi e nutrienti. 

Status symbol e risarcimento dopo secoli di fame, ma forse anche esigenza di una cucina veloce legata ai ritmi affannosi della vita quotidiana, il ricorso eccessivo ai soli filetto e bistecca rischia di depauperare un patrimonio gastronomico elaborato nel corso di generazioni e caratterizzato dall’ottenere il massimo – di piacere, di sazietà, di apporti energetici – con il minimo.

Un tempo poveri, gli italiani a tavola anche per le carni bovine sapevano esercitare fantasia e creatività; oggi, divenuti cittadini della società affluente, mortificano il proprio gusto con una cucina veloce fino alla sciatteria, con una impazienza che non si coniuga mai con la gioia del palato.

Certo, la fatica e l’intelligenza degli allevatori meriterebbero una maggiore attenzione e una minore pigrizia nel valorizzare non solo le ottime polpe che provengono dai lombi, dalle natiche, dalle cosce dei bovini, ma anche le parti di cosiddetta seconda (spalla e costole) e terza categoria (collo, testa, addome, parte inferiore degli arti), forse addirittura più appetitose, ad alto contenuto energetico, igienicamente garantite e assolutamente digeribili.

Sì, digeribili. Infatti, la carne bovina risulta leggera e assimilabile, composta per i 2/3 d’acqua, ricca di sodio, di calcio, di magnesio, di ferro, di potassio, di fosforo e solo per l’1,5% di grassi, proponendosi quindi come cibo adatto a tutti, senza particolari controindicazioni.

All’origine di questo alimento, tanta parte della dieta dell’uomo moderno, stanno animali che si collocano tra storia e leggenda: il mitico uro, originario della Lituania di cui parla anche Cesare nel suo De bello gallico; il bisonte o bue muschiato dell’America settentrionale (quello reso famoso dai film western, sterminato da Buffalo Bill o da tipacci pari suo e adorato come una divinità dai pellerossa o dai bianchi dalla parte degli indiani tipo “Balla coi lupi”) una volta diffuso dal Canada alla Louisiana, oggi protetto nelle riserve; lo yak o bue grugnente della Mongolia; lo zebù dell’India e dell’Africa; il bufalo che viveva tanto nelle pianure ungheresi quanto nella Maremma e nelle Paludi pontine, poco docile e pericoloso allo stato brado, sobrio ed utile come animale da soma e da sella una volta addomesticato; e poi il bos taurus o bue domestico, il “pio bove” carducciano, a pelo nero, rosso, fromentino più o meno carico o pezzato di bianco, nero o rosso. 

Oggi, i bovini sono specializzati secondo il fine che gli allevatori vogliono ottenere: così importanti per i consumi sono la razza di collina del Pinerolese e dell’Astigiano, i bovini modenesi, i reggini, i chianini, i maremmani, i romani dalle lunghe corna, ecc. che collocano il nostro Paese ai primi posti per l’allevamento insieme alla Gran Bretagna, al Messico, all’Australia, alla Francia, alla Germania, agli Stati Uniti. Proprio da questi Paesi continuiamo a importare tagli pregiati con grande sofferenza della nostra bilancia dei pagamenti.

Possibile che solo quello che costa di più sia considerato buono ed appetibile?

Eppure la memoria e l’esperienza personali rimandano a favolosi stracotti, a brasati deliziosi, a stufati squisiti ottenuti proprio con parti di carni considerate meno nobili. Certo, allora pentole e tegami borbottavano sul fuoco per ore, per giorni inondando l’aria di caldi afrori di cibo che facevano “tanto casa”, mentre gli odori, i sapori, i colori delle carni ben cucinate e sapientemente presentate univano tutta la famiglia intorno alla tavola nel comune piacere di un piatto che “solo mamma sapeva fare”. 

Laudatio temporis acti? Forse. Sempre meno consumatori di carne bovina - nel 2014 la riduzione è stata di circa il 4% - e sempre più dipendenti dalle importazioni dall'estero, proviamo a diversificare. Non limitiamoci ai soliti tagli, sperimentiamone diversi, lasciamoci tentare da sapidità e sensazioni nuove. Certo, vanno recuperate in proposito antiche abilità, lontane competenze, pazienza e passione. Altrimenti ci meriteremo tutti i fast food che già ci capitano. E la nostra vita sarà, allora, un po’ più monotona e un po’ meno saporita.