Un po' di storia

De rerum Natura

Tito Lucrezio Caro

Nulla nasce dal nulla

  libro 1, v. 146 Hunc igitur terrorem animi tenebrasque necessest 

 non radii solis neque lucida tela diei discutiant, sed

naturae species ratioque. Principium cuius hinc nobis

 exordia sumet, nullam rem e nihilo gigni divinitus

 umquam. Quippe ita formido mortalis continet omnis,

 quod multa in terris fieri caeloque tuentur, quorum

 operum causas nulla ratione videre possunt ac fieri divino

 numine rentur. Quas ob res ubi viderimus nil posse creari

 de nihilo, tum quod sequimur iam rectius inde

 perspiciemus, et unde queat res quaeque creari et quo

 quaeque modo fiant opera sine divom.

Nam si de nihilo fierent, ex omnibus rebus

omne genus nasci posset, nil semine egeret.

E mare primum homines, e terra posset oriri

squamigerum genus et volucres erumpere caelo;

armenta atque aliae pecudes, genus omne ferarum,

 incerto parto culta ac deserta tenerent.

Nec fructus idem arboribus constare solerent,

sed mutarentur, ferre omnes onia possent.  166

 

Questo terrore dell'animo, dunque, e queste tenebre devono dissiparle non i raggi del sole né i fulgidi dardi del giorno, ma la contemplazione e la scienza della natura. Il cui principio, per noi, di qui prenderà l'avvio: nessuna cosa mai nasce dal nulla  per atto divino. Certo la paura tiene schiavi così tutti gli uomini, perché molti fenomeni vedono svolgersi sulla terra e nel cielo dei quali in nessun modo possono discernere le cause, onde li credono avvenire per cenno divino. Perciò quando avremo accertato che nulla può crearsi dal nulla, dopo questo ormai scorgeremo più sicuramente quello che cerchiamo, donde possa formarsi ogni cosa e come tutto si compia senza l'intervento dei numi.

Se dal nulla si compisse la creazione, da tutte le cose potrebbe nascere ogni specie: niente avrebbe bisogno di seme. Prima di tutto dal mare potrebbero scaturire gli uomini, dalla terra la razza squamosa, e gli alati erompere dal cielo; gli armenti e le altre greggi e ogni sorta di animali selvaggi partoriti a caso ingombrerebbero campagne e deserti. Né sugli alberi i frutti resterebbero sempre i medesimi, ma si muterebbero,  e tutte le piante potrebbero tutto produrre. 

trad. A. Fellin